Stasera Garante Privacy e OpenAI (dice l’Autorità) si incontreranno per chiarirsi. Si confermano segnali di disgelo che erano nell’aria già lunedì.
Staremo a vedere.
Il timore più grande
Ma ora il timore più grande è che tutto finisca come fuoco di paglia.
Da una parte, è vero: le critiche all’Autorità sono state eccessive. Non è mai stata bloccata “l’innovazione” ma solo un programma web, la cui tecnologia sottostante (questa sì innovativa) è sempre restata accessibile, anche gratis e anche all’utente normale (per non parlare di quelli business e startup, alcuni dei quali forse si sono lamentati della mossa del Garante solo in cerca di visibilità).
Pizzetti, ChatGpt: senza diritti siamo nudi davanti all’intelligenza artificiale
Dall’altra, errore grave sarebbe sottovalutare la portata, “innovativa e anticipatoria” (come dice Franco Pizzetti) di quanto deciso dal Garante Privacy. Anche riveduta e perfezionata in sede europea, l’auspicio è che l’azione privacy rientri nell’arsenale di attenzioni che ci servono per “umanizzare” l’intelligenza artificiale.
Ovvero per renderla al servizio degli interessi generali, europei – per quanto riguarda i nostri cittadini e aziende. Evitando così derive che possano accentrare potere in poche mani ed espongano la società a rischi enormi, come quello della disinformazione. A danno della democrazia e soprattutto dei fragili (minoranze, bambini, giustamente nel faro della nostra Autorità).
Quest’arsenale negli Stati Uniti già sta guardando ai diritti del copyright (di artisti, editori) messo a rischio dallo scraping massivo dell’Ai generativa. Nella loro cultura legale, del resto, gli interessi economici sono più avanzati di quelli privacy.
Sulla privacy siamo più sensibili noi. Il Gdpr l’ha dimostrato. Possiamo fare scuola, nel mondo. Pionieri, quindi. Altro che folli censori al pari di Russia e Cina (come dice Matteo Salvini). E speriamo se ne convincano anche quelli che ora non capiscono.
Articolo originariamente pubblicato il 05 Apr 2023