lo studio

Facebook e pubblicità sull’orientamento sessuale, ecco i problemi etico-normativi

Una ricerca dell’università Carlo III di Madrid rivela come la profilazione pubblicitaria fatta da Facebook mette in pericolo gli omosessuali. La vicenda ci ricorda ancora una volta quanto è delicata e preziosa la privacy, per la tutela dei diritti della persona. E quanto complicato ancora fare attuare le norme in materia

Pubblicato il 03 Set 2019

Marco Martorana

avvocato, studio legale Martorana, Presidente Assodata, DPO Certificato UNI 11697:2017

facebook-ipads

Secondo una ricerca dell’Università Carlo III di Madrid, Facebook, attraverso una serie di operazioni finalizzate al targeting della pubblicità, di fatto “etichetterebbe” gli utenti anche sulla base di dati particolari ex art 9 del Reg. UE 2016/679 e in particolare in base al relativo orientamento sessuale.

Alcune pratiche diffuse nel mondo dei social network,  sono finalizzate a rendere accessibili agli inserzionisti pubblicitari le informazioni relative all’appartenenza a gruppi e pagine degli utenti. Sebbene Facebook non permetta un accesso diretto al profilo di ogni singolo utente, è possibile – per coloro che acquistano delle inserzioni sul social network  – riuscirci. Tra le modalità già diffuse vi è quella di scegliere un target di soggetti che seguono o fanne parte di pagine o gruppi a tendenza omosessuale (“deducendo” da tale appartenenza anche il relativo orientamento sessuale con il fine di indirizzare verso gli stessi annunci “gay oriented”); oppure quella di far apparire un annuncio falso (ed esempio per l’iscrizione ad un concorso) in modo da indurre l’utente ad inserire i propri dati personali. In tal caso chi si iscrive ignora completamente la circostanza di essere stato inserito in un “target” basato sulla sua sessualità.

Il problema – notano i ricercatori – è particolarmente grave per quei 4,2 milioni di utenti che etichettati come omosessuali da Facebook risiedono in Paesi ove l’omosessualità è reato.

I problemi

Le criticità collegate alle pratiche suddette attengono ad un triplice ordine di fattori:

  • Carenza di consapevolezza dell’utente in ordine alle tipologie di trattamento che possa derivare dall’elaborazione di un semplice “like” messo ad una pagina social piuttosto che all’altra (nel caso di specie: elaborazione e raffronto dei dati ricavabili ai “Like” espressi alle varie pagine social network al fine di acquisire informazioni inerenti all’orientamento sessuale del soggetto, conseguente “profilazione” del soggetto, e cessione a soggetti terzi di tali informazioni);
  • Il margine di errore connesso al funzionamento dell’algoritmo che “deduce” l’orientamento sessuale del soggetto mediante l’elaborazione e raffronto di più preferenze (“like”)espresse dall’utente verso una o più pagine, o uno o più prodotti;
  • Le possibili conseguenze della suddetta procedura sull’esercizio dei diritti e sulle libertà degli utenti, ed in generale, sulla loro dignità.

Tali fattori sono stati ampiamente presi in considerazione dalla normativa europea finalizzata alla tutela della persona fisica attraverso la tutela dei suoi dati personali, non solo limitando il trattamento dei dati di tipo “particolare” solo in casistiche tassativamente individuate (escludendo quindi il trattamento di questi dati nei casi non espressamente contemplati), ma anche sottolineando l’importanza di una tutela rafforzata a questa tipologia informazioni. Dalla stretta attinenza alla sfera intima della persona, tipica dei dati “ particolari”, si deduce la necessità di una maggiore attenzione alla tutela degli stessi, posto che un’eventuale violazione condurrebbe il soggetto a una lunga serie di possibili forme di discriminazione sul piano personale, affettivo e sociale.

Ma c’è di più. Il risvolto più serio è rappresentato dalle conseguenze che la raccolta e la diffusione di informazioni relative all’identità e all’orientamento sessuale potrebbero avere all’interno di alcune comunità, gruppi religiosi o in paesi presso i quali l’omosessualità è punita a volte anche con la pena di morte. Le persone etichettate da Facebook come “simpatizzanti” gruppi o pagine gay potrebbero subire conseguenze gravissime.

Con questa riflessione si può facilmente cogliere l’importanza e il valore rappresentato dalle informazioni personali (in particolare quelle relative a tematiche molto sensibili: l’orientamento sessuale, religioso, sindacale, politico, etc.) comprendendo che la questione non è soltanto di tipo economico ma attiene principalmente e soprattutto alla dignità del singolo individuo, alla sua dimensione sociale e privata, e varia a seconda del contesto sociale in cui lo stesso è inserito. Le conseguenze di trattamenti realizzati in violazione dei principi del GDPR posti a salvaguardia delle persone fisiche sono incalcolabili e non possono pertanto, vista la rivoluzione digitale, prescindere da un approccio privacy oriented. Orientamento che non è solo  a carico di facebook ma di qualsiasi altro Titolare del trattamento che attraverso la raccolta e la trasmissione di dati personali possa creare etichette e categorie  con conseguenti ripercussioni sulla dignità delle persone interessate.

Il diritto alla protezione dei dati personali, pertanto, non è solo una questione legale legata ad adempimenti e procedure ma soprattutto etica che interessa ogni singolo individuo.

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