I veicoli a guida autonoma [1] sono il prodotto di una serie di tecnologie avanzate e complesse quali Intelligenza Artificiale (AI), machine learning, cloud computing, big data e realtà aumentata (AR), ma il loro potenziale non è compreso fino in fondo e sono concepiti come distanti da una concreta applicazione nella vita quotidiana.
Tale settore inoltre è solitamente associato al campo militare (con i droni) e a quello civile – con le automobili o metro – ma, come spesso accade, la realtà è più complicata e interessante di quanto non appaia ad uno sguardo superficiale.
Guida autonoma, non solo terra e cielo
Oltre al dominio terrestre e aereo, questa rivoluzione tecnologica ha importanti ramificazioni anche in campo marittimo, dove numerosi esperimenti hanno già preso forma. In particolare, grazie ad una combinazione di GPS, radar, videocamere e sensori di bordo, le imbarcazioni controllate da remoto sono già diventate realtà.
È il caso della Norvegia che, in qualità di pioniere della tecnologia autonoma, a partire dal 2017 ha aperto quattro aree di test per navi a guida remota, seguite da altre in Finlandia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, e Singapore. I primi risultati non si sono fatti attendere, poiché nel 2018 l’industria marittima ha visto il lancio della prima compagnia al mondo di navigazione autonoma, frutto della collaborazione delle società tecnologiche norvegesi Wilhelmsen e Kongsberg, mentre, all’inizio del 2019, la barca autonoma SEA-KIT Maxlimer ha effettuato con successo la prima traversata tra Regno Unito e Belgio[2].
Ai paesi che si aggiungono alla lista, figura anche il Giappone dove il Ministero dei trasporti ha promosso l’introduzione di nuove tecnologie nel trasporto navale mediante una serie di agevolazioni industriali. Tali incentivi hanno portato le tre principali compagnie di navigazione nazionali a riunirsi in una joint venture facendo nascere di fatto il polo più avanzato del mondo nel settore, dato rilevante considerando che già oggi il 40% delle merci nazionali e circa l’80% delle merci industriali viaggia via mare [3]. A questi si deve aggiungere anche la Samsung che, per mezzo della sua divisione Samsung Heavy Industries, sta lavorando a progetti di imbarcazioni a guida autonoma[4].
Le applicazioni marittime della guida autonoma
Secondo alcuni studi, la navigazione costiera si candida ad essere il futuro del sistema logistico dei paesi che hanno molti chilometri di coste, caratteristica che accomuna le nazioni che stanno sperimentando questa soluzione con maggiore successo[5]. A tal proposito, in considerazione degli sviluppi effettuati nell’ultimo decennio, l’International Maritime Organization (IMO) – istituto delle Nazioni Unite incaricato di sviluppare i principi e le tecniche della navigazione internazionale al fine di promuovere la progettazione e lo sviluppo del trasporto marittimo – ha affrontato la tematica per la prima volta nel dicembre 2018. In tale occasione, il Maritime Safety Committee ha approvato il framework per regolare l’esercizio della “Maritime Autonomous Surface Ship (MASS)” definendola “una nave che, in misura variabile, può operare indipendentemente dall’interazione umana, e con livelli di autonomia ampiamente definiti”, per cui sono stati identificati quattro diversi gradi di autonomia:
- Nave con processi automatizzati e supporto decisionale: la maggior parte dei sistemi di bordo sono gestiti e controllati dal personale di bordo, ma alcune operazioni possono essere automatizzate.
- Nave controllata a distanza con marittimi a bordo: la nave presenta personale a bordo ma è controllata e gestita da remoto.
- Nave controllata a distanza senza marittimi a bordo: la nave è controllata e gestita da remoto e non prevede personale a bordo.
- Nave completamente autonoma: il sistema operativo della nave è in grado di prendere decisioni e svolgere attività in autonomia.
Considerando lo sviluppo sin qui raggiunto, è necessario porre l’attenzione sul terzo livello di autonomia, poiché il sistema di guida puramente autonomo non è attualmente possibile. Inoltre, le linee guida che ne sono derivate non devono essere concepite come un mero esercizio teorico, anche in considerazione del fatto che oltre l’80% del commercio mondiale è movimentato dalle navi, rendendo l’industria marittima la spina dorsale dell’economia globale[6].
Benefici e rischi da mitigare
Tra i benefici attesi dell’applicazione della guida autonoma sulle imbarcazioni figurano una riduzione degli incidenti – per cui secondo uno studio condotto da Allianz l’errore umano causerebbe tra il 75% ed il 96% degli incidenti marittimi – combattere l’invecchiamento dell’equipaggio – in Giappone oltre il 56% dei marittimi ha un’età superiore ai 50 anni –, ridurre i costi dell’equipaggio – le cui spese rappresentano il 30% del budget[7] – e combattere l’inquinamento – poiché il trasporto marittimo è responsabile di oltre il 3% delle emissioni globali di biossido di carbonio[8].
Bisogna, tuttavia, considerare che tale tecnologia sta avanzando molto più velocemente della legislazione in vigore, poiché le attuali convenzioni sono nate prima ancora che navi senza equipaggio fossero ipotizzabili. Per questo, non mancano le preoccupazioni sia per la necessità di adottare delle risoluzioni che regolino la navigazione includendo anche la guida da remoto, sia per la responsabilità giuridica su natanti che non presentano equipaggio, sia per la sicurezza, in considerazione delle enormi dimensioni delle navi che solcano gli oceani[9].
In merito a quest’ultima tematica, nel 2016 il consorzio Maritime Unmanned Navigation through Intelligence in Networks (MUNIN) finanziato dal Settimo Programma Quadro della Commissione Europea ha pubblicato il suo rapporto “Research in Maritime Autonomous Systems Project Results and Technology Potentials” che, se da un lato afferma come “i rischi di attacchi informatici e di pirateria sono questioni che destano preoccupazione”, dall’altro sostiene che “non è chiaro se le navi senza equipaggio e autonome siano attraenti per tali attacchi”[10].
Quest’ultimo elemento, tuttavia, stride fortemente con l’avvertimento lanciato già nel 2014 dall’International Maritime Bureau – divisione della Camera di Commercio Internazionale – che sosteneva come il trasporto marittimo e la catena di approvvigionamento fossero il “prossimo campo da gioco per gli hacker” e di come sia “fondamentale che le lezioni apprese da altri settori industriali siano applicate rapidamente per chiudere le vulnerabilità informatiche nelle spedizioni e nella catena di fornitura”.
Già all’epoca, la società di consulenza KPMG avvertiva come gli hacker fossero i nuovi pirati del mare aperto e di come la sicurezza informatica dei sistemi di controllo marittimo fosse controllata da ingegneri e non dai responsabili della sicurezza informatica, rendendo tali sistemi vulnerabili ad attacchi[11].
La vulnerabilità dei sistemi informatici delle navi
In effetti, con il passare del tempo gli attacchi si sono susseguiti sino ad aumentare del 900% negli ultimi tre anni[12]. Tra le vittime illustri figurano Maersk Line, prima compagnia al mondo nel trasporto di container che, a seguito di un attacco informatico che nel 2017 ha bloccato per giorni l’operatività di navi e terminal portuali, ha subito perdite per oltre 300 milioni di dollari[13]; la COSCO, le cui operazioni nel 2018 sono state colpite da un attacco informatico che ha influito sulla capacità del vettore di comunicare con navi, clienti e terminal marini[14]; la CMA CGM, la quarta compagnia al mondo di trasporto container che lo scorso settembre ha visto una compromissione dei suoi sistemi informatici; la stessa IMO, che ad inizio ottobre ha subito “un sofisticato cyber-attacco informatico contro i sistemi informatici dell’organizzazione”[15].
La vulnerabilità dei sistemi informatici delle navi – quindi dell’imbarcazione nella sua totalità – è stata dimostrata in diretta nel 2017 da Gianni Cuozzo, amministratore delegato di Aspisec, società specializzata in consulenza sul rischio cyber che, durante il convegno “Le rotte digitali del trasporto – IoT e big data: opportunità e rischi della digital transformation”, in pochi minuti è riuscito ad entrare nel sistema informatico di una nave in piena attività servendosi solo di un pc portatile, una connessione internet e due programmi open-source, indovinando facilmente la password del sistema che era ancora quella impostata dal produttore, che solitamente sono sempre le stesse e di rado vengono cambiate da parte degli acquirenti[16].
Conclusioni
A tal proposito, data l’immensa superficie di attacco offerta da questi sistemi, il dominio cibernetico non può essere messo in secondo piano. È quindi fondamentale giungere in sede di stipulazione dei trattati e delle linee guida aventi respiro globale avendo preventivamente identificato tutte le fonti di potenziale vulnerabilità. Solo in questo modo è possibile implementare una efficace strategia di mitigazione del rischio e dei processi di business continuity, essenziali per garantire la sicurezza, la protezione e la resilienza di tutto l’insieme di sistemi e processi a supporto delle MASS[17]. A tal proposito, è da considerare che Finlandia, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Giappone, Cina, Corea e Singapore hanno lanciato una rete di cooperazione per sviluppare le navi di superficie autonome marittime nei porti (MASSPorts), che ha tra gli obiettivi quello di approfondire lo scambio di informazioni e di esperienze tra gli Stati e le organizzazioni pioniere, promuovere l’interoperabilità e la standardizzazione del funzionamento delle navi autonome nei porti, oltre che di influenzare gli accordi internazionali dell’IMO[18].
- Guida Autonoma, https://www.treccani.it/vocabolario/guida-autonoma_%28Neologismi%29/
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