Le due sentenze sul tema del diritto all’oblio di cui all’art. 17 del GDPR, rese pubbliche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sembrano destinate a far discutere. Entrambe, aventi ad oggetto contenziosi riguardanti Google Inc., trattano infatti dello spinoso tema del diritto di cui all’art. 17 del GDPR, seppure da un diverso approccio.
Le due sentenze
La prima sentenza (causa C-136/17), afferma tra le altre cose che tale diritto può essere rimesso in discussione a seconda della natura dell’informazione di cui trattasi e dell’interesse del pubblico a disporre di tale informazione, variabile in base al ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica. La sentenza sembra voler attribuire al gestore di un motore di ricerca la facoltà di verificare in autonomia, e decidere di conseguenza, prima di operare una deindicizzazione o meno, se l’inserimento del link contestato nell’elenco dei risultati si riveli strettamente necessario per proteggere la libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tale pagina.
La seconda sentenza (causa C-507/17) ha invece riguardato il rifiuto, sempre da parte di Google, di procedere alla deindicizzazione di vari link che rinviavano a pagine Internet pubblicate da terzi. Ebbene, in quest’ultimo caso, la Corte ha affermato che non sussiste, per il gestore di un motore di ricerca che accoglie una richiesta di deindicizzazione presentata dall’interessato, un obbligo, derivante dal diritto dell’Unione, di effettuare tale deindicizzazione su tutte le versioni del suo motore (nel mondo).
L’analisi
I limiti imposti in tal modo alla normativa europea, n base a quanto deciso dalla Corte, i limiti imposto alla normativa europea paiono difficilmente valicabile, in termini di efficacia pratica. Se da un lato la responsabilizzazione del gestore non pare infatti spostare di molto i termini dell’efficacia della norma, introducendosi però di fatto una, per così dire, accountability estesa dai limiti tutti da individuare. Dall’altro la deindicizzazione “regionalizzata” pare al contrario estremamente incisiva per la tutela dell’interessato, che pare fortemente minata.
La possibilità di usufruire agevolmente delle possibilità offerte dalla rete di aggirare le limitazioni territoriali (un semplice indirizzo web di anonimizzazione IP per poter mascherare la propria provenienza) e la facilità di diffusione delle notizie, potrebbero rendere – se non vana – certamente meno agevole l’efficacia di quanto previsto dalla normativa europea in materia di diritto all’oblio: se solo pochi anni fa bastava “scendere a comprare le sigarette” per sparire nel nulla, oggi è evidente che non sarà più così semplice essere dimenticati.