L’autocertificazione covid persiste ancora, ma adesso si aggiunge anche il pass o certificazione verde, almeno fino allo stato di emergenza prorogato fino al 31 luglio dall’art. 11 del D.L. 52 del 22 aprile 2021 cd decreto Riaperture. Le limitazioni agli spostamenti sussistono sulla base dell’andamento epidemiologico, come da Legge 12 marzo 2021 che sostituisce i DPCM precedenti.
Occorre perciò avere sempre con sé l’autocertificazione per spostarsi, in vari casi, pur con l’invito di limitare gli spostamenti. Vediamo tutto sul modulo: come compilarlo, ma soprattutto quali sono i recenti sviluppi giurisprudenziali sulle “…non più punibili e penalmente rilevanti” dichiarazioni (a motivazione dello spostamento) false.
Indice degli argomenti
Gli spostamenti e il decreto Riaperture
Il nuovo Decreto D.L. 18 maggio 2021, n. 65 cd “Riaperture” (non a caso) il Governo ha previsto graduali riaperture ed attenuazioni delle restrizioni nelle “zone gialle”.
Ecco i punti salienti ed il tanto atteso calendario.
Il “coprifuoco”
Finalmente, è stato posticipato di un’ora il coprifuoco. Non più tutti a casa alle 22 ma alle 23.
E dal 7 giugno, ancora più in là: dalle 24.00 alle 5.00.
Per arrivare al 21 giugno, quando il coprifuoco sarà completamente abolito;
Le uscite
Dal 22 maggio, tutti gli esercizi presenti nei mercati, centri commerciali, gallerie e parchi commerciali potranno restare aperti anche nei giorni festivi e prefestivi.
Dal 1° giugno sarà possibile consumare cibi e bevande all’interno dei locali anche oltre le 18.00, fino all’orario di chiusura previsto dalle norme sugli spostamenti.
Il “calendario” delle riaperture
Di seguito, le famose date, tanto attese verso il ritorno ad una normalità:
- anticipata al 24 maggio, rispetto al 1° giugno, la riapertura delle palestre;
- dal 1° luglio potranno riaprire le piscine al chiuso, i centri natatori e i centri benessere, nel rispetto delle linee guide e dei protocolli;
- dal 1° giugno all’aperto e dal 1° luglio al chiuso, sarà consentita la presenza di pubblico, nei limiti già previsti (25% della capienza massima, con il limite di 1.000 persone all’aperto e 500 al chiuso), per tutte le competizioni o eventi sportivi (non solo a quelli di interesse nazionale);
- dal 22 maggio sarà possibile riaprire gli impianti di risalita in montagna, nel rispetto delle linee guida di settore;
- dal 1° luglio sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò potranno riaprire al pubblico;
- dal 15 giugno, anziché dal 1° luglio, potranno riaprire parchi tematici e di divertimento potranno riaprire al pubblico;
- dal 1° luglio di nuovo possibili tutte le attività di centri culturali, centri sociali e centri ricreativi;
- dal 15 giugno saranno possibili, anche al chiuso, le feste e i ricevimenti successivi a cerimonie civili o religiose, tramite uso della “certificazione verde”. Restano sospese le attività in sale da ballo, discoteche e simili, all’aperto o al chiuso;
- dal 1° luglio sarà nuovamente possibile tenere corsi di formazione pubblici e privati in presenza.
I parametri delle “zone” colorate
Da ultimo, per quanto qui di interesse, il nuovo decreto modifica anche i parametri di ingresso nelle zone colorate, secondo criteri proposti dal Ministero della Salute, di modo che assumano principale rilievo l’incidenza dei contagi rispetto alla popolazione complessiva nonché il tasso di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva.
E l’autocertificazione? Sembra un lontano ricordo, e che tale rimanga.
Autocertificazione 15 marzo 2021 fino a luglio
Iniziamo col rassicurare che il “modulo” è sempre lo stesso (come per il precedente DPCM).
Il Ministero dell’Interno infatti continua a fornire tutte le indicazioni necessarie per compilare correttamente il modulo da dover esibire alle forze dell’ordine in caso di controllo, nelle Regioni e nei casi nazionali che lo prevedono.
Scarica il modulo per l’autocertificazione compilabile (PDF) del Viminale
Molte più zone rosse
In questo periodo avremo più bisogno dell’autocertificazione perché aumenta il ricorso delle zone rosse. Quelle in zona gialla applicano le regole previste per quelle in zona arancione. Quelle con più di 250 contagi ogni 100mila abitanti passano in automatico in zona rossa.
I presidenti di Regione possono applicare la zona rossa anche a singole province se si supera quel livello di contagio o in aree dove la situazione è critica.
Visite ad amici e parenti
La possibilità di spostarsi, anche per andare a trovare amici o parenti, varia quindi in relazione all’orario, al luogo di partenza e alla destinazione del proprio spostamento.
Regole che impattano poi sull’autocertificazione.
In particolare, in area gialla e arancione:
- tra le 5.00 e le 22.00, è possibile spostarsi all’interno del proprio Comune, quindi anche fare visita a parenti o amici nello stesso Comune. Ma massimo due persone ulteriori oltre ai conviventi e oltre a minori di 14 anni o disabili. E massimo uno spostamento al giorno verso una sola casa;
- oltre tali orari (quindi tra le 22.00 e le 5.00) e al di fuori del proprio Comune è possibile spostarsi esclusivamente per motivi di lavoro, salute o necessità;
- a chi vive in un Comune fino a 5.000 abitanti, è comunque consentito spostarsi liberamente, tra le 5.00 e le 22.00, entro i 30 km dal confine del proprio Comune (quindi eventualmente anche in un’altra Regione o Provincia autonoma), con il divieto però di spostarsi verso i capoluoghi di Provincia. Di conseguenza, nel rispetto di tali limiti orari e territoriali, è consentito anche andare a fare visita ad amici e parenti.»
Naturalmente, si ribadisce che, con riguardo alle abitazioni private, è “fortemente raccomandato” di non ricevere persone diverse dai conviventi, salvo che per esigenze lavorative o situazioni di necessità e urgenza.
Spostamenti tra regioni, come funzionano
Rimane vietato ogni spostamento in entrata ed in uscita tra i territori di diverse Regioni o Province autonome, anche se in fascia gialla (come nel decreto precedente). Sono consentiti solo gli spostamenti motivati da “comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero per motivi di salute”.
Seconde case, visite a coniugi lontani
Già da gennaio il Governo ha consentito il raggiungimento di seconde case e di case dove si convive (anche in modo non continuativo ma regolare) con un partner.
“E’ comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione”.
Il concetto nuovo è quello di abitazione. Scrive il Governo nelle FAQ, è “il luogo dove si abita di fatto, con una certa continuità e stabilità (quindi per periodi continuativi, anche se limitati, durante l’anno) o con abituale periodicità e frequenza (per esempio in alcuni giorni della settimana per motivi di lavoro, di studio o per altre esigenze). Per fare un esempio, le persone che per motivi di lavoro vivono in un luogo diverso da quello del proprio coniuge o partner, ma che si ritrovano con lui/lei con regolare frequenza e periodicità nella stessa abitazione, possono spostarsi per raggiungere tale abitazione”.
In pratica, continua ad essere possibile raggiungere le seconde case, esclusi gli affitti brevi, anche se situate in un’altra Regione o provincia autonoma controllando tuttavia le disposizioni delle singole regioni, che possono cambiare le regole.
Prendiamo ad esempio la Valle d’Aosta, l’Alto Adige, la Toscana, la Liguria, le Marche, la Campania, la Puglia e la Sardegna (non più in zona bianca) che vietano il trasferimento nelle seconde case. La Sicilia invece chiede di effettuare un tampone 48 ore prima dell’arrivo.
Insomma, informarsi bene comunque prima di muoversi.
Spostamenti all’interno del proprio Comune
Ci si può spostare liberamente durante il giorno e fino alle 22 quando continuano a restare in vigore le limitazioni (cd “coprifuoco”) tra le ore 22:00 e le ore 5:00, tranne che per le zone “rosse”. Vale, anche in questo caso, la suddetta regola secondo la quale ci si può sempre spostare quando si deve (cioè per motivi di lavoro, necessità ed urgenza/ salute).
Spostamenti piccoli Comuni
Sono concessi gli spostamenti dai Comuni “…con popolazione non superiore a 5.000 abitanti” e per una distanza non superiore ai 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia.
Quando serve l’autocertificazione, “coprifuoco” per il covid
In questa fase 2, ad oggi, gli spostamenti sono limitati al fine di contenere l’espandersi della pandemia e ridurre la curva dei contagi. L’autocertificazione serve quindi ovunque in Italia, con regole però diverse a seconda delle zone (rossa, gialla e arancione) e anche a seconda delle regioni (per via delle diverse ordinanze).
I limiti agli spostamenti
Non bastano insomma più distanziamento, mascherine, ed altri presidi. A distanza di cinque mesi o poco più dal lockdown generalizzato, si assiste di nuovo a misure più strette, decise a livello governativo e locale. In pratica, la misura valida a livello nazionale ovunque è il cosiddetto “coprifuoco” — espressione che deriva dall’usanza medievale per cui «a una determinata ora della sera, gli abitanti di una città erano tenuti a coprire il fuoco con la cenere per evitare incendî; anche il segnale (suono di campane o altro) con cui s’intimava il coprifuoco» — da una certa ora (le 22, 23 o 24 a seconda della regione) sino al mattino presto (le 5).
Autocertificazione covid: che fare in pratica
Ossia il cittadino dovrà giustificarsi se si sposta, a un controllo di polizia:
- sempre nelle zone rosse;
- negli spostamenti tra comuni nelle zone arancioni;
- negli spostamenti tra regioni rosse/gialle;
Decreto Riaperture tra spostamenti e novità, le certificazioni verdi o “pass green”
A questo scenario si aggiunge il pass verde. Il Decreto “riaperture” disciplina ancora una volta gli spostamenti stabilendo (all’art. 2) che gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori collocati in zona arancione o rossa sono consentiti, oltre che per comprovate esigenze lavorative o per situazioni di necessità o per motivi di salute, e per il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione.
In pratica, dal 26 aprile ci si può di nuovo spostare anche tra regioni muniti di autocertificazione e, novità, di “certificazione verde”.
Le novità del Riaperture
Il governo comunica che “dal 26 aprile al 15 giugno 2021, nella zona gialla, è consentito lo spostamento verso una sola abitazione privata abitata una volta al giorno, dalle 5 alle 22, a quattro persone oltre a quelle già conviventi nell’abitazione di destinazione. Le persone che si spostano potranno portare con sé i minorenni sui quali esercitino la responsabilità genitoriale e le persone con disabilità o non autosufficienti conviventi. Lo stesso spostamento, con uguali limiti orari e nel numero di persone, è consentito in zona arancione all’interno dello stesso comune. Non sono invece consentiti spostamenti verso altre abitazioni private abitate nella zona rossa.”
Ancora una volta è stato prorogato lo stato di emergenza al 31 di luglio.
In caso di eventuale trasgressione, le violazioni (art. 13) sono sempre le stesse: sanzioni amministrative e penali in caso di falsi ed in particolare per quelle “… condotte previste dagli articoli 476, 477, 479, 480, 481, 482, 489, anche se relativi ai documenti informatici di cui all’art. 491-bis, del codice penale” riferendosi, in quest’ultima ipotesi, alla digitalizzazione dei pass vaccinali.
Le certificazioni o pass verdi
Altra novità, le certificazioni verdi. Si tratta del foglio, al momento cartaceo, che unitamente all’autocertificazione serve per spostarsi.
È così che il governo italiano ha introdotto attraverso il decreto Riaperture (in vigore dal 23 aprile) questo pass a dimostrazione dello stato di avvenuta vaccinazione da Covid-19, ovvero a comprova della guarigione dal virus o ancora dall’effettuazione del tampone (molecolare o antigenico rapido) purché negativo, come da art. 9 segnalando come al comma II viene stabilito come tali pass siano rilasciati per attestare una delle seguenti condizioni:
- l’avvenuta vaccinazione
- l’avvenuta guarigione da COVID-19, con contestuale cessazione dell’isolamento prescritto;
- effettuazione del test antigenico rapido o molecolare con esito negativo.
Tale certificazione ha una validità di sei (6) mesi ed è rilasciata, su richiesta dell’interessato, in formato cartaceo o digitale, “dalla struttura sanitaria ovvero dall’esercente la professione sanitaria che effettua la vaccinazione e contestualmente alla stessa, al termine del prescritto ciclo, e reca indicazione del numero di dosi somministrate rispetto al numero di dosi previste per l’interessato”.
Mentre quella relativa al tampone (risultato negativo) sarà valida per sole 48 ore.
Tali certificazioni sono comunque equivalenti a quelle rilasciate a livello europeo (lett. e).
Previsto il carcere per chi falsifica la certificazione verde.
Pass vaccinali non a prova di privacy
È quello che fa sapere il Garante privacy inviando un avvertimento formale al Governo ravvisandone gravi criticità.
Il Garante ritiene infatti che «La norma appena approvata per la creazione e la gestione delle “certificazioni verdi”, i cosiddetti pass vaccinali, presenta criticità tali da inficiare, se non opportunamente modificata, la validità e il funzionamento del sistema previsto per la riapertura degli spostamenti durante la pandemia. È quindi necessario un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone».
In breve, il Garante osserva come “decreto riaperture” non garantisca una base giuridica idonea per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi su scala nazionale con gravi criticità in materia di protezione dei dati, in quanto privo di una valutazione dei possibili rischi su larga scala per i diritti e le libertà personali.
I punti critici secondo il Garante
Molti sono i punti critici non ritenuti conformi al GDPR, come evidenzia puntualmente il Garante.
Anzitutto, sostiene l’Autorità non definisce con precisione le finalità per il trattamento dei dati sulla salute degli italiani, lasciando spazio a molteplici e imprevedibili utilizzi futuri, in potenziale disallineamento anche con analoghe iniziative europee.
Aggiunge poi che tale pass così come congeniato non specifica chi è il titolare del trattamento dei dati, in violazione del principio di trasparenza, rendendo così difficile se non impossibile l’esercizio dei diritti degli interessati: ad esempio, in caso di informazioni non corrette contenute nelle certificazioni verdi.
Ma non è tutto.
Viola del tutto il principio di minimizzazione dal momento che la previsione normativa prevede un utilizzo eccessivo di dati sui certificati da esibire in caso di controllo.
Ancora, l’Autorità di Controllo evidenzia come “il sistema così come proposto, soprattutto nella fase transitoria, potrebbe alimentare/contenere dati inesatti o non aggiornati con gravi effetti sulla libertà di spostamento individuale, senza peraltro prevedere tempi di conservazione dei dati o misure adeguate a garantire la loro integrità e riservatezza.”
Insomma, troppe evidenti criticità che necessitano di approfondimenti e pronti “aggiustamenti”; situazione che si sarebbe potuta evitare se fosse stata avviata la necessaria preventiva interlocuzione con l’Autorità stessa.
Cosa che ovviamente non è avvenuta con la conseguenza che ci troviamo oggi dinanzi ad un stop ufficiale ed ulteriore confusione tra gli addetti e meno addetti frutto di una inarrestabile normativa covid.
Autocertificazione durante attività motorie e sportive?
In merito all’attività motoria e sportiva, la circolare chiarisce che l’autocertificazione è richiesta anche in questo caso; eccetto quando è evidente a “colpo d’occhio” (ictu oculi) che il cittadino è impegnato in tale attività.
“L’utilizzo del modulo di autocertificazione si correla anche allo svolgimento dell’attività motoria e dell’attività sportiva, che restano consentite nei termini e alle condizioni precisate dall’art. 3, comma 4, lett. e), fatti salvi i casi in cui lo svolgimento di dette attività in conformità al precetto sia verificabile ictu oculi”.
Come compilare l’autocertificazione: il modulo
Si tratta, nei casi previsti, di un modulo da compilarsi ogni volta, e da doversi consegnare alle forze dell’ordine le quali possono effettuare eventuali controlli successivi. Il Governo comunque assicura che le forze dell’ordine hanno il modulo e quindi lo si potrebbe compilare sul posto in caso di controlli.
Nel compilare il modulo, occorre sempre indicare/barrare con precisione se si tratta di:
- comprovate esigenze lavorative;
- motivi di salute;
- o altri motivi ammessi dalle vigenti normative ovvero dai predetti decreti, ordinanze e altri provvedimenti che definiscono le misure di prevenzione della diffusione del contagio;
Circa gli “altri motivi ammessi” si intendono le ragioni per le quali rientrano (come già nei mesi di marzo, aprile e maggio) casi di necessità tra cui il rientro al domicilio, ovvero urgenze di qualsiasi tipo, non procrastinabili.
Con il termine “comprovate” si deve intendere la circostanza per la quale – se le forze dell’ordine lo richiedessero – il dichiarante deve dimostrare il fatto, mostrando ad esempio il tesserino, la busta paga, il contratto o una dichiarazione da parte del datore di lavoro.
Luogo di partenza e destinazione
Dopo di che, il luogo di partenza e destinazione (da … a …), i validi motivi per lo spostamento; ed infine, data e firma autografa necessarie.
Nulla di nuovo, rispetto ai moduli che sono circolati nei mesi scorsi.
Quali sono le situazioni di necessità nell’autocertificazione
Una circolare del Viminale (ministero Interno) spiega tra l’altro, il 5 dicembre, come devono regolarsi le forze dell’ordine in merito all’autocertificazione quando fermano qualcuno.
“Si evidenzia – è scritto nella circolare – che tra le situazioni di necessità, per le quali resta fermo l’uso del modulo di autodichiarazione, può farsi rientrare, a mero titolo di esempio, l’esigenza di raggiungere parenti, ovvero amici, non autosufficienti, allo scopo di prestare ad essi assistenza, secondo quanto già chiarito in apposita Faq pubblicata sul sito web del Governo”.
L’elenco dei motivi di necessità ammessi non si ferma qui né potrebbe farlo, per via della grande variabilità possibile di casi. Il Governo indica però che sarà l’autorità competente a stabilire se sussiste una vera e propria “necessità”.
Cosa succede se non si ha l’autocertificazione
Se non si ha con sé il modulo — che può accadere per dimenticanza o perché non si dispone di una stampante a casa—, non è grave. Come spiega il ministero dell’Interno. Perché il documento in bianco verrà rilasciato direttamente dalle forze dell’ordine in occasione dei controlli a campione.
Il cittadino potrà quindi compilarlo sul posto, basterà dichiarare di volerlo fare.
Multe e procedimento penale per falsa dichiarazione limitatamente alle sole generalità ex artt. 483,495 c.p.
I controlli, ad oggi, rimandano alle forze dell’ordine ed agli altri “attori della sicurezza territoriale” deputati ad effettuare i controlli sul rispetto dei divieti in tutte le aree in cui sono entrate in vigore misure di contenimento.
Chi dichiara il falso inserendo dati anagrafici /informazioni/circostanze mendaci rischia la denuncia per falsa dichiarazione o attestazione a pubblico ufficiale ex articolo 483 o (se c’è anche dichiarazione falsa identità o rifiuto di darla) 495 codice penale.
La reclusione è fino a due anni per 483; per il 495 cp da 1 a 6 anni e multa da 400 a mille euro. Stanno arrivando in questi giorni i primi decreti di condanna per le violazioni di marzo. La reclusione può essere convertita con un minimo di 75 euro (e massimo il triplo) di multa per giorno di reclusione. Essendo reato, c’è iscrizione della condanna all’interno del casellario giudiziale.
Valgono le considerazioni già esposte in merito alle ipotesi e conseguenze in caso di controllo; alle sanzioni; ai possibili scenari. Ci si può opporre entro 15 giorni al decreto di condanna.
Autocertificazione veritiera e sanzione amministrativa
Se si sta violando un decreto covid, uscendo dopo il coprifuoco ad esempio per un motivo non previsto tra le eccezioni consentite, e si viene fermati conviene dichiarare il vero. Questo comportamento è infatti un illecito, non è un reato, ed è punito molto meno severamente rispetto alla falsa dichiarazione. Una sanzione come quelle di violazione del codice della strada, da 400 a mille euro, pagabili con il 30% in meno, se onerate entro cinque giorni.
Autocertificazione con motivazioni non vera, è ancora reato?
Tuttavia, una recente sentenza decisamente rivoluzionaria di un giudice del Tribunale di Reggio Emilia ha introdotto un’eccezione. Ha negato il decreto penale di condanna per due persone che avevano detto di essere fuori casa per una visita medica, mentendo alle forze dell’ordine (carabinieri) agenti accertatori che li avevano fermati.
In pratica, afferma che non sussiste, ad oggi un obbligo di fornire motivazioni corrispondenti al vero.
La motivazione assunta da questo giudice, peraltro dalla scrivente pienamente condivisibile, i “Dpcm [sono] illegittimi e incostituzionali, [con la conseguenza che] l’autocertificazione falsa non è reato”.
La sentenza dello scorso 11 marzo, per sommi capi
Anzitutto, è bene dire che tale pronuncia è destinata ad essere un “precedente” (per quanto nel nostro Ordinamento come noto non sia consacrato il principio dello stare decisis tipico di ordinamenti del common law), dichiarando “illegittimo” lo strumento legislativo usato/abusato – in considerazione dei numerosi DPCM del precedente Governo Conte – con il quale più e più volte nel corso di quest’anno è stato imposto il lockdown, in quanto «…contrario all’art. 13 della Costituzione, che definisce “inviolabile” la libertà personale».
Il giudice de quo ha prosciolto “perché il fatto non costituisce reato” disapplicando direttamente l’atto amministrativo motivandolo con un “falso inutile” in quanto «gli imputati sono stati costretti a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima». L’obbligo di permanenza domiciliare è una misura restrittiva della libertà personale e viene «irrogata dal giudice penale per reati e all’esito del giudizio, in ogni caso nel rispetto del diritto di difesa».
Ancora «trattandosi di Dpcm, cioè di atto amministrativo, il giudice ordinario non deve rimettere la questione di legittimità alla Corte costituzionale ma procedere direttamente alla disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo per violazione di legge (Costituzionale) […] La libertà di circolazione non può essere confusa con la libertà personale».
Insomma, una svolta importante.
In linea di continuità, anche un’altra sentenza milanese
Recentissimamente, anche un’altra sentenza questa volta di un GUP milanese ha fatto cadere l’accusa di falso, con una motivazione sostanzialmente analoga a quella precedentemente analizzata laddove sostanzialmente non sussiste nessun obbligo di fornire motivazioni veritiere, nel modulo di autocertificazione.
In questo caso, è stato assolto un ragazzo per aver mentito nella motivazione ad un controllo risalente al marzo 2020. Afferma il GUP nella sentenza di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) «…è evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate».
Ancora, il giudice afferma che «non solo manca una norma specifica sull’obbligo di verità nelle autocertificazioni da emergenza covid, ma anche una disposizione di legge che preveda l’obbligo di fare autocertificazione in questi casi»
Col che, dire la verità è sempre la via maestra, a parere di chi scrive.
Non dimentichiamoci però che se decade l’ipotesi di reato per falso nelle motivazioni che vengono addotte per uscir di casa in zona rossa (quando gli spostamenti sarebbero vietati) non significa che non sia configurabile lo stesso reato qualora si attestino false dichiarazioni in relazione alle generalità.
Ma questo è un altro tema.
Le implicazioni privacy dell’autocertificazione e la web app “Covidzone”
Dal punto di vista privacy, rispetto alle precedenti versioni di moduli/modelli di autocertificazioni non vengono, come detto, richieste ulteriori informazioni. I dati possono essere trattati a fronte di una informativa per quanto non esplicitata ma potendosi considerare parte integrante del DPCM. Non occorre un consenso in quanto la base giuridica è data dall’obbligo di legge.
Ciononostante, se dovessimo pensare ad una informativa si potrebbe dire che i dati siano conservati a cura dell’interessato per il periodo di tempo strettamente necessario. Col che si pone un problema di esercizio dei diritti. I dati possono essere, in caso di richiesta da parte dell’Autorità, registrati in sistemi informativi dedicati al monitoraggio e ad esso destinati.
In concreto, le forze dell’ordine, come già si è verificato nei mesi di lockdown, potrebbero decidere di non registrare alcun dato dell’interessato/dichiarante restando un trattamento verbale, non scritto.
Per completezza, di recente, è stato messo a punto un sito/web app Covidzone.info in aiuto a chiarire colori e regole: cliccando sulla propria Regione verranno fornite tutte le informazioni utili in ordine a ciò che si può o meno fare in base al colore; a prova di privacy.
Cosa cambia rispetto alle “vecchie” autocertificazioni
Sostanzialmente, non cambia nulla. Nell’autocertificazione si devono sempre indicare le generalità in verità pena le false dichiarazioni, i motivi dell’uscita negli orari in cui sono sospese le attività e, se si tratta di lavoro, il datore e l’indirizzo, per il resto speriamo di potercene “liberare” presto.
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Note
- All’art. 1 comma 5 del DL 14 gennaio 2021, n. 2, per completezza si legge che «All’articolo 1 del decreto-legge n. 33 del 2020, dopo il comma 16-quater, sono aggiunti i seguenti: «16-quinques. Le misure di cui al comma 16-quater previste per le regioni che si collocano in uno scenario di tipo 2 e con livello di rischio moderato si applicano, secondo la medesima procedura ed in presenza di una analoga incidenza settimanale dei contagi, anche alle regioni che si collocano in uno scenario di tipo 1 e con un livello di rischio alto. 16-sexies. Con ordinanza del Ministro della salute, adottata ai sensi del comma 16-bis sono individuate le regioni che si collocano in uno scenario di tipo 1 e con un livello di rischio basso, ove nel relativo territorio si manifesti una incidenza settimanale dei contagi, per tre settimane consecutive, inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti, all’interno delle quali cessano di applicarsi le misure determinate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e le attività sono disciplinate dai protocolli individuati con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Con i medesimi decreti possono essere adottate, in relazione a determinate attività particolarmente rilevanti dal punto di vista epidemiologico, specifiche misure restrittive fra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 19 del 2020.». ↑