la mini riforma

Intercettazioni e diritto alla riservatezza: cosa cambia con la legge Nordio



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La Camera ha approvato il DDL 1718, che abroga il reato di abuso d’ufficio, rimodula il traffico d’influenze e limita l’uso e la pubblicazione delle intercettazioni. Rafforzata la segretezza delle comunicazioni tra imputato e difensore, con divieti specifici e sanzioni per violazioni. Divieto di pubblicazione esteso per garantire riservatezza

Pubblicato il 18 lug 2024

Marco Cartisano

Studio Polimeni.legal



giustzia

Nella seduta del 10 luglio scorso, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il DDL 1718 avente come oggetto, fra gli altri, l’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio, la rimodulazione di quello di traffico d’influenze, ed una sostanziale limitazione in tema di utilizzo e pubblicazione delle intercettazioni.

La “mini riforma” accoglie le numerose istanze sia degli amministratori pubblici che lamentavano una eccessiva ingerenza della magistratura nelle scelte discrezionali della PA, nonché dell’avvocatura al fine di assicurare maggiori garanzie alle persone sottoposte a procedimento penale.

Dal canto suo, la Magistratura ritiene che l’abuso d’ufficio fosse un reato spia che ha consentito negli anni, di scoprire condotte ben più gravi.

In ogni caso, il dato normativo attuale impone un’analisi che si concentrerà sulla rimodulazione delle intercettazioni e sui divieti di pubblicazione.

Rafforzato il principio della segretezza delle conversazioni fra cliente ed avvocato

L’art. 2 della legge attua tutta una serie di modifiche del codice di procedura penale riguardanti il contenuto delle intercettazioni, la loro utilizzabilità e la disciplina della pubblicazione per pubblico interesse, con particolare riguardo ai diritti di riservatezza del terzo estraneo.

I nuovi divieti

Andando con ordine, art. 2 novella l’art. 103 c.p.p. (Garanzie di libertà del difensore) inserendo dopo il comma 6 ulteriori divieti, ossia:

« 6-bis. È parimenti vietata l’acquisizione di ogni forma di comunicazione, anche diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l’imputato e il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.

6-ter. L’autorità giudiziaria o gli organi ausiliari delegati interrompono immediatamente le operazioni di intercettazione quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientra tra quelle vietate »

La norma parla di «ogni forma di comunicazione» che, ovviamente, comprende quella telematica ovvero le e-mail, la messaggistica istantanea, le video call e così via.

Le garanzie di libertà fra difensore e assistito

Va detto che il legislatore attua le garanzie di libertà fra difensore ed assistito comminando sia una sanzione di inutilizzabilità -col divieto di acquisizione della prova formata in violazione di legge- sia, in chiave preventiva, obbligando l’AG (o la PG) ad interrompere immediatamente l’intercettazione quando rileva che stia riguardando una conversazione “difensiva”.

La legge, tuttavia, consente l’acquisizione delle comunicazioni qualora si tratti di “corpo del reato” anche se, ad avviso dello scrivente, non sempre i limiti fra prova e corpo del reato sono tangibili.

Oltretutto, la legge parla di chiaramente di «imputato e suo difensore» lasciando pieno spazio, invero, all’intercettazione fra avvocato ed assistito nella fase delle indagini preliminari; contrariamente, il legislatore avrebbe dovuto utilizzare il termine “indagato” o il più generico “assistito”: evidentemente non si è voluto introdurre un divieto assoluto al fine di non limitare l’attività di accertamento durante le indagini preliminari durante le quali, tuttavia «i contatti con il difensore sono di particolare importanza, in vista di eventuali interrogatori di garanzia, dell’adozione di misure cautelari, del compimento di atti a sorpresa, come perquisizioni e sequestri. » (2)

La tutela della persona sottoposto a procedimento penale e del terzo

Un ulteriore limitazione introdotta dalla legge riguarda il divieto di pubblicazione degli atti del processo, difatti il nuovo art. 114 comma 2 bis è così riformulato:

«2-bis. È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni se non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento ».

Anzitutto, il divieto di pubblicazione opera sia nei confronti della stampa che dei privati e, stante le limitazioni codificate, potrebbero prospettarsi due ipotesi consentite, qualora le intercettazioni si rinvengano:

  • Nella motivazione di un provvedimento, che sia ordinanza di custodia cautelare o sentenza del TDL ecc. a tutela dei diritti dell’indagato durante la fase delle indagini preliminari;
  • Nella motivazione della sentenza di merito qualora l’intercettazione sia stata utilizzata durante il dibattimento;

Fra l’altro, all’articolo 116, comma 1 c.p.p., è aggiunto il seguente capoverso: «Non può comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell’articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che la richiesta sia motivata dall’esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato »: anche qui si pone un limite alla richiesta di copia delle intercettazioni la cui pubblicazione è vietata, che può essere concessa solo alle parti o ai loro difensori per esigenze di difesa in un altro procedimento che va tassativamente indicato.

Sempre in tema di tutela della riservatezza, sono modificati gli art. 268 c.p.p. (Esecuzione delle operazioni di intercettazioni) e 291 c.p.p. (Procedimento applicativo delle misure cautelari) con l’obbligo di cassare dai verbalile espressioni che riguardano dati personali sensibili relativi a soggetti diversi dalle parti e di eliminale dalla richiesta di misura cautelare, salvo che sia necessario riportarle per meglio specificarne le ragioni.

Per dovere di informazione, la riforma ha anche toccato il delicatissimo punto dell’applicazione delle misure cautelari personali, adesso subordinata ad un interrogatorio di garanzia “preventivo” purché il PM non rappresenti il pericolo di inquinamento delle prove, di fuga o, per gravi delitti, il pericolo di reiterazione del reato: in questo caso si chiederà Giudice un impegno motivazionale maggiore, soprattutto se riterrà di applicare misure cautelari privative della libertà personale ma che saranno, in ogni caso, decise dal Tribunale in composizione collegiale.

Conclusioni

La legge testé citata, si innesta in un percorso di tutela della riservatezza e della reputazione della persona coinvolta in un procedimento penale, con il divieto assoluto di pubblicare notizie e/o informazioni che, lungi dal rappresentare un interesse pubblico, spesso e volentieri tendono a soddisfare un’esigenza sensazionalistica (cd. click bating) con una lesione irreparabile della dignità e della reputazione della persona.

La ratio è quella di prevenire la fuoriuscita di informazioni che, se rese pubbliche, non possono essere più controllate o per le quali appare impossibile garantire il diritto all’oblio; la strada appare quella corretta, pur dovendosi riconoscere l’oggettiva difficoltà di garantire l’equilibrio fra diritto/dovere di cronaca e la dignità della persona.

Fonti

  1. https://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?sezione=lavori&tipoDoc=testo_pdl&idlegislatura=19&codice=leg.19.pdl.camera.1718.19PDL0074951;
  2. Sara Occhipinti, Divieto di intercettazioni tra avvocato e imputato da rafforzare, https://www.altalex.com/documents/news/2024/02/13/divieto-intercettazioni-avvocato-imputato-rafforzare.

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