privacy

Controllare i lavoratori via webcam viola i diritti umani: la sentenza olandese

L’azienda Usa Chetu inc è stata condannata a risarcire un lavoratore olandese licenziato perché si era rifiutato di tenere accesa la webcam per consentire il controllo delle prestazioni lavorative. Era già monitorato tramite i file di log. La tesi dell’azienda è stata rigettata in toto in Olanda e lo sarebbe anche in Italia

Pubblicato il 17 Nov 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

Thanks to Tobias Tullius for sharing their work on Unsplash

Non può essere licenziato un lavoratore in smart working che si rifiuta di lasciare accesa la webcam affinché l’azienda possa controllarne la prestazione. Lasciare accesa la telecamera è infatti contrario al diritto del dipendente al rispetto della sua vita privata: questa la motivazione del Tribunale olandese di Tillburg, nel dichiarare illegittimo il licenziamento di un dipendente a distanza della Chetu Inc.

Fired for Refusing to Turn on Webcam Wins $73,000 in Court

Fired for Refusing to Turn on Webcam Wins $73,000 in Court

Guarda questo video su YouTube

La vicenda e la sentenza

La delocalizzazione dei servizi di software fa sì che un programmatore olandese possa essere assunto da una società californiana a lavorare da casa a tempo indeterminato (per utilizzare una categoria familiare al diritto italiano).

Questo il caso del programmatore olandese, assunto nel 2019 da Chetu Inc. che, fino a maggio 2022, ha lavorato serenamente per la società statunitense – o meglio, per la filiale olandese, con sede a Rijswijk.

Quest’ultima, però, ha richiesto un cambiamento di modalità di controllo della prestazione: ha chiesto – imposto, per essere più chiari – al dipendente olandese di tenere la webcam accesa durante le otto ore dell’orario di lavoro.

Il dipendente si è rifiutato: suo dire il suo operato era adeguatamente monitorato tramite i file di log: la webcam accesa avrebbe, quindi, invaso ingiustificatamente ed eccessivamente la sua privacy.

La sua argomentazione era corretta, ma Chetu inc. non l’ha presa bene e lo ha licenziato in tronco per “rifiuto di lavorare” e “insubordinazione”.

A sua volta, però, il programmatore ha chiesto giustizia al Tribunale competente (con sede a Tillburg).

Il dipendente ha vinto: dalle motivazioni si legge che “il datore di lavoro non ha chiarito a sufficienza i motivi del licenziamento. Inoltre, non vi è stata alcuna prova di un rifiuto di lavorare, né vi è stata un’istruzione ragionevole. L’istruzione di lasciare accesa la telecamera è contraria al diritto del dipendente al rispetto della sua vita privata”.

Risultato: Chetu inc. è stata condannata al versamento della somma di circa 75.000 euro tra stipendi, risarcimento e spese legali.

La tesi del datore di lavoro era che la webcam non invadesse la privacy del lavoratore che, se avesse lavorato presso gli uffici della sede operativa di Chetu inc., sarebbe stato controllato direttamente “di persona”.

Videosorveglianza e lavoro

La tesi di Chetu inc. è stata rigettata in blocco in Olanda e lo sarebbe anche in Italia.

La sorveglianza del lavoratore “di persona” non è minimamente equiparabile, sul piano fattuale e giuridico, a quella con videosorveglianza o webcam.

Nel nostro ordinamento i lavoratori che operino n contesti in cui il datore di lavoro – legittimamente – voglia installare un impianto videosorveglianza sono tutelati o con accordo sindacale o con vigilanza della Direzione provinciale del lavoro.

Le sanzioni per chi opera al di fuori del lecito sono di natura penale – per quanto contravvenzionale – e se la videosorveglianza è imposta in un certo modo è necessaria la DPIA (ossia la valutazione di impatto).

Un obbligo per il lavoratore di operare con webcam accesa se opera da casa sarebbe quindi, quasi certamente illegittimo.

Ciò che cambia, rispetto al caso olandese, è che nelle ipotesi in cui è in vigore lo Statuto dei lavoratori il dipendente licenziato in maniera illecita ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro e non solo ad un risarcimento – come avviene nelle ipotesi del jobs act.

Conclusioni

Chetu inc. ha chiuso la sede olandese poco dopo la sentenza di condanna.

Il lavoro da casa è regolato da normative stringenti nel territorio nazionale, ma sul piano europeo le tutele sono a macchia di leopardo.

Il fenomeno però è ancora fluido: in molti posti di lavoro; infatti, si sono registrati casi di dipendenti che preferivano proseguire con lo smart working.

Certamente, però, non con la webcam accesa.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati