la soluzione

Covid-19: l’app per monitorare l’epidemia serve ora, ma sia pubblica

Un’app pubblica, distribuita granularmente tra la popolazione, sviluppata in ossequio ai principi generali del Gdpr e soprattutto con un orizzonte temporale limitato e definito: la fine stato di emergenza. Potrebbe essere la soluzione giusta per avviare quanto prima il monitoraggio dell’epidemia da covid-19

Pubblicato il 30 Mar 2020

Anna Cataleta

Senior Partner di P4I e Senior Advisor presso l’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection (MIP)

Gabriele Faggioli

CEO Gruppo Digital360, presidente Clusit, Responsabile Scientifico Osservatorio Cybersecurity and Data Protection Politecnico di Milano

recognition privacy videosorveglianza

La discussione etica intorno all’uso del data tracing per il coronavirus infiamma i banchi della politica e le tavole rotonde degli esperti.

Da un lato l’esempio del modello coreano, efficace al punto da far diminuire in sole due settimane significativamente il numero di contagi; dall’altro il più volte paventato spettro di una deriva antidemocratica, di una distopica sorveglianza di massa causata dall’inevitabile compressione dei diritti democratici legati alla privacy.

La verità, però, è che non c’è più tempoL’emergenza Covid-19 sta già irrimediabilmente comprimendo una serie di diritti fondamentali primi tra tutti diritto al lavoro ed il diritto alla salute. Vediamo perché, allora, la soluzione giusta potrebbe essere rappresentata da un’app pubblica ufficiale per il monitoraggio dell’epidemia.

Privacy, un diritto resiliente

Quello alla privacy è, fortunatamente, un diritto resiliente oggetto di una legislazione che incorpora previsioni in grado di limitarne l’ampiezza senza tuttavia ridurne l’efficacia. Ciò grazie ad un meccanismo risk based secondo cui quanto più alto è il rischio di totale compromissione di diritti e delle libertà degli individui legati alla privacy, tanto più si costruisce intorno a quegli stessi diritti e libertà una rete di protezione fatta di garanzie. 

L’obiettivo è salvaguardare l’individuo ma occorre considerare che il diritto del singolo alla protezione dei propri dati personali non può voler dire l’irragionevole restrizione dei diritti altrui ed è quindi corretto valutare se una momentanea limitazione di questo diritto sia accettabile di fronte dell’innegabile beneficio che ne deriverebbe per  migliaia di vite.

La fast call del Governo

Il Governo ha aperto una fast call è quello al fine di trovare soluzioni che gli consentano di operare su due fronti:

  • monitoraggio e prevenzione dell’epidemia, tramite “tecnologie e soluzioni per il tracciamento continuo, l’alerting e il controllo tempestivo del livello di esposizione al rischio delle persone e dell’evoluzione dell’epidemia sul territorio”. Rientrano in questo ambito sistemi di analisi dati, tecnologie hardware e software utili per la gestione dell’emergenza sanitaria;
  • telemedicina e teleassistenza, tramite “app e soluzioni tecniche di teleassistenza per pazienti domestici, sia per patologie legate a Covid-19, sia per altre patologie, anche di carattere cronico”. Rientrano in questo ambito: app e chatbot per l’automonitoraggio delle condizioni di salute, rivolte a tutti i cittadini o solo ad alcune fasce (come i soggetti sottoposti a isolamento fiduciario).

Data tracing: tecnologie e strumenti normativi

In relazione al primo tema, il data tracing, lo scopo è facilmente intuibile: monitorare gli spostamenti delle persone al fine di controllarne il livello di esposizione al rischio ed avere un alert costante sull’evoluzione dell’epidemia sul territorio. Questo aiuterebbe nella limitazione dei contagi con beneficio per il sistema sanitario e avrebbe quindi, come effetto, la possibilità di salvare vite umane evitando contagi e permettendo cure migliori.

Le tecnologie sono già disponibilila maggior parte delle app presenti sui nostri dispositivi mobili monitorano i nostri spostamenti, si va dai servizi di food delivery a quelli per la geolocalizzazione del cellulare.

Sarà necessario intervenire con gli strumenti normativi messi a disposizione dalla nostra Costituzione nei casi d’urgenza e molti autorevoli commentatori hanno già provato ad immaginare quali possano essere. Al di là di quale sentiero formale normativo venga scelto quello che è certo è che per far fronte alla suddetta esigenza la strada dovrà essere tracciata adesso dal Governo, senza ulteriori indugi.

Una possibile soluzione

La soluzione a questo punto, superato il nodo normativo su cui si spera prevalga un orientamento giuridico sostanziale più che formale, potrebbe essere quella di una App pubblica, distribuita granularmente tra la popolazione, sviluppata in ossequio ai principi generali enunciati dal Regolamento europeo in termini di minimizzazione dei dati e limitazione delle finalità e soprattutto con un orizzonte temporale limitato e definito: la fine stato di emergenza.
In fase di sviluppo sarà sicuramente necessario chiedere un supporto al settore privato, come per l’appunto sta avvenendo in questi giorni, ma la governance di queste tecnologie, la “regia” – per utilizzare le parole di Antonello Soro – dovrà essere in mano pubblica. Limitare dunque le ingerenze dei privati e prevedere una gestione nazionalmente armonizzata affidata al Governo onde evitare gestioni poco omogenee da parte degli enti locali.

È importante che tanto in fase di sviluppo, quanto di successivo utilizzo di queste app porre estrema attenzione alle tipologie di dati trattati: l’incrocio tra dati sanitari e dati di localizzazione impone l’implementazione di misure di sicurezza particolarmente rigide onde evitare lesioni ai diritti e alle libertà degli interessati.

I dati di geolocalizzazione potrebbero, infatti, essere una facile e ghiotta preda per i criminali informatici, specie se associati ad ulteriori informazioni contenute nei device degli utenti. I cybercriminali potrebbero sfruttare alcune vulnerabilità delle app, tra cui sistemi di autenticazione non sufficientemente sicuri o autorizzazioni richieste dalle applicazioni che, se sfruttate, potrebbero consentire ai criminali di accedere ad informazioni strettamente confidenziali.
Del resto, il cybercrime si è già mosso fin dai primi momenti di questa emergenza per lanciare campagne di phishing facendo leva sulle tecniche di social engineering.

Il rilascio da parte del Governo di un’app ufficiale per il monitoraggio dell’epidemia che integri altresì funzioni informative eviterebbe il ricorso a software ed applicazioni malevole, diffuse allo scopo di fare incetta di dati o peggio.

Ma una cosa per noi è certa: ogni vita umana salvata ben vale l’uso di una app e una compressione temporanea del nostro diritto alla riservatezza e alla libertà di movimento. Soprattutto se avremo, come siamo certi, un governo e un parlamento capaci di non fare di una emergenza, di una eccezione, la regola negli anni futuri che ci aspettano

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