Con la sentenza 2 marzo 2021, emessa nella causa C 746/18m la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che i tabulati telefonici di una persona indagata possono essere acquisiti dall’Autorità Giudiziaria solo in seguito a vaglio o autorizzazione di un’autorità indipendente o di un giudice terzo e imparziale.
Le ricadute sul nostro ordinamento possono essere molto significative.
La sentenza
Un dato che non pare essere stato colto a una prima lettura della sentenza della Corte di Giustizia è che la sentenza si basa, di fatto sugli articoli 7 e 8 della Carta di Nizza, ossia quelli che tutelano domicilio e protezione dei dati personali dell’individuo.
A partire da queste coordinate, la Corte ha ritenuto non conforme a diritto dell’Unione la previsione statale di consentire al solo Pubblico Ministero l’autorizzazione all’acquisizione dei tabulati telefonici, ritenendo sia necessaria l’autorizzazione di un’autorità indipendente o di un giudice terzo.
Tabulati telefonici per indagini, dubbi di legittimità dopo sentenza Corte di Giustizia Ue
La procedura d’acquisizione italiana
Nel nostro ordinamento è il Pubblico Ministero a disporre, con decreto, l’acquisizione dei tabulati telefonici di una persona indagata, seguendo la procedura prevista dall’articolo 132 del decreto legislativo 196/2003 (il “vecchio” Codice privacy).
L’acquisizione viene effettuata ai sensi dell’articolo 256 del Codice di procedura penale.
Questo modo di procedere è sempre stato ritenuto legittimo dalla Corte di Cassazione che, anche nel 2018, lo ha ritenuto non solo conforme a Costituzione e diritto, ma anche ai precedenti della Corte di Giustizia Europea.
La questione, effettivamente, si pone perché dal 2018 è mutato il quadro normativo dell’Unione, dato che il GDPR (Regolamento UE 16/679) è entrato in vigore il 28 maggio 2018 e che la Direttiva 680/18 (“gemella” del GDPR) doveva essere recepita nello stesso anno.
Ricadute sui procedimenti in corso
A chi scrive appare pacifico che la normativa nazionale andrà rivista alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea; resta però da capire quali siano le ricadute sui procedimenti in corso.
Per quanto attiene a quelli in corso di indagine, è verosimile che il Pubblico Ministero proceda ad effettuare una richiesta al Giudice per le Indagini preliminari, seguendo l’iter previsto per le intercettazioni telefoniche.
Per i procedimenti per cui è già stata formulata una richiesta di rinvio a giudizio o per cui è stato aperto il dibattimento la questione si complica.
In tutte queste ipotesi la difesa potrà eccepire l’inutilizzabilità dei tabulati, invocando la disapplicazione della normativa nazionale configgente con il diritto dell’Unione, così come interpretato dalla Corte di Giustizia.
In alternativa, la difesa potrà eccepire l’incostituzionalità della norma italiana nella parte in cui confligge con il diritto dell’Unione per violazione degli articoli 10, 11 e 117, comma 1 della Costituzione.
In ulteriore alternativa – o in subordine – la via è la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere che contengano in motivazione un richiamo ai tabulati acquisiti con la procedura ordinaria saranno, verosimilmente, oggetto di impugnazioni “severe” sul punto.
In ogni caso l’acquisizione dei tabulati che non vengano richiamati nella motivazione di un provvedimento di natura giurisdizionale, non vi potrà essere alcuna eccezione.
La data retention italiana viola la privacy, la conferma della Corte di Giustizia europea
Conclusioni
Il diritto alla protezione dei dati personali contenuto nell’articolo 8 della Carta di Nizza inizia a dispiegare i suoi effetti anche in materia penale e la casistica aumenterà considerevolmente.
Che la Corte di Giustizia abbia affermato la necessità che sia un giudice terzo a disporre l’acquisizione dei tabulati telefonici è un segnale molto significativo per un ordinamento che, come il nostro, ha ritenuto di sacrificare sempre di più la privacy e la riservatezza delle comunicazioni in nome della sicurezza e dell’accertamento dei reati.
Chi scrive è fermamente convinto che l’impatto di questa sentenza, che apre un nuovo filone giurisprudenziale, col tempo sarà molto significativo e potrebbe addirittura essere il primo passo per una nuova valutazione dell’utilizzo di strumenti di indagine come il captatore informatico, ossia il trojan horse.