PRIVACY

Certificato vaccinale e privacy: secondo i Garanti europei servono più garanzie

EDPB ed EDPS hanno di recente pubblicato un parere congiunto sulla proposta della Commissione UE per un certificato verde digitale (Digital Green Certificate o certificato vaccinale), volto a facilitare la libera circolazione dei cittadini europei durante la pandemia da COVID-19. Ma secondo i Garanti europei servono maggior

Pubblicato il 23 Apr 2021

Marcello Ferraresi

avvocato, Studio Previti

Pietro Maria Mascolo

Avvocato, Studio Previti Associazione Professionale

app io privacy

Il 17 marzo scorso la Commissione Europea ha pubblicato una duplice proposta di regolamento (“Proposta”) finalizzata alla determinazione di un framework per il rilascio, la verifica e l’accettazione di un certificato di vaccinazione interoperabile a livello comunitario (il c.d. certificato verde digitale o Digital Green Certificate), volto ad agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione durante la fase pandemica per i rispettivi titolari.

Stante il forte impatto in materia di protezione dei dati personali che potrebbe derivare da un simile intervento normativo, la Commissione Europea, in forza di quanto disposto ai sensi dell’art. 42(2) del GDPR, ha richiesto che l’EDPB e l’EDPS si esprimessero mediante un parere congiunto.

Obiettivo primario del detto parere sarà quello di evidenziare eventuali aspetti in cui la Proposta necessiti di un ulteriore sforzo di allineamento rispetto al vigente scenario normativo comunitario in materia di protezione dei dati personali; con la chiara consapevolezza che eventuali difformità potrebbero comportare un’incertezza giuridica dai notevoli impatti, in un settore così delicato e sotto pressione come quello sanitario.

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Certificato vaccinale e privacy: considerazioni preliminari di EDPB e EDPS

Preliminarmente rispetto alle proprie valutazioni di dettaglio, le suddette autorità comunitarie hanno ribadito come assicurare un’effettiva protezione dei dati personali impattati nella Proposta non potrebbe in alcun modo costituire un ostacolo nella lotta alla pandemia. Anzi, il rispetto di tale normativa non potrebbe che contribuire ad aumentare la fiducia dei cittadini nei riguardi del framework oggetto della Proposta.

In via altrettanto preliminare, l’EDPB e l’EDPS danno atto della sussistenza di opinioni divergenti sul potenziale rischio di discriminazione derivante dall’uso dei certificati di vaccinazione, rilevando, quindi, l’opportunità di corredare la Proposta con una valutazione d’impatto dalla quale emerga che, mediante l’utilizzo di metodologie dagli effetti discriminatori potenzialmente inferiori, non si sarebbe raggiunto il medesimo scopo alla base dell’intervento normativo in esame.

Tenuto conto delle considerazioni di cui sopra, l’obiettivo della Proposta di armonizzare la documentazione relativa al rilascio, alla verifica e all’accettazione del certificato verde digitale all’interno dell’UE, al fine di favorire la libera circolazione dei cittadini tra gli Stati membri, appare come una finalità legittimamente perseguibile.

Tale premessa, ovviamente, dovrà coesistere con la necessità di adottare misure proporzionali e coerenti con il rispetto dei diritti fondamentali degli interessati, bilanciando il diritto alla protezione dei dati personali con altre libertà fondamentali, come la libertà di movimento e di residenza.

A tal fine, la Proposta potrebbe meglio definire le finalità concretamente perseguite dall’introduzione del certificato verde digitale e, pertanto, prevedere un meccanismo per il monitoraggio dell’utilizzo di tale strumento (ripartito su tre “sottocertificati”: vaccinazione, guarigione e test negativo).

Per esempio, le Autorità europee sottolineano l’importanza di stabilire che gli Stati membri dovrebbero accettare tutti e tre i tipi di certificati, rilevando che se questo non dovesse accadere e – ad esempio – si considerasse solo il certificato di vaccinazione, si verificherebbe una chiara discriminazione nei confronti di coloro i quali non hanno potuto ancora accedere alla vaccinazione, con conseguente violazione dei diritti fondamentali dei cittadini europei.

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Rilievi specifici in ambito data protection

In via generale, le due Autorità hanno anzitutto favorevolmente giudicato la circostanza che il considerando 15 della Proposta riconosca espressamente come il rispetto della legislazione UE in materia di protezione dei dati costituisca la chiave per l’accettazione transfrontaliera dei tre tipi di certificati proposti. EDPB e EDPS hanno però espresso una posizione critica circa il supporto sul quale fissare tali certificati. Questi devono infatti necessariamente essere disponibili sia in formato digitale che cartaceo, al fine di garantire l’inclusione di tutti i cittadini e la non-discriminazione.

Con specifico riferimento alle categorie di dati personali coinvolti nella Proposta (e, per l’effetto, nel contesto del certificato in esame), le Autorità hanno evidenziato come la Proposta non risulti sufficientemente chiara circa la necessità che giustificherebbe il trattamento di tutte le categorie in questione.

In più, con lo scopo di ulteriormente garantire il rispetto del principio di minimizzazione dei dati trattati, dovrebbe prevedersi che il campo del certificato deputato all’indicazione della “malattia da cui il cittadino è guarito”, stante il chiaro campo di applicazione della Proposta, dovrebbe essere limitata all’indicazione del virus SARS-CoV-2, comprese le relative varianti.

Sempre in un’ottica di data minimization, si suggerisce, inoltre, l’opportunità di non consentire alcun successivo riutilizzo dei dati personali di cui sopra da parte degli Stati membri successivamente alla conclusione dell’attuale stato emergenziale.

A tale scopo, potrebbe prevedersi che la Commissione fornisca chiare indicazioni in tal senso, compresa una clausola di caducità per l’uso del quadro normativo derivante dalla Proposta e del certificato digitale verde.

L’EDPB e l’EDPS, come presumibile, si soffermano altresì sulla necessità che i titolari del trattamento di specie si attengano al rispetto dei requisiti in materia di sicurezza del trattamento di cui all’art. 32 GDPR; aspetto che sarebbe opportuno prendere espressamente in considerazione all’interno della Proposta, al fine di dettare criteri generalizzati e frutto di valutazione svolte in sede di privacy by design e by default.

Al fine di garantire sufficienti requisiti di certezza del trattamento dati in esame, le Autorità raccomandano che siano specificati in un elenco – pubblicamente consultabile – tutti i soggetti che si prevede agiscano come responsabili e titolari del trattamento, nonché i destinatari dei dati in ogni Stato membro (sul punto precisandosi, altresì, la necessità di chiarire esplicitamente se e quando siano previsti trasferimenti internazionali di dati personali e, a tal fine, includere specifiche garanzie per assicurare che i paesi terzi trattino i dati personali scambiati solo per il perseguimento delle finalità proprie della Proposta).

In questo modo, i cittadini dell’UE che fanno uso del certificato verde digitale potranno conoscere l’identità dell’entità a cui rivolgersi per l’esercizio dei propri diritti ai sensi del GDPR e ricevere ogni informazione all’uopo necessaria nella maniera più trasparente possibile.

Conclusioni

Dall’esame del parere congiunto oggetto di analisi nel presente contributo, traspare come l’EDPB e l’EDPS siano consapevoli della necessità – ormai sempre più percepita – di sfruttare gli strumenti normativi comunitari per il perseguimento di finalità che semplifichino la libera circolazione dei cittadini ad ormai oltre un anno dall’avvento della pandemia.

Il certificato verde digitale potrebbe certamente costituire uno strumento valido al perseguimento di tale finalità ma, al fine di non causare disomogeneità normative, occorre porre l’accento sul rispetto delle vigente prescrizioni normative in materia di protezione dei dati personali.

Disattendere il GDPR, infatti, potrebbe comportare effetti potenzialmente lesivi per i diritti e le libertà degli interessati coinvolti, in particolar modo per quanto attiene ad eventuali conseguenze discriminatorie da ricollegarsi all’attuale clima di incertezza che orbita attorno alla c.d. immunità vaccinale.

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