L'analisi

Se il GDPR invecchia: le conseguenze dei mancati interventi sul regolamento

Nonostante i cambiamenti globali degli ultimi due anni, la Commissione UE a maggio ha stabilito che fino al 2024 il GDPR vada bene così com’è: le imprese potrebbero risentire di alcuni problemi operativi e organizzativi

Pubblicato il 23 Dic 2020

Diego Fulco

Direttore Scientifico Istituto Italiano per la privacy e la valorizzazione dei dati

Linee Guida del Garante Privacy: è utile il legittimo interesse del titolare del trattamento

Il GDPR rischia con il passare del tempo di risultare anacronistico, con ricadute problematiche sulle aziende. In particolare, servirebbero maggiori indicazioni per le PMI relativamente agli obblighi di natura organizzativa difficilmente declinabili nel loro contesto. Eppure al suo primo riesame a maggio infatti, dopo due anni di cambiamenti globali su molti fronti, la Commissione UE ha deciso che fino al 2024 il regolamento dovrà andar bene così com’è.

Vediamo quali sono tutti gli aspetti critici su cui ci si sarebbe aspettati interventi differenti.

La mancata modifica dei tre istituti decisivi del GDPR

Il sistema europeo a protezione dei dati personali prevede due importanti verifiche periodiche su quanto il GDPR è efficace nella tutela dei diritti e delle libertà e su quanto è efficiente nei suoi ingranaggi applicativi. Queste verifiche sono affidate al Comitato UE e alla Commissione UE, le due istituzioni maggiormente coinvolte nell’amministrazione, nella manutenzione e nel completamento dell’edificio del GDPR. I primi prodotti di quest’attività di verifica, avutisi nei mesi scorsi, sono stati – con diversità di grado – deludenti.

Ci sono tre istituti del GDPR – decisivi perché interessano trasversalmente la totalità delle organizzazioni – su cui Titolari, Responsabili e DPO avrebbero tratto vantaggio da una “valutazione sull’applicazione pratica” dei pareri/linee guida ad oggi disponibili: il DPO, il data breach e la Valutazione d’impatto (DPIA). Su di essi, l’EDPB ha fornito le prime linee guida fra il 2016 e il 2018, prima di diventare EDPB, quando era ancora “Gruppo UE dei Garanti”, o “Working Party” (“WP”). Questi documenti sono oggetto di consultazione frequentissima da parte di tutte le organizzazioni, alla ricerca di risposte pratiche sul cosa fare e in che modo in tre situazioni che fanno scattare obblighi precisi. Per quanto approfonditi, essi sono stati redatti in una fase in cui il GDPR, non ancora applicato, non si era misurato con le imprevedibili varianti della realtà. Sarebbe stato utile leggere qualche riflessione sui problemi applicativi e sulla tenuta delle precedenti opinioni, e/o qualche anticipazione di merito o di metodo sugli aspetti che saranno affrontati nelle prossime edizioni, che stavolta saranno formalmente ascrivibili all’EDPB. Tuttavia, così non è stato.

La relazione dell’EDPB è stata presentata nel maggio del 2020, ma è riferita all’anno solare 2019, primo “esercizio” di applicazione del GDPR. Forse era inevitabile che l’EDPB non si sbilanciasse a dare una “valutazione sull’applicazione pratica” di pareri formalmente non suoi e anteriori al 2019; fatto sta che ha ritenuto di potere o di dovere parlare del suo lavoro nel 2019, non già di esprimere una pur parziale “valutazione sull’applicazione pratica” dei tre documenti del 2016-2018 dell’estinto WP. Anche se non stupisce, il taglio di questa prima relazione dell’EDPB delude un po’. Essa contiene una presentazione e illustrazione delle sue funzioni e della sua organizzazione (compresi i vari sottogruppi tematici istituiti al suo interno), dell’attività svolta (linee guida) e di quella programmata per l’anno 2020, nonché dell’attività svolta e delle sanzioni irrogate nel 2019 dalle singole Autorità. Appare probabile che nell’immediato futuro l’EDPB consolidi questo modello di relazione come report sull’attività svolta e sui programmi futuri, più che “valutazione sull’applicazione pratica delle linee guida”, mentre quest’ultima sarà svolta nelle singole linee guida, fra cui, appunto, le attesissime seconde edizioni dei pareri emessi dal WP nel 2016-2018.

A sua volta, come previsto dall’art. 97 del GDPR, nel giugno 2020 la Commissione UE ha effettuato una comunicazione al Parlamento UE e al Consiglio sui primi due anni di applicazione del GDPR. In base alla norma, la Commissione UE dovrà presentare analoga relazione nel 2024, e poi ancora ogni quattro anni. È vero che l’art. 97 prevede che i due argomenti essenziali con cui la Commissione deve misurarsi periodicamente sono legati alla dimensione internazionale del GDPR (trasferimento dei dati extra UE e coerenza nell’applicazione del GDPR all’interno della UE). Tuttavia, è anche vero che secondo la norma, la Commissione UE deve occuparsi “in particolare” di questi due argomenti, ma più in generale delle valutazioni e del riesame del GDPR. Anche qui, la formulazione usata dal GDPR lasciava sperare in un documento dallo stile e dal contenuto diversi da quelli che troviamo nella relazione prodotta.

I problemi non affrontati

Ad una prima lettura – fatta, forse, con l’occhio del cittadino, più che con quello dell’addetto ai lavori – colpisce il tono auto-celebrativo della relazione. Si leggono frasi come “nell’UE il quadro legislativo in materia di protezione dei dati e tutela della vita privata si è dimostrato uno strumento sufficientemente flessibile per consentire lo sviluppo di soluzioni pratiche (ad esempio APP di tracciamento), garantendo allo stesso tempo un livello elevato di protezione dei dati personali”. Al di là dei toni, i contenuti sembrano all’insegna di tre elementi:

  • convinzione di potere modellare la realtà (il mercato digitale, le relazioni commerciali internazionali, ecc.) secondo la propria visione,
  • la presa d’atto un po’ vaga di qualche problema applicativo;
  • il rinvio al futuro della presentazione di soluzioni.

La convinzione di poter modellare la realtà emerge ad esempio nell’idea che un vero e proprio “mercato unico dei dati” possa nascere e crescere non perché ne maturano le condizioni in termini di spazio e di pratiche di mercato nella competizione globale, ma perché le istituzioni europee lo vogliono, affiancandolo con dieci spazi comuni europei di dati settoriali pertinenti per la transizione, ecologica e digitale.

Troviamo una vaga consapevolezza dei problemi (“sono stati individuati anche diversi settori da migliorare in futuro”), ma anche un rinvio delle proposte di soluzione, giustificato dicendo che sarebbe presto per affrontarli (“la Commissione ritiene che sarebbe prematuro, in questa fase, trarre conclusioni definitive in merito all’applicazione del regolamento generale sulla protezione dei dati”) e che il tempo sarà galantuomo (“è probabile che la maggior parte delle questioni individuate dagli Stati membri e dalle parti interessate trarrà beneficio da una maggiore esperienza nell’applicazione del regolamento nei prossimi anni”).

Il caso della portabilità dei dati

Un esempio: è evidente a tutti che l’istituto della portabilità, fiore all’occhiello del GDPR, stenta a decollare? Nella dicitura eufemistica della Commissione UE, la portabilità ha solo un potenziale “non ancora pienamente utilizzato”. Come intervenire? Risposta: “mediante la progettazione di strumenti adeguati e di formati e interfacce standardizzati. Tale maggiore uso potrebbe essere conseguito, in particolare, mediante l’obbligo di installare interfacce tecniche e formati leggibili da un dispositivo automatico che consentano la portabilità dei dati in tempo reale”. Nulla di realmente diverso di quanto scritto dal WP nel suo parere del 2017 sull’argomento. Tuttavia, a distanza di tre anni, dopo l’apertura di tavoli tecnici, quali siano questi strumenti per accelerare l’interoperabilità e permettere la portabilità, la Commissione UE non lo dice.

I costi per le PMI

Ancora: c’è un problema di onerosità per le PMI del sistema di compliance introdotto dal GDPR? Sì, visto che “talune parti interessate hanno riferito che l’applicazione del regolamento generale sulla protezione dei dati è complessa, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI)”. Per ora, secondo la Commissione UE questa constatazione non è tale da giustificare a livello normativo esoneri o semplificazioni per le PMI. Infatti, “secondo l’approccio basato sul rischio, non sarebbe opportuno prevedere deroghe in base alle dimensioni degli operatori, poiché le loro dimensioni non costituiscono di per sé un’indicazione dei rischi che il trattamento dei dati personali che essi intraprendono possa comportare per le persone fisiche”.

Tocca alle Autorità di controllo, secondo la Commissione UE, facilitare le PMI nell’attuazione del GDPR; anzi, tali sforzi, già avvenuti, “dovrebbero essere intensificati e diffusi, preferibilmente nel contesto di un approccio europeo comune al fine di non creare ostacoli al mercato unico”. Sul come farlo, silenzio totale. In vista del 2024 (quando il GDPR compirà sei anni) la Commissione UE si riserva di “valutare se, alla luce di ulteriori esperienze e della giurisprudenza pertinente, potrebbe essere opportuno proporre modifiche future mirate a talune disposizioni […], in particolare per quanto riguarda i registri delle attività di trattamento da parte delle PMI per le quali il trattamento dei dati personali non costituisce l’attività principale”.

Le richieste a EDPB e autorità di controllo

Mentre la Commissione UE non ha dubbi – per sé stessa – nel ritenere che non è tempo per proporre al Parlamento UE e al Consiglio modifiche mirate al GDPR e che i problemi si risolveranno da soli, non riserva altrettanto cortese tempo di sedimentazione all’EDPB: “Le attività e gli orientamenti del comitato sono di fondamentale importanza […]. Le parti interessate accolgono in generale con favore gli orientamenti del comitato e ne richiedono ulteriori in merito a concetti chiave del regolamento generale sulla protezione dei dati, tuttavia rilevano anche incongruenze tra gli orientamenti nazionali e quelli del comitato. Sottolineano inoltre la necessità di una consulenza più pratica, in particolare di esempi maggiormente concreti”.

EDPB e Autorità di controllo sono invitati a “adottare ulteriori orientamenti pratici, di facile comprensione, e che forniscano risposte chiare nonché ad evitare ambiguità sulle questioni relative all’applicazione del regolamento generale sulla protezione dei dati, ad esempio in materia di trattamento di dati di minori e di diritti degli interessati, compreso l’esercizio del diritto di accesso e del diritto di cancellazione, consultando le parti interessate nel processo; riesaminare gli orientamenti qualora siano necessari ulteriori chiarimenti alla luce dell’esperienza e degli sviluppi, anche nella giurisprudenza della Corte di giustizia; sviluppare strumenti pratici, quali moduli armonizzati per le violazioni dei dati e registri semplificati delle attività di trattamento, in maniera da aiutare le PMI a basso rischio a soddisfare i propri obblighi”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Iniziative
Social
Analisi
Video
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 2