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Regole privacy Apple e digital marketing, i problemi per le imprese

Con l’introduzione dell’App Tracking Transparency, Apple ha scosso il mondo del Digital Advertising. Allo stesso tempo, questa misura ha dato un maggiore controllo agli utenti sui propri dati. La direzione di un Marketing “Privacy First” sembra ormai tracciata. Ma quali sono le conseguenze?

Pubblicato il 02 Feb 2022

Marianna Chillau

CEO & CoFounder @FlyerTech Presidente @4eCom

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Quando nell’aprile 2021 Apple ha introdotto le nuove regole sulla privacy con l’aggiornamento del sistema operativo a iOS 14.5, ha prodotto uno scossone nel mondo del Marketing digitale di cui cominciamo a vedere gli effetti.

La svolta anti-tracciamento dell’azienda di Cupertino ha reso più difficile l’acquisizione di dati di terze parti sui comportamenti degli utenti, essenziali per la creazione di campagne di Advertising personalizzate, determinando una minore efficacia degli annunci pubblicitari e un aumento del costo di acquisizione. Se da una parte questo comporta perdite significative per le aziende che forniscono strumenti di Advertising come Meta (la società di Facebook, fortemente critica verso la misura di Apple), a essere svantaggiate, dall’altra parte, sono anche le aziende che contano sull’utilizzo di questi strumenti per le proprie strategie di marketing, e in particolare le piccole imprese.

Il terremoto privacy Apple sull’economia della pubblicità

Allo stesso tempo, le nuove regole sulla privacy di Apple si inseriscono in una tendenza più ampia che va in direzione di un maggiore controllo da parte dei consumatori sui propri dati: un aspetto fortemente richiesto dai consumatori stessi e che sempre più nel prossimo futuro le aziende non potranno ignorare.

Vediamo quindi quali sono le novità introdotte da Apple in tema di privacy, quali sono gli effetti che stanno producendo sulle aziende e quali prospettive si aprono nel mondo del Digital Marketing.

La privacy di iOS 14.5 e l’impatto sui business

Partiamo innanzitutto dalla modifica in questione. Con il rilascio di iOS 14.5, Apple ha introdotto l’App Tracking Transparency (ATT): una funzione che chiede all’utente di esprimere il consenso per il tracciamento dei dati per fini pubblicitari su ogni app e sito web di terze parti.

In questa maniera, quando un utente accede a un’app o a un sito da un dispositivo Apple, compare un popup con un messaggio in cui l’utente può scegliere di accettare il tracciamento dell’attività o rifiutarlo. In caso di rifiuto, all’applicazione o al sito di terze parti non è noto l’IDFA (Identify for Advertisers), il codice assegnato da Apple a ogni utente che usa un dispositivo iOS. È tramite questo identificatore che gli inserzionisti raggiungono gli utenti Apple e propongono loro annunci personalizzati.

Apple paladina della privacy, ma a spese delle piccole imprese

Era facile prevedere che questa nuova funzione avrebbe provocato profondi cambiamenti nel mercato del Digital Advertising, andando a rendere più difficile la condivisione di dati dei comportamenti degli utenti utili per la creazione di annunci targettizzati. Secondo recenti ricerche, l’86% dei dispositivi iOS ha una versione abbastanza recente del software per ricevere il popup per via dell’ATT e, degli utenti che vedono il popup, ad acconsentire al tracciamento dei propri dati con app o siti di terze parti è solo il 38%, mentre quasi due terzi (62%) non presta il proprio consenso.

Per comprendere gli effetti di queste trasformazioni, si consideri il dato dell’agenzia Lotame riportato dal Financial Times, secondo cui le modifiche alla privacy introdotte da Apple ad oggi sarebbero costate a Facebook, YouTube, Twitter e Snap circa 10 miliardi di dollari. I giganti social avrebbero perso il 12% dei guadagni di Advertising nel terzo e nel quarto trimestre del 2021 per via delle decisioni degli utenti di non prestare il consenso al tracciamento sui dispositivi iOS.

Alla svolta anti-tracciamento di Apple, Snap riconduce anche il crollo del 22% del titolo a Wall Street successivo alla pubblicazione dei risultati di bilancio relativi al terzo trimestre del 2021. Se il CEO della società Evan Spiegel si era pronunciato comunque a favore della scelta pro-privacy di Apple, diverso è l’atteggiamento di Facebook, che già a dicembre 2020 si era scagliata contro la mossa dell’azienda di Cupertino allora già annunciata.

La società di Zuckerberg evidenziava non solo le difficoltà che la misura avrebbe posto ai marketer nel tracciare i comportamenti degli utenti, ma anche gli effetti negativi sulle piccole imprese e sulla loro capacità di raggiungere clienti locali con annunci mirati in maniera conveniente dal punto di vista dei costi. A rincarare la dose è lo stesso Zuckerberg, che recentemente è tornato a criticare la politica di Apple in quanto danneggerebbe non solo Facebook, ma anche “milioni di piccole imprese in quello che è, per loro, già un delicato periodo economico”.

È sempre Lotame a mostrare come, se prima della modifica un’azienda di abbigliamento guadagnava un cliente ogni 5 dollari investiti per annunci online su mille utenti, dopo la modifica per raggiungere lo stesso pubblico l’annuncio deve essere mostrato a duemila utenti. I costi di acquisizione sono quindi raddoppiati, mentre il rendimento segna un -50%.

A testimoniare l’aumento dei costi di Advertising è il caso di Sozy, retailer nel settore Fashion che ha visto salire il costo di acquisizione da circa 30 dollari dell’aprile 2021 a 88 dollari dell’ottobre dello stesso anno, con aumento del 125% su base annua.

A riportarlo è il Wall Street Journal, che in un suo articolo raccoglie una serie di casi di aziende ed eCommerce che hanno riscontrato un aumento nei costi di Advertising su Facebook. Da Smirk.com, azienda di sbiancamento denti che da aprile 2021 ha registrato un incremento del 45% nei costi di Facebook, a Six, azienda di prodotti per la fertilità che ha visto i costi di acquisizione su Facebook triplicare. Per arrivare a Plum Deluxe, shop di tè in foglie che dopo la modifica di Apple spende 10 volte di più per acquisire un cliente.

Tra i business che hanno risentito delle modifiche di iOS 14.5 c’è poi Poshmark, marketplace di resale che, oltre a un incremento dei costi di Marketing, ha registrato volumi di vendita al di sotto delle aspettative a causa delle novità in tema di privacy di Apple.

È chiaro, dunque, che la nuova politica di Apple abbia portato notevoli svantaggi ai business, specie i piccoli e medi, rendendo meno efficaci le azioni di Marketing personalizzato e più costoso acquisire nuovi clienti online. Tuttavia, bisogna mettere in evidenza come, a fronte di questi svantaggi, abbia al contempo favorito una maggiore trasparenza e un maggiore controllo sull’uso dei propri dati da parte dei consumatori, sempre più sensibili agli aspetti legati alla privacy e alla condivisione delle informazioni personali. Non a caso, la modifica di Apple è solo l’ultima di una serie di misure che negli ultimi anni sono state adottate, da Apple stessa come da altre società, in direzione di un web più trasparente e attento alla privacy degli utenti.

Il valore della privacy e le prospettive del Digital Marketing nell’era post-cookies

Già nel 2017, con l’introduzione della funzionalità Intelligent Tracking Prevention (ITP), Apple ha disabilitato di default sul browser Safari i cookies di terze parti, vale a dire i cookies creati da domini diversi da quello del sito web visitato (ban reso più drastico e totale nel 2020). Una decisione epocale, considerando l’importanza di questo strumento per il tracciamento dei comportamenti degli utenti sul web e l’utilizzo di queste informazioni per annunci targettizzati.

La misura, criticata da numerosi advertiser, è stata giustificata dall’azienda con la necessità di assicurare il “diritto alla privacy” degli utenti e ha aperto la strada a una profonda trasformazione nel mondo del web volta a dare più controllo agli utenti. Al blocco di Apple è infatti seguito quello di Mozilla, che nel 2019 ha disabilitato di default i third-party cookies sul browser Firefox, e poi di Google, che a gennaio 2021 ha annunciato l’intenzione di disabilitarli su Chrome entro il 2022 (un obiettivo più recentemente fissato per il 2023).

Nonostante arrivi molto dopo e quasi con ritardo rispetto alle decisioni di Apple e Mozilla, l’annuncio di Google ha avuto sicuramente un impatto importante, dal momento che Chrome è il browser che detiene il 68% del mercato (fonte: Statista). La decisione di Google, in questo senso, ha sancito in maniera incontrovertibile la “rivoluzione cookieless” del web. Una rivoluzione che non poteva non gettare nel panico i professionisti del Marketing digitale, che proprio sui cookies di terze parti hanno basato per anni le proprie strategie di Marketing e di personalizzazione.

A dare la misura dei sentimenti negativi dei marketer rispetto alla morte dei third-party cookies è uno studio realizzato da Epsilon insieme a Phronesis Partners, da cui emerge che:

  • L’80% dei professionisti del marketing dipende molto (39%) o abbastanza (41%) dai cookies di terze parti
  • Il 67% dei professionisti del marketing risente negativamente della situazione generata dall’eliminazione dei cookies di terze parti
  • Solo il 46% dei marketer intervistati (meno della metà) afferma di essere “molto preparato” per il cambiamento
  • Il 70% crede che il mondo del Digital Advertising sarà negativamente impattato da questi cambiamenti e farà un passo indietro
  • Il 55% pensa che i consumatori riceveranno un’esperienza pubblicitaria meno personalizzata

In effetti, si pone il problema di come continuare a garantire forme di Marketing personalizzato, che è e rimane un elemento irrinunciabile per le aziende: è sempre Epsilon a dirci che l’80% dei consumatori ha una maggiore probabilità di acquistare quando i brand offrono un’esperienza personalizzata.

In questo scenario, diventano essenziali strumenti di personalizzazione che si basino sempre meno sui dati di terze parti e facciano leva sui dati di prima parte. È in questa direzione, ad esempio, che stanno andando Meta e Snap in risposta agli ostacoli portati dall’ATT di Apple.

Quello che è certo è che, negli sviluppi futuri del Digital Marketing, il tema della privacy sarà sempre più centrale e sarà inevitabile cercare soluzioni di Marketing capaci di veicolare contenuti personalizzati che assicurino, al contempo, la tutela dell’uso dei dati degli utenti.

I consumatori oggi sono infatti sempre più consapevoli e sensibili al tema della trasparenza nell’utilizzo dei propri dati. Lo testimonia lo State of the Connected Customer di Salesforce, secondo cui il 61% dei consumatori sente di aver perso il controllo su come le proprie informazioni personali vengono utilizzate e l’86% vuole maggiore trasparenza.

Naturalmente, queste affermazioni – che rivelano un senso di sfiducia e timore da parte dei consumatori online sull’uso dei propri dati – non possono non essere influenzate da alcuni avvenimenti degli ultimi anni che hanno messo a nudo alcune fragilità nella protezione delle informazioni personali degli utenti, come lo scandalo Cambridge Analytica che ha travolto Facebook nel 2018. Anno in cui, del resto, è diventato pienamente applicabile in tutti gli Stati membri il GDPR (General Data Protection Regulation), il regolamento dell’Unione Europea volto ad armonizzare la regolamentazione in materia di protezione dei dati personali nell’Unione Europea assicurando al contempo una maggiore tutela delle informazioni degli utenti.

Che questo sia un aspetto di cruciale importanza per i consumatori e di cui le aziende non possono non tener conto lo dimostra il Consumer Trust and Data Privacy Report di Privitar, che non solo riporta come l’uso dei dati da parte dei business preoccupi i consumatori – che per il 26% affermano di essere preoccupati in particolare della vendita e/o condivisione dei propri dati ad aziende di terze parti –, ma evidenzia anche come i business impegnati a proteggere i dati degli utenti beneficino di una maggiore loyalty. Stando al Data Privacy Benchmark Study di Cisco, inoltre, le aziende che investono nella protezione dei dati registrano un ritorno sia in termini di ROI che di vantaggi quali una maggiore attrattività dell’azienda e la costruzione di un rapporto di fiducia con i clienti.

È evidente, dunque, che nel prossimo futuro la privacy sarà un tema sempre più centrale e, spinte anche dalle trasformazioni degli ultimi come quella introdotta da Apple, le aziende non potranno fare a meno di creare strumenti e strategie di Digital Marketing capaci di combinare personalizzazione e trasparenza.

Conclusioni

Con l’aggiornamento iOS 14.5 e l’introduzione dell’ATT, Apple ha scosso fortemente il mondo del Digital Advertising. Come abbiamo visto, la misura anti-tracciamento della società di Cupertino ha reso più difficile il raggiungimento degli utenti con annunci targettizzati in base ai loro comportamenti online, provocando importanti perdite ai colossi social e aumentando i costi di Advertising per le piccole imprese.

Allo stesso tempo, questa misura ha dato un maggiore controllo agli utenti sui propri dati, proseguendo sulla strada già aperta da qualche anno da Apple stessa e imboccata poi anche da Mozilla e Google, rendendo chiaro che stiamo andando nella direzione di un Marketing “Privacy First”.

Questo, chiaramente, richiede importanti trasformazioni da parte dei professionisti del Marketing e delle aziende stesse, che dovranno trovare modi innovativi per entrare in comunicazione con gli utenti in maniera personalizzata facendo sempre meno affidamento sui dati di terze parti. È certo una sfida, specie per le aziende più piccole, che non sempre hanno le giuste risorse per sviluppare queste innovazioni.

Quello della privacy rimane in ogni caso un imperativo a cui non ci si può sottrarre in un mondo in cui si fa progressivamente più forte e urgente la domanda di trasparenza e controllo sui propri dati personali da parte dei consumatori.

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