La recentissima relazione annuale del Comitato Interparlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir) mette in luce una realtà dello scenario geopolitico apparentemente poco rilevante ma che racchiude le chiavi per la comprensione delle nuove sfide globali. Sfide che il nostro Paese, e con esso tutta l’Europa, deve cominciare ad affrontare partendo dalle proprie vulnerabilità industriali, per imparare a preservare gli asset strategici e dare slancio ai settori cruciale per la competitività, quale quello dei semiconduttori (sempre più nel mirino cinese).
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Le minacce straniere al sistema Italia
Quasi in incipit, il Copasir ricorda come dalla crisi finanziaria del 2008-2010 e dai suoi riflessi sulla globalizzazione nasca un più deciso interventismo statale. Questo interventismo, del quale Maria Mazzucato nel suo “The Entrepreneurial State” aveva già parlato, costituisce secondo il Copasir una possibile sfida o minaccia al mantenimento di un ruolo di primo piano per l’Italia nello scenario globale. Questo non tanto perché l’azione dello Stato rappresenti un problema in sé per sé ma in quanto i vari “sistema paese” internazionali pongano di fatto delle possibili minacce o sfide alla continua competitività del sistema Italia o del sistema Europa. Attraverso, dunque, il concetto di intelligence economica il comitato estende il perimetro della sicurezza nazionale oltre i suoi confini tradizionali “fisici” e si allarga ad una comprensione che includa anche la protezione degli interessi economici strategici.
Non si tratta sicuramente di una interpretazione innovativa ma che diventa tale in quanto le circostanze internazionali oggi pongono una serie di interrogativi sulle cosiddette minacce ibride che coinvolgono conflitti, schermaglie e controversie su diversi layers. Da quello sociale a quello dell’informazione. Da quello economico a quello militare. La tutela degli interessi economici nazionali è dunque fondamentale. In particolare, per quelli che sono definiti come asset strategici nazionali e tutelati dal Golden Power. Una sicurezza che “non è più sicurezza dello Stato-apparato (garantita dal controspionaggio a tutela del settore militare), ma sicurezza della nazione, ovvero del benessere dei suoi cittadini”.
La tutela degli asset nazionali al tempo del Covid
Proteggere, in ottica di sistema paese, le proprie imprese e i propri vantaggi competitivi è così importante da lasciare sempre meno spazio all’errore. Come riportato da Copasir, una generale riduzione della produttività e della competitività, le quali hanno anche portato ad una svalutazione degli asset industriali strategici, ha reso il sistema economico italiano più vulnerabile ad ingerenze di interessi stranieri. Acquisizioni, partecipazioni etc. tanto da indurre il Comitato a parlare di rischio di una colonizzazione predatoria.
Per questa ragione, diventa fondamentale adottare strumenti di monitoraggio costante degli investimenti stranieri in Italia e in Europa, soprattutto in quelli che sono identificabili come i settori più strategici, sia per la transizione energetica come per lo sviluppo della connettività, dei trasporti, della difesa, dell’istruzione e della ricerca.
Lo European Chips Act
Martedì 8 febbraio la Commissione Europea ha pubblicato il testo dello European Chips Act, un piano per rafforzare la produzione dei semiconduttori in Unione europea. Il piano è molto importante, data l’esigenza europea di acquisire maggiore autonomia nell’approvvigionamento di semiconduttori per non arrestare lo sviluppo di nuove industrie e mercati. L’Ue possiede oggi una quota di mercato pari al 10%, dunque con ampio spazio di miglioramento. Il tema delle materie prime è poi un’altra questione di importanza fondamentale che guiderà le considerazioni future sul settore.
In linea con il piano statunitense (che stanzia 52 miliardi di dollari in sovvenzioni per l’industria nazionale di semiconduttori), tramite lo European Chips Act, il Next Generation Eu, il programma Horizon e i bilanci nazionali l’Unione investe circa 43 miliardi di euro. Fondi pubblici a supporto e investimenti privati come leva che hanno lo scopo di rafforzare la supply chain europea e nel medio termine garantire alle industrie europee una posizione di leadership strategica nel mercato.
Al netto delle critiche sull’efficacia della misura nel suo insieme e dei risultati prospettati, si tratta certamente di una opportunità per i paesi dell’Unione di attrezzarsi in vista di possibili riassetti geopolitici che vedono il fulcro della loro instabilità nelle fasi di fabbricazione (ROC e Corea del Sud) e assemblaggio (ROC e PRC).
Le acquisizioni cinesi: i campanelli d’allarme
A seguito di quanto detto, dunque, possiamo determinare due punti chiave: l’industria europea e italiana durante la pandemia hanno sperimentato una serie di stress che le hanno rese più vulnerabili ad acquisizioni o a partecipazioni straniere. Con la parola “vulnerabili” non si intenda in una sua connotazione negativa tout court. Bensì, in quella che può definirsi una situazione di necessità dell’impresa o dell’imprenditore di trovare una soluzione ad una forte instabilità. Questa è tale da spingere l’impresa a cedere i propri asset con l’intento di incamerare capitale e riequilibrare le molteplici aree di rischio createsi durante i precedenti mesi. Il secondo punto invece si inquadra nella crescente instabilità geopolitica che ha portato il Copasir a sottolineare nuovamente la necessità di agire per sviluppare una capacità implementata di intelligence economica e di proteggere gli asset nazionali economici da interferenze (motivate da competizione geopolitica a detrimento del suddetto partner economico).
In questo tema rientrano decisamente i diversi campanelli di allarme dovuti precisamente alle acquisizioni cinesi di aziende o gruppi italiani valutati strategicamente. Molto tranchant è stata l’intervista di giugno dell’anno scorso fatta ad Alberto Forchielli, fondatore di Mandarin Capital Partners (il primo fondo di investimento sino-europeo nato nel 2007) da Forbes. Di certo secondo Forchielli, che definisce questo come il “secolo cinese”, l’operazione europea di contenere e bloccare gli investimenti cinesi in alcuni settori è “qualcosa di positivo, poiché l’influenza politica segue irrimediabilmente l’iniziativa economica”. In sintesi, descrive la tendenza ormai chiara dell’ultimo periodo di un maggior irrigidimento e di monitoraggio degli investimenti cinesi in Europa e in Italia.
L’ultimo e ben noto caso italiano è quello di Alpi Aviation, azienda friulana produttrice di droni militari, che nel 2019 è stata acquisita da due società cinesi. Ma in Europa ce ne sono altrettanti (anche prima del Covid). Secondo il China-Eu FDI Radar di Datenna (provider di servizi di intelligence per lo screening degli investimenti cinesi in Ue) ci sono diversi casi da monitorare.
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La mano cinese sui semiconduttori made in Ue
Un esempio è l’azienda Beneq, in Finlandia. Beneq è stata acquisita nel 2018 da Qingdao Sifang SRI Intellectual Technology Co. Ltd. (SRI Intellectual), un’azienda cinese con focus su settori high-tech e trasporti su ferro. Beneq è conosciuta come il più rinomato fornitore di attrezzature e tecnologie per l’”Atomic Layer Deposition” (Deposizione dello Strato Atomico) (ALD) di film sottili durante la fabbricazione di semiconduttori (nelle fasi di “deposizione”). In sintesi, il motivo per cui questa acquisizione desta particolare interesse è dovuta (oltre alla tipologia di industria acquisita ed il suo settore strategico) al fatto che SRI sia di proprietà di due fondi di investimento cinesi ad elevata partecipazione statale. I due fondi (lo CRRC Qingdao Sifang Vehicle Research Institute Co. e il CRRC Guohua (Qingdao) Equity Investment Fund) sono gestiti rispettivamente dal Consiglio di Stato della RPC e dal Guohua Military-Civilian Integration Industry Development Fund (un fondo istituito nel 2016 da diverse imprese militari centrali) con l’obiettivo di investire in nuovi settori di tecnologie militari e dual-use.
Questo si configura come un chiaro esempio di una strategia del paese di raggiungere una grande autonomia globale nella produzione di semiconduttori e altre tecnologie di questo genere. Non una grande novità in sé per sé, annunciata più volte anche tramite il piano Made in China 2025. Nonostante questo, sottolinea l’importanza di un monitoraggio e di una valutazione capillare dell’acquisizione di queste industrie che abbiamo imparato essere strategiche non solo per la Finlandia ma per l’Unione europea nel suo insieme.
Nello stesso settore, ovvero quello dell’industria strategica dei semiconduttori, troviamo un altro caso di interesse europeo ma questa volta in Francia. Nel 2018 Linxens, azienda leader nella progettazione e produzione di microconnettori e antenne RFID (Radio-Frequency IDentification) viene acquistata per 2.2 miliardi di euro da un fondo di investimento privato a Ziguang Liansheng (fondo d’investimento nato nel 2018 proprio con lo scopo di acquisire Linxens) controllato dalla Tsinghua University (aka Ministero dell’Educazione cinese). I prodotti di Linxens sono utilizzati per una vasta gamma di applicazioni da produttori di smartcard a chipmakers (coprendo settori che includono telecomunicazioni, finanza, trasporti, hotel, e-governance e Internet of Things (IoT)). Nel 2021 è stato costruito un nuovo stabile produttivo in Cina, nei pressi di Tianjin.
Un ultimo caso, utile a sensibilizzare sul complesso tema delle acquisizioni, è quello dell’impresa inglese Newport Wafer. L’azienda, la più grande produttrice di semiconduttori nel paese, è stata acquisita da Nexperia il 6 luglio 2021. Nexperia è un’azienda danese, sempre nel settore della produzione di semiconduttori, che però è stata acquisita nel 2019 dalla compagnia cinese Wingtech Technology per il 100% delle sue azioni. La Wingtech Technology è un produttore cinese di computer e attrezzature di telecomunicazione per le più grandi aziende di smartphone del paese, tra cui Huawei Technologies e Xiaomi Corps. La compagnia, secondo quanto riportato da Datenna, è controllata almeno per il 30% da enti e istituzioni governative statali.
La necessità di un sistema paese “europeo”
Per quanto sia complesso definire il quadro generale del sistema delle acquisizioni straniere, è necessario che i paesi europei (e l’Italia) si equipaggino con misure preventive efficaci per contrastare l’esistenza di investimenti ad alto rischio. Un rischio che non corre solamente il tessuto economico europeo ma anche i suoi cittadini. Dunque, l’impulso del Copasir in merito ad un rinnovato slancio verso lo sviluppo di una intelligence economica si inquadra proprio in questo frangente. Una protezione di asset nazionali da acquisizioni che puntino a minare la competitività del sistema Italia nel mondo, a detrimento di un suo sviluppo futuro.
Un detrimento che coinvolge anche l’Unione europea che, seppur in formale cooperazione economica è a volte teatro di competizioni economico-commerciali noncuranti degli effetti negativi sulla complessiva posizione europea vis a vis gli altri paesi internazionali, i quali beneficiano di instabilità interne. Lo strumento di screening della Commissione europea è certamente un buon punto di partenza per un’azione concertata almeno verso i paesi extra europei.
La strategia europea per una industria europea dei semiconduttori offre un’importante opportunità per costruire proprio questo sistema. Un’opportunità per una migliore valutazione delle vulnerabilità industriali europee ed italiane. Un’opportunità per l’Italia di aumentare la sinergia tra istituzioni e imprese nell’ottica di un bene comune.