Il rapporto USA

La Russia cambia la strategia di disinformazione politica negli Usa

La National Intelligence Council americana svela in un rapporto come la Russia ha cercato di influenzare le elezioni, a favore di Trump. L’Iran invece ha cercato di fare l’opposto. Ci sono grosse differenze rispetto ai tentativi del 2016

Pubblicato il 23 Mar 2021

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab - Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference

russia muro - cyberbalcanizzazione della Russia

Un rapporto del National Intelligence Council degli Stati Uniti dello scorso 10 marzo svela alcuni retroscena in merito alle elezioni presidenziali del 2020 e tentativi di influenza da parte della Russia tramite media digitali e tradizionali. Il Cremlino non sembra nuovo a questo tipo di attività, dato che già nel più “lontano” 2016 aveva provato a supportare l’allora candidato Donald Trump.

Il rapporto dell’intelligence americana

Di fatto il rapporto è conferma del tentativo da parte della Russia di manomettere le elezioni presidenziali del 2020 vinte da Joe Biden.

A quanto si legge, “President Putin and the Russian state authorized and conducted influence operations against the 2020 US presidential election aimed at denigrating President Biden and the Democratic Party, supporting former President Trump, undermining public confidence in the electoral process, and exacerbating sociopolitical divisions in the US”.

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Come ha agito Putin

Pare che il presidente Putin abbia agito insieme ad altri alti funzionari russi e a personaggi vicini al presidente uscente Donald Trump, tra cui il suo ex legale Rudolph W. Giuliani, che ha avuto diversi incontri con un agente russo, entrati nel mirino dell’intelligence americana.

Il parlamentare ucraino Andriy Derkach, sanzionato dall’intelligence americana come agente russo “attivo”, ha portato avanti una campagna di disinformazione contro Biden incentrata sulla presunta corruzione tra il presidente entrante e l’Ucraina, con la mediazione, appunto, di Giuliani. Gli incontri si sono svolti in Ucraina e negli Stati Uniti nel 2019 e nel 2020 e Giuliani ha tentato di filtrare materiale compromettente per danneggiare Biden.

Uno degli elementi chiave della strategia di Mosca è stato, quindi, sfruttare persone legate all’intelligence russa per diffondere accuse infondate contro il presidente Biden attraverso media, funzionari e personalità di spicco americani, alcuni dei quali, come già anticipato, molto vicini al president Donald Trump e alla sua amministrazione. Continua, infatti, il rapport, dicendo che “A key element of Moscow’s strategy this election cycle was its use of people linked to Russian intelligence to launder influence narratives-including misleading or unsubstantiated allegations against President Biden-through US media organizations, US officials, and prominent US individuals, some of whom were close to former President Trump and his administration”.

Nel rapporto, poi, si esplicita che a differenza di quanto accaduto nel 2016, non si ha evidenza di attività cyber russe per accedere alle infrastrutture impiegate nelle elezioni, ma sono stati messi in campo personaggi di stato russo per agire a favore degli interessi del Cremlino per colpire l’opinione pubblica americana: “Unlike in 2016, we did not see persistent Russian cyber efforts to gain access to election infrastructure. We have high confidence in these judgements because a range of Russian state and proxy actors who all serve the Kremlin’s interests worked to affect US public perceptions.”.

 

Il confronto con il 2016

Elezioni americane e Russia: la storia si ripete. L’intelligence americana aveva già parlato di influenza da parte di Putin nelle elezioni americane, quella volta, come anticipato pocanzi, si trattava di attacchi hacker durante la campagna elettorale per le presidenziali e dell’interferenza russa nel voto.

“Il presidente russo, Vladimir Putin, e il governo russo hanno “mirato a sostenere le possibilità” di essere eletto presidente degli Stati Uniti del repubblicano Donald Trump, “quando possibile screditando” la sfidante democratica Hillary Clinton e “contrastando pubblicamente lei a favore di lui”.

La versione declassificata del rapporto delle agenzie d’intelligence statunitensi, diffuso dai media americani nel 2016, sottolineava che c’erano stati attacchi hacker durante la campagna elettorale per le presidenziali e una certa interferenza russa nel voto.

Si leggeva nel rapporto di cinque anni fa: “L’approccio di Mosca si è evoluto nel corso della campagna sulla base della comprensione della Russia delle prospettive elettorali dei due candidati principali […] Quando a Mosca è parso che la segretaria Clinton avrebbe probabilmente vinto le elezioni, la campagna d’influenza russa ha iniziato a concentrarsi di più sul minarne le futura presidenza”.

Dalla Camera degli Stati Uniti, Paul Ryan aveva commentato così: “La Russia ha una comprovata esperienza nel lavorare contro i nostri interessi, e chiaramente loro hanno tentato di immischiarsi nel nostro sistema politico. Condanno con forza qualsiasi interferenza esterna nelle nostre elezioni, che dobbiamo impedire prosegua. Dobbiamo anche essere chiari sul fatto che non c’è prova che ci sia stata qualche interferenza nel processo di votazione”.

La risposta della Russia

Ovviamente dall’amministrazione Putin sono arrivate solo che smentite, evidenziando che dalla Russia non ci sono state interferenze negli affari interni degli Stati Uniti né nel 2020 né nel 2016, così come l’agente Derkach ha negato di essere un agente straniero. Dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov l’accusa verso il rapporto, definito “assolutamente infondato e senza prove”.

Non possiamo, però, non menzionare il rapporto già in essere di Biden con l’Ucraina, ai tempi dell’amministrazione Obama e per aver sostenuto l’azione anti-Putin in Russia.

“Secondo il report Mosca vede l’ingerenza nelle elezioni statunitensi come una risposta necessaria per contenere la posizione globale degli Stati Uniti e influenzare il processo decisionale degli Stati Uniti”.

L’Iran contro Trump

Dal rapporto declassificato dell’NIC, emerge che non solo la Russia, anche l’Iran e altri paesi hanno cercato di influenzare le elezioni americane.

Per quanto riguarda l’Iran, si parla, infatti, di una campagna denigratoria nei confronti di Trump per invalidare la sua rielezione: “Tehran’s efforts were aimed at denigrating former President Trump, not actively promoting his rivals”. La campagna disinformativa dell’Iran ha messo in campo hacker iraniani per inviare agli elettori democratici “e-mail contraffatte che presumevano di provenire dal gruppo di estrema destra Proud Boys, chiedendo che cambiassero la loro affiliazione al partito e votassero per rieleggere Trump. Gli hacker inoltre hanno anche prodotto un video con l’intenzione di mostrare la presunta frode degli elettori.”

La Cina

In merito alla Cina, ha considerato di farlo, ma ha voluto evitare che le azioni le si ritorcessero contro. I funzionari dell’intelligence americana affermano che “Beijing probably believed that its traditional influence tools, primarily targeted economic measures and lobbying key individuals and interest groups, would be sufficient to achieve its goal of shaping US policy regardless of who won the election”, ossia ha ritenuto che i suoi strumenti di influenza tradizionali, in particolare le misure economiche targettizzate e gli individui chiave e i gruppi di interesse delle attività di lobby, sarebbero stati sufficienti per raggiungere il suo scopo di “direzionare” la politica americana, indipendentemente dal vincitore delle elezioni.

La sfida futura

Dagli USA, in un comunicato, non ha tardato ad arrivare il commento dell’intelligence americana Avril D. Haines:”L’influenza maligna straniera è una sfida duratura che il nostro Paese deve affrontare. Questi sforzi degli avversari statunitensi cercano di esacerbare le divisioni e minare la fiducia nelle nostre istituzioni democratiche.”

Il rapporto confuta gli sforzi di anni compiuti da Trump e dai suoi alleati per seminare dubbi sulle valutazioni dell’agenzia di intelligence secondo cui la Russia non solo voleva seminare il caos negli Stati Uniti, ma favoriva anche la sua rielezione.

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