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Garante Privacy, Relazione 2022: le minacce alla nostra civiltà digitale passano dai dati

La guerra che oggi è anche cyber, i social che manipolano l’opinione pubblica, la spinta innovativa del PNRR, le regole per l’IA, i servizi e i mercati digitali, il telemarketing illegale: molti e importanti i temi toccati dal Garante privacy nella sua relazione annuale. Il punto sul presente e uno sguardo al futuro

Pubblicato il 08 Lug 2022

Anna Cataleta

Senior Partner di P4I e Senior Advisor presso l’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection (MIP)

relazione garante

Sono molti e importanti i temi toccati dal Presidente dell’Autorità garante per la protezione dati personali, Pasquale Stanzione nel corso della presentazione della Relazione annuale 2022, sull’attività svolta nel 2021.

Il fil rouge dell’intervento, oltre a una sintesi dell’attività svolta, riguarda il ruolo del Garante, di come questo  stia diventando un’autorità non già della persona digitale, ma della persona complessivamente intesa.

La protezione dei dati è una componente centrale delle democrazie liberali e garantisce che la libertà non violi la dignità della persona. Il potere della tecnica determina tuttavia non solo vulnerabilità, ma anche nuove soggettività che esigono tutele, tra cui la tutela del gemello digitale di ognuno di noi che si può trovare all’interno di quella nuova dimensione che è il metaverso.

L’obiettivo è quindi promuovere una civiltà digitale in cui l’innovazione non sia subita dall’uomo, bensì agita.

Il ruolo del Garante in una società che cambia

Il presidente ha esordito affermando che la seguente relazione si pone in un clima di profondi cambiamenti che intaccano non solo il tessuto sociale, politico ed economico, ma anche il rapporto tra uomo e mondo. La congiuntura sociopolitica attuale è segnata dal passaggio da una situazione di emergenza sanitaria a quella internazionale, causata dal conflitto russo-ucraino. In essa, tuttavia, si fanno anche strada le spinte riformatrici sul terreno del digitale.

Il Presidente Stanzione ha osservato che la protezione dei dati è stata un pilastro fondamentale del modello di governo dello stato di emergenza causato dalla pandemia. Infatti, sul terreno dell’emergenza sanitaria si è misurata la capacità europea di coniugare libertà e solidarietà, senza prevaricazioni da parte dell’una sull’altra.

La privacy ha dimostrato, quindi, di essere un diritto mai tiranno, bensì duttile e rigoroso nei principi e nel significato ultimo: promuovere la sinergia tra innovazione e libertà, collocando sempre la persona al centro. Il diritto alla privacy si è rivelato essere determinante nel guidare la transizione digitale promossa dalla pandemia, per impedire che il doveroso distanziamento sociale annientasse ogni tipo di relazione. Grazie alla digitalizzazione che ha visto un’accelerazione con la pandemia, si è spostato il quotidiano all’interno della realtà virtuale, senza tuttavia tramutare le persone in schiavi dell’occhio elettronico. Oggi, invece, lo sviluppo della digitalizzazione mostra tutte le sue implicazioni nel contesto di una guerra che non è solo fisica, ma anche cibernetica.

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Cyber war e social war

È da considerare, però, che la frontiera del digitale è apparsa fin dal principio più permeabile per i criminali informatici. Difatti, durante il lockdown, si è assistito a un aumento degli attacchi informatici perpetrati ai danni di enti pubblici, catene di approvvigionamento, reti sanitarie, secondo una tendenza ora amplificata a causa del conflitto russo-ucraino. La componente cibernetica della realtà mette in gioco anche i paesi che non partecipano direttamente alle ostilità. La guerra, pertanto, riguarda anche noi e impone una strategia di comune difesa. La protezione dei dati, quindi, assume una funzione prioritaria nella tutela dei singoli e degli stati.

Inoltre, la guerra non consiste solo in una cyber war, ma anche in una social war, nella misura in cui essa è combattuta attraverso una strategia di condizionamento dei consensi, realizzata attraverso l’uso (o per meglio dire, l’abuso) dei social media. In più, con la guerra si assiste anche alla c.d. autarchia informativa, attuata mediante la censura di contenuti e informazioni ritenuti ostili e attraverso una narrazione dei fatti che può risultare utile al raggiungimento dei propri obiettivi di discutibile liceità.

La sfida delle regole per l’intelligenza artificiale, i servizi e i mercati digitali

L’unione europea mira a governare tali tendenze, concentrando la spinta riformatrice sul digitale. Ad esempio, è attualmente in discussione la proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale che introdurrà misure per prevenire (e così evitare) che l’uso di meccanismi di IA possano arrecare un pregiudizio al singolo e alla collettività. Tale proposta di regolamento esprime l’esigenza di rimodulare il perimetro del tecnicamente possibile sulla base di ciò che è giuridicamente ed eticamente accettabile. La proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale è uno dei più importanti tasselli che compongono il mosaico della regolamentazione europea del digitale, nel cui ambito il GDPR svolge un ruolo fondamentale.

Parimenti importanti sono la legge sui servizi digitali (Digital Services Act) e la legge sui mercati digitali (Digital Markets Act), le quali hanno l’obiettivo di regolare il potere privato delle piattaforme digitali. Fondamentale soffermarsi sul fatto che il capitalismo delle piattaforme non è solo cognitivo, nel senso che non consiste nella mera raccolta di informazioni, ma anche delle affezioni. La privacy comportamentale, dunque, assume il ruolo di presupposto essenziale delle libertà.

Negli USA è molto acceso, alla luce dei recentissimi eventi, il dibattito sulla rimozione dai social media dei contenuti che pubblicizzano farmaci abortivi e ciò dimostra quanto sia essenziale la regolamentazione delle piattaforme in modo conforme alla democrazia. Le piattaforme digitali dovrebbero, infatti, assolvere a doveri di trasparenza e responsabilizzazione. Da qui deriva anche l’estensione dei poteri delle autorità di controllo, le quali si inseriscono pienamente nel disegno riformatore europeo di cui sono interpreti. Dette autorità hanno avuto l’onere di applicare la prima ed effettiva regolamentazione organica del digitale (l’attuale GDPR), presa da modello da vari paesi del mondo (da ultimo, la Cina).

Protezione dei dati e geopolitica

In generale, la protezione dei dati assurge a fattore determinante della geopolitica.

La centralità della data protection si riflette quindi sul ruolo del Garante per la protezione dei dati personali e sul suo coinvolgimento nella dinamica istituzionale. Non è un caso che nell’ultimo anno si sia registrato un incremento nella produzione di pareri, provvedimenti, audizioni parlamentari. La varietà dei contesti istituzionali in cui il contributo del Garante è chiesto, dimostra come si stia diffondendo l’esigenza di progettare le riforme secondo una prospettiva privacy oriented, allo scopo di promuovere innovazioni che siano realmente inclusive. Il coinvolgimento del Garante nelle diverse fasi del procedimento normativo ha consentito, ad esempio, alla disciplina del green pass di delineare un equilibrio ragionevole tra esigenze di pubblica sanità, riservatezza e autodeterminazione sulle scelte sanitarie.

Il contrasto al telemarketing illecito

È stato costruttivo il confronto tra Camere, Governo e Garante in tema di telemarketing illecito, il quale resta un fenomeno endemico, simbolo dell’ingerenza del mercato nella vita privata. Difatti, il radicamento delle dinamiche economiche derivanti dal telemarketing aggressivo esige una strategia di contrasto multilivello. Il Garante, quindi, incoraggia e sostiene attivamente il progetto di redazione di codici di condotta sul punto, i quali, promuovendo la responsabilizzazione dei titolari favorisca comportamenti virtuosi.

Per quanto riguarda il contesto fiscale, vi è una delega legislativa che, nel suo sviluppo, dovrà delineare un equilibrio tra esigenze di contrasto ai contenuti illeciti e riservatezza dei contribuenti.

Il PNRR alla prova della protezione dei dati

Ancora più rilevante il confronto tra Camere, Governo e Garante sul PNRR. È importante mantenere questo dialogo rispetto ai presupposti del trattamento in ambito pubblico. Il Garante è pronto a supportare le amministrazioni, nella consapevolezza che la protezione dei dati sia un fattore unificante a fronte della frammentazione che spesso ha caratterizzato il processo di digitalizzazione del nostro Paese. Per questo l’innovazione, quale obiettivo di riforma, va declinata in termini più complessi rispetto alla mera delega al digitale di funzioni pubbliche e private. Essa va intesa come progetto di sviluppo organico, in cui la tecnica è posta al servizio dell’uomo e non viceversa e che il progresso sia, in primis, un progresso nei diritti. Infatti, il richiamo alla resilienza nel PNRR indica la capacità europea di adattamento a congiunture avverse, senza mai porre una scelta forzata e definitiva tra sanità e diritti. Questa consapevolezza è il presupposto per riforme che sanciscono il reale progresso in termini di libertà e democrazia. La digitalizzazione deve, pertanto, procedere parallelamente ai principi di protezione dei dati, altrimenti il rischio è quello di replicare le disuguaglianze esistenti, con effetti regressivi in termini sociali. I rischi del digitale devono essere quindi minimizzati attraverso un controllo costante sui loro possibili effetti distorsivi.

Significativo è stato anche il confronto tra Camere, Governo e Garante sul tema dell’uso dei tabulati per fini giudiziari. A seguito di alcune sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, è emerso come la conservazione dei tabulati per finalità giudiziaria non debba mai essere generalizzata, ma mirata, in base a precisi criteri oggettivi e mai discriminatori.

Con riguardo, invece, alle attività del giornalismo, la raccolta di informazioni deve avvenire sempre nel rispetto del principio di essenzialità e senza mai determinare episodi di spettacolarizzazione del dolore, soprattutto se si tratta di soggetti particolarmente vulnerabili. Un eccesso informativo è infatti incompatibile con la tutela del diritto alla privacy.

Dunque, promuovere una cultura di protezione dei dati è una delle soluzioni più importanti per favorire comportamenti virtuosi da parte sia dei titolari che degli interessati.

Il Presidente Stanzione ha terminato la relazione annuale con un auspicio: quello di sapere sempre guardare negli occhi il destino del proprio tempo.

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