Il caso

Le mani della Cina sui droni italiani: perché il Governo vuole vederci chiaro

La cessione del controllo di un produttore italiano di droni militari a due aziende statali cinesi risale al 2018 ma le autorità italiane ed europee sono state all’oscuro dei fatti fino a oggi. Ora che l’operazione è venuta fuori si sta verificando se la società italiana avrebbe dovuto notificare la cessione al governo

Pubblicato il 18 Nov 2021

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab - Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference

droni Readiness 2030 dell'UE

Da un rapporto del Wall Street Journal è emerso che il Governo Draghi ha aperto un’inchiesta su un fatto del 2018. Un fatto che non dovrebbe succedere se ci fossero controlli efficienti in un settore tecnologico di importanza strategica geopolitico.

La Cina ha preso il controllo di un produttore italiano di droni militari, Alpi Aviation, senza coinvolgere le autorità competenti.

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I fatti

Sono state avviate delle indagini a seguito della scoperta, da parte delle forze dell’ordine italiane, della presa di controllo di un produttore italiano di droni militari per mano di due aziende statali cinesi nel 2018 e le autorità italiane ed europee sono state all’oscuro dei fatti fino a oggi.

I gruppi cinesi coinvolti nell’acquisizione attraverso una catena di veicoli di investimento, China Corporate United Investment Holding e CRRC Capital Holding, sono a loro volta controllati dal Comitato di gestione della Wuxi Liyuan Economic Development Zone e SASAC.

A quanto pare, una società offshore ha fatto da tramite, la Mars (HK) Information Technology, la quale ha avviato il processo di trasferimento della proprietà tecnica e intellettuale della Alpi Aviation, azienda con sede a Pordenone specializzata nella progettazione e produzione di velivoli leggeri e ultraleggeri, in un nuovo sito di produzione in Cina. La China Railway Rolling Stock Corp, compagnia ferroviaria di proprietà statale, insieme al gruppo di investimento controllato dal governo municipale di Wuxi, avrebbe acquistato, tramite la Mars, il 75% della partecipazione in Alpi Aviation nel 2018, per un valore pari a 4 milioni di euro. La stessa Mars ha anche investito ulteriori 1,5 milioni di euro in Alpi Aviation, cifra significativa in eccesso, secondo quanto dichiarato nel rapporto. I droni che Alpi Aviation ha fornito sarebbero stati quelli utilizzati dall’Aeronautica Militare Italiana in Afghanistan.

Ora che l’operazione è venuta fuori, si sta verificando se la società di droni italiana avrebbe dovuto notificare al governo italiano la vendita della partecipazione e se effettivamente c’è stato il trasferimento della tecnologia con relativo avvio della produzione su territorio cinese.

Le società coinvolte

La Mars (HK) Information Technology è stata registrata a Hong Kong solo due mesi prima dell’accordo con Alpi Aviation del 2018.

La proprietà di questa società, secondo la polizia di comodo per compiere l’operazione, è costituita, appunto, dalla CRRC, China Railway Rolling Stock Corp, e un gruppo di investimento controllato dal governo municipale di Wuxi, la China Corporate United Investment Holding, secondo quanto ha riportato Reuters qualche mese fa.

Alpi Aviation, sulla vendita di partecipazioni, ne ha ricalcato la trasparenza e l’equità del valore, in merito alla vicenda, ha negato al Wall Street Journal di aver infranto le leggi sul trasferimento di informazioni e tecnologie strategiche fuori dai confini italiani, anche se le società europee sono tenute a notificare alle autorità acquisizioni estere di una certa rilevanza, nel caso in cui siano nell’ambito della sicurezza e in più il governo italiano ha il diritto di veto alle acquisizioni da parte di acquirenti non UE in settori ritenuti strategici come la difesa e le comunicazioni.

Sicurezze nazionali a rischio

La vicenda che vede coinvolta Alpi Aviation è emersa in questi giorni in concomitanza di uno studio che è stato pubblicato di recente, a cura del think tank americano Atlantic Council, che ha messo in evidenza la crescente diffusione di strumenti informatici e di sorveglianza a livello intercontinentale, anche in paesi non NATO, aspetto che mette a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e potrebbe anche generare ulteriori abusi, se non si pensa a introdurre una maggiore responsabilità.

I dati presenti nella ricerca di Atlantic Council sono stati raccolti per 20 anni dall’ISS World, fiera della sorveglianza informatica e da altre manifestazioni come Milipol, fiera di armi, in cui l’hacking sta superando pistole e carri armati. Sono state esaminate 224 società di sorveglianza presenti a queste manifestazioni nel loro materiale comunicativo e di marketing, nei paesi di destinazione delle pubblicità e nelle vendite di strumenti di sorveglianza e hacking. Si parla di un 75% delle aziende che vendono particolarmente al di fuori del proprio paese i prodotti di sorveglianza informatica, per cui le sicurezze nazionali sono esposte a ulteriori rischi a causa del carattere sempre più globale che sta assumendo il commercio.

Complice anche l’aumento della pressione in USA e Europa per monitorare i rischi per la sicurezza nazionale da parte degli investitori cinesi, è stata aperta un’inchiesta lo scorso agosto su Alpi Aviation e la cessione di 3 anni fa della partecipazione del 75%, che potrebbe aver violato le normative del Golden Power per asset importanti a livello strategico.

Secondo quanto riportato da Reuters, il governo sta, inoltre, predisponendo un avviso formale rivolto a tutte le parti coinvolte per avere chiarimenti sull’operazione del 2018, definita dalla polizia italiana “un chiaro investimento predatorio in tecnologia”. Le sanzioni che ne potrebbero derivare potrebbe anche disporre l’invalidamento della vendita.

Il governo ha poteri speciali anti-acquisizione per proteggere le risorse strategiche dai gruppi non appartenenti all’Unione europea e, su base temporanea fino al 31 dicembre, all’UE.

Il nostro Paese ne ha fatto uso 4 volte dal 2012 per bloccare interessi stranieri in Italia, due delle quali sotto il governo Draghi. Il mese scorso, infatti, il Presidente del Consiglio ha posto il veto alla vendita di un produttore di semi di ortaggi al gruppo di proprietà cinese Syngenta e ha impedito ad aprile alla società cinese Shenzhen Invenland Holdings Co. Ltd. di acquistare una partecipazione di controllo in un’azienda che produce apparecchiature a semiconduttore.

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