robot e digitale

Pandemia e futuro del lavoro: ecco i mestieri più a rischio

Quando l’emergenza covid-19 sarà passata, gran parte dei processi di digitalizzazione delle nostre vite e del nostro lavoro, sarà sostanzialmente irreversibile e questo significherà probabilmente che una serie di mestieri saranno definitivamente gestiti tramite la tecnologia o i robot.

Pubblicato il 01 Mag 2020

Davide Giribaldi

Governance, risk and Information Security Advisor

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Siamo stati “deportati” nel digitale ed è successo in cosi poco tempo che molti di noi faticano ancora a comprenderlo.

Le tech companies, invece, ne hanno subito approfittato per studiare i nostri nuovi comportamenti e per adattare le loro prospettive di business verso un ulteriore scenario: l’automazione forzata dei processi aziendali che, passata la crisi, porterà a nuovi equilibri nel mondo del lavoro con la possibile scomparsa di alcune professionalità e altre che, invece, conosceranno nuove e importanti prospettive di crescita.

Emergenza covid e futuro del lavoro

Cosi, se per caso non avessimo altre cose su cui focalizzare le nostre preoccupazioni, è possibile ipotizzare che quando l’emergenza covid-19 sarà passata, una buona parte dei processi di digitalizzazione delle nostre vite e del nostro lavoro, sarà sostanzialmente irreversibile e questo significherà probabilmente che una serie di mestieri saranno definitivamente gestiti tramite la tecnologia o i robot.

Ma sarà davvero cosi?

A pensarci bene le preoccupazioni in merito alla scomparsa di attività professionali fanno parte di qualsiasi fase di cambiamento sociale, cosi come spesso, le previsioni funeste sulle sorti dell’occupazione umana si sono rivelate sbagliate, ma quello che sta succedendo in queste settimane potrebbe realmente segnare il futuro di alcune professioni ed i motivi sono diversi.

Primo tra tutti l’impressionante accelerazione data all’automazione in determinati settori approfittando di un momento del tutto particolare e speriamo unico come quello della pandemia in atto, secondo la diffusione su scala mondiale di questa trasformazione perché l’emergenza è ormai dichiarata in ogni angolo del globo e infine il contesto nel quale sta avvenendo perché la clausura forzata e l’esigenza di concentrarsi su altri aspetti prioritari, possono facilmente fare passare in secondo piano quello che per alcuni di noi sarà un cambiamento epocale.

Nel frattempo, i big del web…

Da quello che è possibile osservare i colossi del web stanno lavorando verso tre direttrici ben precise: dati, automazione e privacy e tutte hanno un unico comune denominatore: l’attuale stato di stress e quindi la nostra minore soglia di attenzione.

I big del web, da Google a Facebook e Amazon solo per citare i soliti noti, hanno, anche in questo frangente, la capacità di continuare a collezionare dati e di profilare i nostri comportamenti in scenari tanto unici quanto difficili da stimare: la loro potenza di fuoco è tale per cui è prevedibile che da tutte queste informazioni straordinarie sia possibile elaborare nuovi scenari di business e nuovi modelli, ovviamente a loro vantaggio.

Sin dai primi giorni dell’emergenza Amazon, aveva dichiarato di voler rendere disponibile a chiunque ne facesse richiesta, la propria tecnologia per la gestione dei pagamenti nei negozi fisici senza l’utilizzo di casse, il tutto senza citare, ma facendolo capire con grande intelligenza tattica, a favore di un concetto che oggi sta mettendo a dura prova la nostra resistenza di cittadini: le code nei supermercati.

Ma qui secondo alcuni potrebbe esserci il primo pericolo, ovvero l’opportunità di eliminare o perlomeno ridurre il costo legato al personale di cassa. Ma non solo, perché mentre continuiamo a discutere se sia giusto cedere un pezzo della nostra privacy per monitorare gli spostamenti nei luoghi pubblici durante la pandemia, non ci siamo accorti che Google e Facebook hanno cambiato strategia sulla loro principale fonte di guadagno: i nostri dati.

Se fino a qualche mese fa eravamo interessati alle sanzioni miliardarie inflitte ai due giganti ed ascoltavamo con sospetto le loro difese sull’uso sproporzionato dei nostri dati, oggi siamo attratti dalle informazioni che stanno mettendo a disposizione per aiutarci a capire come sta evolvendo l’emergenza, sia perché la costrizione domestica ci rende più inclini all’uso dei nostri dispositivi connessi, sia perché siamo più o meno inconsciamente portati a cercare un po’ di serenità oltre che sicurezza mentale.

Facebook ha abilmente chiamato questa operazione: data for good ed insieme a BigG sta gestendo un’operazione di maquillage sulle ombre del recente passato, dicendo che i dati mai così utili prima nelle nostre vite, sono messi a disposizione gratuita per la ricerca, ma intanto ci propongono bellissime mappe con tanto di aggiornamenti sugli assembramenti e su dove questi avvengano, facendo passare in secondo piano altri aspetti, come quello dell’automazione dei processi di contrasto alle fake news, per garantire, così dicono, la necessaria sicurezza sanitaria ai propri operatori che non possono recarsi al lavoro come avveniva fino a qualche settimana fa.

Robotizzazione dell’economia: quali settori saranno colpiti

Abbiamo bisogno della tecnologia per restare connessi ed informati, ma davvero stiamo concedendo alle tech companies un potere smisurato?

Secondo Brookings Institute, un importante think tank statunitense, indipendentemente dal tipo di recessione che avremo nei prossimi mesi, è plausibile che la sostituzione temporanea di forza lavoro umana con quella automatizzata sarà in molti ambiti, irreversibile.

Infatti è proprio nei periodi di shock storici che la robotizzazione di alcuni comparti dell’economia avviene ad una velocità maggiore e quanto sta succedendo oggi non solo ne è la conferma, ma probabilmente la sua estremizzazione. Cosi è sempre stato negli ultimi 40 anni in cui si sono succedute 3 grosse recessioni che hanno spazzato via milioni di posti di lavoro meno qualificati lasciando spazio all’automazione ed alla specializzazione e questo potrebbe essere il segnale positivo che ne trarremmo dalla possibile scomparsa di alcune professionalità.

Basti pensare che durante gli ultimi 3-4 anni si è discusso a lungo dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nel settore sanitario fino ad arrivare ad ipotizzare la sostituzione delle figure dei medici e degli infermieri con dei veri propri robot. La drammaticità del covid-19 ci sta invece insegnando, che solo alcuni aspetti come ad esempio la sanificazione dei locali, la consegna dei pasti od il trasporto di medicinali sono stati in alcuni casi automatizzati, ma a condizioni di conoscenza tecnologica come quella attuale è impossibile sostituire la professionalità e l’empatia umana soprattutto perché non esiste ancora un’intelligenza artificiale in grado di trasferire emozioni come quella di una carezza o di una parola di conforto che solo una persona, seppur nell’esercizio delle proprie funzioni, riesce a dare ad un malato.

Anche se è difficile ipotizzare quali e quanti posti di lavoro saranno messi in crisi dall’automazione post pandemica, credo che non tutti saranno ugualmente a rischio ed il vero cambiamento sarà non tanto a livello di occupazione ma di compiti e mansioni, perché quelli a più basso profilo saranno i più colpiti e questo potrebbe far sorgere altre questioni di natura sociale ben più complicata.

Ad esempio negli USA già nel 2019 si stimava che solo il 25% dell’occupazione corresse rischi di un’elevata automazione e che fosse concentrata prevalentemente nel settore dei trasporti, in quello amministrativo ed in quello della preparazione del cibo.

Se questa ipotesi venisse confermata una volta superata l’emergenza saranno i lavoratori con mansioni meno nobili, alcune categorie di giovani ed in alcuni casi le minoranze etniche a subire le pressioni maggiori e probabilmente l’automazione sarà più accentuata in alcune aree geografiche rispetto ad altre con il rischio di modificare in maniera significativa gli assetti geopolitici e le aspettative di ripresa dei vari paesi nel mondo.

Saranno necessari quindi grossi investimenti nella riqualificazione effettiva di alcune mansioni, cosi come probabilmente dovremo prendere atto della fine di un periodo che seppur tormentato sotto diversi aspetti dava garanzie di stabilità.

Le professioni a maggiore prospettiva di crescita

Ci saranno però molti settori che non solo sopravviveranno ma probabilmente avranno una nuova prospettiva di crescita e tutti saranno profondamente condizionati dalla tecnologia, è il caso delle professioni in ambito dati soprattutto cloud, cybersecurity ed intelligenza artificiale, di quelle per la cura delle persone, per la formazione e l’educazione, cosi come probabilmente ci sarà nuovo impulso in tutte le attività di consulenza strategica come il risk management e la protezione dati. Serviranno competenze verticali ed iper specializzate, ma la differenza sarà data dalle soft skill e dalla capacità di riadattarsi alle continue mutazioni che saranno sempre più accentuate in ogni comparto dell’economia mondiale.

I momenti di shock, offrono a volte opportunità uniche di ripensare modelli e di provare cambiamenti e forse mai come prima d’ora avremo la possibilità, per molti legata alla necessità, di investire su noi stessi e sulla nostra capacità di essere resilienti non solo a parole.

Ci sono e ci saranno sempre più bit intorno a noi, qualcuno sta già costruendo nuovi modelli di business che dovranno essere compresi e sfruttati nel prossimo futuro. Serviranno un nuovo modo di proteggerli ed un diverso approccio nel cederli, sarà utile tanto buon senso e probabilmente un sana dose di fortuna.

Si realizzeranno nuovi equilibri e sorgeranno diverse preoccupazioni tanto nel lavoro quanto nella vita di tutti i giorni. In poche parole sarà tutto come ora, ma lo vedremo da una prospettiva completamente diversa, quella della consapevolezza che questa esperienza involontariamente ci lascerà e che starà a noi saper cogliere.

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