C’è stata una rivolta degli utenti quando Twitter ha annunciato di voler cancellare, a partire dall’11 dicembre – nel tentativo di razionalizzare la propria “contabilità account” – tutti gli account che non hanno effettuato un accesso alla piattaforma da più di sei mesi.
Twitter aveva fatto un errore: non aveva pensato che alcuni di quelli account erano di persone decedute e che i loro cari ci tenevano ad averli attivi. Ecco perché Twitter ha poi fatto una parziale marcia indietro sul tema, che però resta irrisolto.
Non abbiamo infatti ancora trovato una soluzione al problema di quale ruolo – con quali policy – lasciare agli account di persone decedute.
Ricordiamo che se viene eliminato l’account, sarebbero cancellati i messaggi su Twitter, ancora visibili ai parenti ed agli amici che traggono conforto nel ripercorrere momenti condivisi con i cari passati a miglior vita.
I profili commemorativi su Twitter
Se da un lato la notizia del dietro front è stata accolta con entusiasmo da quegli utenti che volevano finalmente “azzerare” i propri account, dall’altro lato per molte persone, parenti e conoscenti delle persone defunte, la decisione di Twitter è stata interpretata come una brutale violenza su una loro ragione di conforto, la possibilità di mantenere una connessione “perpetua” – sebbene virtuale – con i cari ancora in vita.
Twitter ha mostrato una grande leggerezza anche sul tema di come gestire lo storico dei dati di registrazione e gli account degni di nota perché appartenenti a personaggi noti, la cui attività sulla piattaforma è meritevole di essere conservata.
La nuova policy di Twitter sugli account di persone decedute
A fronte delle dimostranze ricevute, come accennato, il 27 novembre, Twitter ha fatto un passo indietro. La piattaforma ha annunciato che privilegerà la salvaguardia della memoria digitale dei defunti, ossia non sarà cancellato alcun profilo inattivo prima di aver trovato e messo a disposizione degli utenti un modo per trasformare gli account in “profili commemorativi” e ha precisato che, per il momento, la rimozione degli account inattivi interesserà soltanto gli utenti residenti nell’Unione Europea, e ciò per attenersi alle più recenti disposizioni in termini di privacy introdotte con il GDPR. In futuro la rimozione verrà estesa anche ad altri territori attenendosi alle relative normative in vigore. Viene sottolineato, altresì, che la cancellazione degli account inattivi migliorerà la credibilità della piattaforma in quanto gli account in questione verranno rimossi dai conteggi dei follower delle persone.
In altre parole, con la nuova posizione Twitter permetterebbe di mantenere attivi gli account, solo nel caso in cui si accedesse e twittasse almeno una volta ogni sei mesi. Ma questo non modifica, di fatto, il problema della gestione degli account delle persone morte, dal momento che i loro cari potrebbero non essere in possesso della password del de cuius o non ritenere opportuno “violarne” l’account. Infine, bisogna ricordare che su Twitter l’identità delle persone è più difficile da verificare in quanto la piattaforma consente pseudonimi ed alcune persone hanno più account.
Facebook e l’opzione per ricordare i defunti
In quanto a Facebook, ha iniziato dal 2009 ad offrire un’opzione per amici o familiari per commemorare i propri cari. In materia gli interessati sono chiamati a indicare la data della morte del defunto e la prova della sua morte, i.e. un certificato di morte o un pubblico necrologio. Il profilo Facebook viene, in questo caso, conservato come è stato lasciato, etichettato e tramutato in “account commemorativo”, quindi non raggiungibile nella forma primitiva. Inoltre, se l’account commemorativo ha un “contatto erede” (i.e. nel set-up del proprio account ha nominato qualcuno che possa gestire l’account), questi potrà operare, raccogliere e condividere i ricordi della persona defunta.
La gestione dei dati oltre la morte
I social gestiscono i nostri dati, ne determinano il valore in base alle loro attività, ci forniscono un modo per condividere ogni aspetto della nostra vita e sorge spontaneo domandarsi quanto sia effettivamente salvaguardata la facoltà di decidere come, e quando, azzerare il proprio account anche attraverso un “testamento digitale”. Quando ci riferiamo agli account inattivi, dobbiamo tener presente che non si tratta solo di dati e profili che sopravvivono ai loro referenti umani, bensì entriamo in un ambito che implica risvolti sociali, tecnologici e filosofici dove la morte è ripensata e adattata all’era digitale ed alle numerose identità virtuali dell’individuo.
Le posizioni dei social media come Twitter e Facebook si trovano a gestire questa problematica irta di insidie e ci pongono dinanzi alla domanda: quanto etico è congelare e cristallizzare i profili su internet, i blog, gli account e-mail al momento del decesso dell’utente? È giusto che tali account possano essere aggiornati da parenti o amici, permettendo che continuino a vivere? Come esercitare il diritto all’oblio, ossia cancellare ogni nostra traccia digitale dopo la nostra morte, tramite una previa autorizzazione (vedi la policy applicata da Facebook)? Non sarebbe auspicabile venisse attivata una forma di autodistruzione a tutela della propria privacy?
Conclusione
Internet ed i social media hanno cambiato i rapporti tra le persone; la gestione dei propri dati diventa sempre più complessa a fronte della ramificazione della rete e della presenza di account multipli. I problemi posti dall’utenza a Twitter e a Facebook, prima illustrati, ci dimostrano come articolata diventi anche la gestione delle emozioni, del dolore, del lutto e la commemorazione dei defunti a tal punto che si ipotizza che in futuro si svilupperanno veri e propri servizi “funebri digitali”, servizi interattivi e di intelligenza artificiale che permetteranno addirittura il “dialogo” tra i vivi ed i morti, sul filo del patologico. Inevitabilmente, è necessario stabilire quanto prima regole atte a gestire la problematica della privacy dell’utente sia in vita che dopo la morte, rendendo altresì urgente l’introduzione di un “testamento digitale”, dal momento che molti utenti non vogliono che dopo la loro morte qualcuno acceda ai loro account o ai loro dispositivi.
Il mondo digitale ed i social network hanno una duplice faccia: sono in grado di assecondare ed al tempo stesso negare il diritto all’oblio dal momento che le tracce lasciate sulla rete sono difficili da eliminare. È praticamente impossibile controllare la presenza dei nostri dati personali, varie informazioni su tutte le pagine web afferenti a social network, siti e blog privati, a causa delle logiche di conservazione e reindirizzamento delle pagine web. La tutela del diritto all’oblio dovrà essere esercitata sempre e comunque, al fine di impedire che fatti e informazioni già resi pubbliche sul social media possano essere rievocate e riportate alla ribalta nonostante si sia esercitato tale diritto. Tutto ciò ci porta a riflettere su come il web, nonostante le regole imposte delle varie normative in vigore, può rivelarsi un “ambiente” insidioso in cui è difficile riuscire ad esercitare il proprio il diritto di essere “lasciato in pace”.