La Sentenza (n. 170/2023) con la quale la Corte Costituzionale ha appena risolto la questione del conflitto di attribuzione tra Senato e Procura della Repubblica di Firenze nato a seguito del sequestro da parte della seconda, tra l’altro, di alcuni messaggi scambiati via Whatsapp dal Senatore Matteo Renzi è bella, importante, scritta in maniera mirabile e, soprattutto, retta da un rigore logico insuperabile.
Whatsapp e messaggi elettronici sono “corrispondenza per la costituzione”
I giudici della Consulta (la penna è quella di Franco Modugno) mettono nero su bianco che quando la nostra Costituzione parla di “corrispondenza” a proposito della sua inviolabilità e delle speciali garanzie spettanti alla corrispondenza spedita o diretta a Parlamentari si riferisce anche alla corrispondenza elettronica, inclusi i messaggi Whatsapp.
“Posta elettronica e messaggi inviati tramite l’applicazione WhatsApp (appartenente ai sistemi di cosiddetta messaggistica istantanea) rientrano, dunque, a pieno titolo nella sfera di protezione dell’art. 15 Cost., apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi. La riservatezza della comunicazione, che nella tradizionale corrispondenza epistolare è garantita dall’inserimento del plico cartaceo o del biglietto in una busta chiusa, è qui assicurata dal fatto che la posta elettronica viene inviata a una specifica casella di posta, accessibile solo al destinatario tramite procedure che prevedono l’utilizzo di codici personali; mentre il messaggio WhatsApp, spedito tramite tecniche che assicurano la riservatezza, è accessibile solo al soggetto che abbia la disponibilità del dispositivo elettronico di destinazione, normalmente protetto anch’esso da codici di accesso o altri meccanismi di identificazione”.
Non hanno dubbi i Giudici della Corte, anche perché, come chiariscono “Sostenere il contrario, in un momento storico nel quale la corrispondenza cartacea, trasmessa tramite il servizio postale e telegrafico, è ormai relegata, nel complesso, a un ruolo di secondo piano, significherebbe d’altronde deprimere radicalmente la valenza della prerogativa parlamentare in questione”.
Impossibile non essere d’accordo.
L’importanza della sentenza
E, egualmente, impossibile non trovarsi d’accordo con la Decisione quando chiarisce che, specie in un momento nel quale la più parte della corrispondenza viene scambiata nel c.d. “tempo reale” (ndr o quasi reale), deve continuare a considerarsi corrispondenza anche a seguito del ricevimento e della lettura da parte del destinatario.
A concludere diversamente, infatti, scrivono i Giudici la corrispondenza verrebbe degradata a mero documento quando non più in itinere, e ciò restringerebbe oltremodo la tutela costituzionale prefigurata dall’art. 15 Cost. già nei casi (ormai sempre più ridotti) di corrispondenza cartacea, per finire, addirittura, “per azzerarla, di fatto, rispetto alle comunicazioni operate tramite posta elettronica e altri servizi di messaggistica istantanea, in cui all’invio segue immediatamente – o, comunque sia, senza uno iato temporale apprezzabile – la ricezione”.
Bene, anzi, benissimo, decisione ineccepibile.
Ma mercati e tecnologia non attendono le regole
Ma leggere la Sentenza impone, comunque, di porsi qualche domanda più generale sui rapporti tra il diritto e la tecnologia.
Il primo messaggio di posta elettronica, infatti, è stato inviato tra due università americane nel 1971.
Whatsapp, dal canto suo, è nata nel 2009 e sta, quindi, per festeggiare il suo quindicesimo compleanno con i suoi 2 miliardi di utenti che si scambiano ogni giorno, in media, cento miliardi di messaggi.
Insomma la questione che è approdata sui banchi della nostra Corte Costituzionale nel 2022 e che è appena stata straordinariamente risolta relativa alla possibilità di considerare corrispondenza anche quella elettronica e anche quella già pervenuta a destinazione e letta dal destinatario è, forse, meno innovativa, originale, moderna di quanto non si sia portati a pensare non solo a leggere la Sentenza ma anche alcuni commenti che rimbalzano sui nostri quotidiani che la definiscono, storica, rivoluzionaria, moderna.
Che sia stato necessario impegnare la Corte Costituzionale per sciogliere i nodi in questione e che ci si meravigli del risultato, forse, un po’ deve farci riflettere.
Cambiare il modo di fare leggi nell’era della tecne
Perché se non ripensiamo in fretta il nostro modo di scrivere, interpretare, applicare le regole in una stagione della vita del mondo nel quale l’innovazione tecnologica corre come non ha mai corso sin qui, difficilmente saremo in grado non di governare il futuro ma di governare il presente.
Perché è – o dovrebbe essere – evidente a tutti che non possiamo e non potremo permetterci di ricorrere alla Corte Costituzionale per ciascuna delle migliaia di questioni nelle quali ci stiamo già confrontando e ci troveremo a confrontarci nei mesi e negli che verranno.
Non ne abbiamo e non ne avremo il tempo.
Le cose nei mercati e nelle democrazie, ormai, avvengono a una velocità incompatibile con i tempi di certi processi.
L’intelligenza artificiale generativa, solo per fare un esempio momentaneamente di tendenza, ha e avrà un impatto sulla nostra società e sulle nostre regole milioni di volte superiore rispetto a quello della posta elettronica e delle app di messagistica istantanea prima di arrivare a festeggiare il suo primo anno di vita, altro i che cinquanta della posta elettronica o i quindici di Whatsapp.
E, come è noto, mercati e tecnologia non attendono né le regole, né la loro interpretazione ma seguono la loro strada alla massima possibile velocità plasmando i nostri comportamenti, disegnando la nostra società, manipolando le dinamiche dei nostri mercati e delle nostre democrazie.
Ecco perché quest’ultima bella decisione della Corte Costituzionale, se da una parte può e deve confortarci sull’elasticità e malleabilità della nostra Costituzione capace di sopravvivere a rivoluzioni tecnologiche che i costituenti non avrebbero potuto neppure immaginare, dall’altra dovrebbe, probabilmente, indurci a chiederci se e cosa si può cambiare nel nostro modo di scrivere le leggi e di applicarle per fare in modo che, in futuro, non serva la Corte Costituzionale per dire che un messaggio di corrispondenza elettronica è un messaggio di corrispondenza e resta tale anche dopo essere stato ricevuto e letto.