La famiglia, dice la Costituzione, è una “società naturale” caratterizzata da propri diritti e doveri, riconosciuti dall’ordinamento giuridico. Diritti e doveri che però l’avvento di Internet e delle nuove tecnologie stanno modificando: vediamo gli impatti della digital transformation nel panorama giuridico dei rapporti familiari e come il GDPR interviene a riguardo.
Appare in qualche modo un’ovvietà affermare la sussistenza del dovere, ricadente in capo ai genitori, di prendersi cura dei propri figli, fintanto che questi non saranno in grado di provvedere a loro stessi. Le certezze però diminuiscono, quando si tratta di definire l’estensione ed il contenuto del dovere di prendersi cura dei figli.
Genitori e figli, opposti diritti nell’era di Internet
Tra le ragioni di queste incertezze si deve sicuramente elencare il progressivo riconoscimento, tanto sociale quanto normativo, di alcune prerogative dei soggetti minori. Tornando con l’attenzione sulla Costituzione, a ben vedere, si nota fin da una prima lettura come la possibilità di un mutamento fosse già stata considerata. Difatti, la Carta fondamentale parla di “dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”, senza quindi delineare nello specifico questi compiti. Specificare ulteriormente questo diritto/dovere attiene al legislatore ordinario, il quale può agire di propria iniziativa, per il recepimento di una convenzione internazionale ovvero per l’adattamento di un provvedimento europeo.
Ciononostante, talvolta, non è sufficiente volgere lo sguardo alle disposizioni normative ma è necessario compiere un passo ulteriore attraverso un’attività interpretativa, finalizzata alla risoluzione dei contrasti che possano venire a crearsi a causa del citato rinnovamento normativo. È proprio la suddetta attività interpretativa l’oggetto di questo articolo, il quale si propone di risolvere i maggiori contrasti endo-familiari, nascenti da opposti diritti.
In particolare, ci si propone di chiarire come il genitore, o il responsabile legale, possa tutelare sé stesso ed il minore a lui affidato, rispettando il suo diritto alla riservatezza, specialmente nell’uso dei moderni strumenti informatici.
Preliminare ed indispensabile a tal fine risulta quindi un riepilogo di alcuni nozioni fondamentali di diritto.
Minori di 18 anni: quali diritti?
In primo luogo, occorre sottolineare che la piena capacità di agire viene acquista dai minori al compimento del diciottesimo anno di età. Si parla di capacità “piena” perché, in realtà, alcune norme derogatorie anticipano la possibilità di disporre direttamente di alcuni diritti. Ci si riferisce, ad esempio, ai diritti di immagine e di opera intellettuale, i quali sono già liberamente esercitabili dai minori che abbiano compiuto il sedicesimo anno d’età.
In altri termini, salvo i casi espressamente previsti dalla legge, i soggetti minori non possono vantare direttamente diritti, con la logica conseguenza di non poter compiere gli atti giuridici necessari per la loro acquisizione. La giovane età infatti, non consente di comprendere pienamente il significato dell’azione che si sta compiendo, quindi occorre impedire sul nascere la possibilità che loro possano compiere degli atti pregiudizievoli.
Ciò significa, invertendo il ragionamento, che i minori non possono essere soggetti passivi delle richieste altrui. Chiaramente, non occorre essere esperti di diritto per capire che questo sistema, così inteso, risulta troppo rigido e incapace di rispondere alle esigenze della società moderna, quali l’impossibilità di un controllo costante sulle attività dei minori e la certezza degli scambi economici. Una prima soluzione, ormai risalente nel tempo, è rappresentata dalla possibilità di considerare validi ed efficaci i contratti giustificativi delle operazioni cosiddette quotidiane, dove il consenso del responsabile legale del minore si intende implicito.
Potestà genitoriale, cosa cambia con Internet
Questa soluzione però palesa, con l’avvento della dematerializzazione delle relazioni, dei limiti intrinseci. Le moderne tecnologie infatti abbattono molte frontiere che da un lato consentivano ai responsabili legali di controllare i minori e ai minori di compiere azioni per loro pregiudizievoli.
I minori oggi, infatti, operando tramite strumenti informatici possono concludere una moltitudine di operazioni, prima difficilmente ipotizzabili e, per giunta, in ogni situazione di luogo e di tempo. Tali operazioni sono valide ed efficaci benché annullabili ai sensi dell’art. 1425 c.c. Per poter ottenere l’annullamento però, l’articolo seguente richiede che il minore non abbia posto in essere artifizi e raggiri al fine di occultare la propria età, che vadano oltre la semplice dichiarazione di possedere la maggiore età.
Artifizi e raggiri facilmente eseguibili da un lato e difficilmente valutabili come tali dall’interlocutore a causa della distanza che talvolta può sussistere dietro al mezzo tecnologico. Benché una condotta caratterizzata da artifici e raggiri possa essere percepita da un lettore non avvezzo al lessico giuridico come un qualcosa di eccessivamente severo e grave, incompatibile con l’agire di un soggetto minore e proprio, invece, di un soggetto il quale abbia volontariamente voluto trarre in inganno la controparte, bisogna sottolineare che in realtà, così non è.
L’incitamento all’odio esercitato da un minore
Occorre infatti tenere presente che anche uno scherzo, dettato dalla giovane età e dalla conseguente non comprensione delle implicazioni, se ben strutturato, può comportare il verificarsi dell’ipotesi su indicata. In particolare, occorre che le azioni del minore riescano a trarre in inganno un uomo mediamente avveduto.
È facile comprendere, quindi, che non si tratta di un’ipotesi così rara o che manifesti un particolare disvalore sociale proprio, ad esempio, delle condotte penalmente rilevanti. A ben vedere in ogni caso, non è possibile escludere nemmeno il compimento di condotte penalmente rilevanti.
A tal riguardo si pensi, solo a scopo esemplificativo e non esaustivo, ai casi di incitamento all’odio, istigazione al suicidio o, più semplicemente, ai casi di ingiuria e diffamazione (i quali, benché depenalizzati, mantengono una loro gravità e responsabilità). La responsabilità penale per i minori è esclusa fino al 14 anno di età, mentre viene diminuita se il minore ha più di 14. Come nel caso della responsabilità civile quindi a rispondere saranno i genitori o i responsabili legali.
Visti i presupposti di legge per il sorgere della responsabilità civile o penale in capo ai genitori è ora opportuno verificare in cosa consistono le sanzioni. Per quanto riguarda la responsabilità civile, nel caso in cui un minore procuri un danno, si applicherà l’art. 2048 del codice civile. L’articolo attribuisce le conseguenze del danno procurato ai genitori o al responsabile legale ma attribuisce loro una prova liberatoria, rappresentata dal fatto di non aver potuto impedire l’evento.
Fatti di rilevanza penale: ricadute sui genitori
Per quanto attiene invece ai fatti con rilevanza penale, la responsabilità dall’unione del singolo reato accaduto insieme al secondo comma dell’art. 40, il quale dispone che il non impedire un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo volontariamente. Per obbligo giuridico di impedire l’evento si intende che una persona, la quale è investita di una posizione di garanzia proprio per impedire che determinati fatti accadano, non pone in essere le azioni dovute e finalizzate ad impedire tali eventi. Posizione di garanzia che senz’altro è posseduta dai genitori relativamente alle azioni dei figli minori.
Senza addentrarsi troppo nella disciplina penalistica, per l’obbiettivo proprio di questo articolo è sufficiente sapere che il genitore sarà giudicato penalmente responsabile nel momento in cui si accerterà che non ha posto in essere le azioni opportune al fine di impedire l’evento a causa di una sua imprudenza, negligenza o imperizia.
Anche in questo caso bisogna porre attenzione a non liquidare la questione in maniera frettolosa, bollando tali ipotesi come residuali e macroscopiche. Bisogna sempre considerare infatti, che la terminologia del codice penale è quella propria dei primi anni del secolo scorso e quindi caratterizzata da un maggior formalismo e rigore.
Quanto controllo sull’utilizzo di tecnologie
Si ritiene infatti, ad esempio, che si possa incorrere anche in un caso di imprudenza quando si lasci utilizzare degli strumenti informatici al minore senza un adeguato controllo. Quando tale controllo manchi del tutto, invece, il comportamento da imprudente potrebbe addirittura diventare negligente.
Da ultimo, appare più difficile ipotizzare un caso di imperizia, verificabile, forse, nel caso limite in cui un genitore, pur considerando i pericoli della rete, non sia in grado di prevenirli e quindi di impedire l’evento lesivo.
Conclusa una breve disamina delle norme disciplinanti il diritto-dovere di cura e sorveglianza sui minori da parte dei responsabili legali, si può passare al diritto posto al contro-altare.
Il diritto del minore alla riservatezza
Il diritto alla riservatezza ha una storia molto più breve. Questo nel quotidiano, tramite una teorizzazione che doveva fornire uno strumento contro le sempre più comuni e facili ingerenze nella vita privata. In questa fase, caratterizzata da un mancato riconoscimento normativo, il diritto alla riservatezza veniva fondato sull’art. 2 della Costituzione.
La prima previsione espressa, seppur “primitiva”, la si ritrova nell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (la così detta “CEDU”) dove si afferma che: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”.
Dagli anni ’60 del secolo scorso, questo diritto ha ricevuto sempre maggiori attenzioni che hanno portato ad una sua prima forma di tutela con il D. Lgs. 196/2003, noto anche come codice sulla protezione dei dati personali, al quale ora si affianca il recente Regolamento europeo 679/2016. Segnatamente, oltre al citato articolo 8 della CEDU, di interesse per l’argomento in oggetto risulta essere l’art. 8 del predetto Regolamento. Si citano espressamente queste due norme in ragione del fatto che, più di altre, consentono di comprendere la sostanza ed i limiti dei diritti del minore, opposti al diritto-dovere di cura del responsabile legale.
Cominciando l’analisi dalla CEDU, si ricava che il minore ha diritto al rispetto della propria vita privata e della propria corrispondenza, dal momento che non viene fatta alcuna limitazione alla maggiore età della persona.
In altre parole, la riservatezza è un diritto dell’individuo il quale prescinde dall’età anagrafica del soggetto che lo detiene ed il cui mancato rispetto, salvo che non ricorrano specifici presupposti o casi di legge, determina il compimento di un’attività illecita. In particolare, specifica la convenzione, viene riconosciuto il diritto a mantenere segreta la corrispondenza.
Whatsapp e Facebook: il genitore può “sbirciare”?
Per attualizzare il discorso, il minore ha quindi il diritto di escludere chiunque dal conoscere il contenuto delle proprie conversazioni avvenute sulle applicazioni di messaggistica istantanea, sui social network, nonché, ovviamente sui mezzi più tradizionali quali e-mail e la corrispondenza cartacea.
Il Regolamento europeo del 2016, noto anche con l’acronimo “GDPR”, va anche oltre, attribuendo al minore non solo un diritto “in negativo”, lo ius escludendi alios (il diritto di escludere altri soggetti), ma gli riconosce anche la possibilità di disporre attivamente del proprio diritto in uno specifico settore, di non poco conto, quale i servizi offerti dalla società dell’informazione.
L’art.8 del GDPR consente al minore che abbia compiuto i 16 anni di età (limite riducibile dagli Stati membri dell’Unione europea fino all’età minima di 13 anni) di disporre liberamente dei propri dati personali (dai quali si possono ricavare numerose informazioni), per l’accesso ai servizi diretti della società dell’informazione.
Cosa debba intendersi per società dell’informazione lo chiarisce il considerando n. 38 dello stesso regolamento il quale parla di fini di marketing “o di creazione di profili di personalità o di utente e la raccolta di dati personali relativi ai minori all’atto dell’utilizzo di servizi forniti direttamente a un minore”.
Il diritto alla riservatezza del minore, tanto nella sua accezione in negativo, quanto in quella in positivo è quindi un aspetto che dev’essere tenuto in debita considerazione dai relativi responsabili legali nella propria opera educativa, da qui quindi la domanda: Come si può esercitare il diritto-dovere di educare il proprio figlio/a, evitando possibili conseguenze negative, senza ledere il suo diritto alla riservatezza?
Bilanciare gli opposti diritti
Come si è anticipato in apertura è necessario procedere ad un bilanciamento degli opposti diritti.
Questa difficile operazione si ritiene che debba essere condotta secondo i tre parametri seguenti:
- La compressione della riservatezza deve essere congrua rispetto al fine perseguito;
- La su detta compressione della riservatezza del minore deve essere proporzionata, ossia deve rappresentare il minor sacrificio possibile;
- il nocciolo duro del diritto sacrificato del minore deve essere, comunque, tutelato e l’operatività minima di tale diritto deve essere garantita.
Sfortunatamente non è possibile dare soluzioni omnicomprensive o adattabili in ogni situazione poiché, come si è visto, il genitore dimostrerà di aver agito correttamente e di non aver potuto evitare il fatto e questo dipende da numerose variabili del caso concreto.
La soluzione e quindi la risposta alla domanda su indicata dovrà, pertanto, essere trovata volta per volta nel rispetto dei parametri riportati ma si può in questa sede dare alcune indicazioni pratiche.
Genitori e figli: qualche consiglio (ma non troppi)
Per quanto attiene alla segretezza delle conversazioni effettuate tramite telefoni cellulari, il controllo è reso più agevole dal fatto che i minori non possono essere titolari di un’utenza telefonica e quindi, formalmente, il genitore è legittimato a verificarne il contenuto.
Per gli altri casi, ad esempio, relativi all’uso dei social-network, si potrebbe imporre la connessione solamente via cavo, così da poter stabilire almeno il luogo fisico dal quale il minore accede all’ambiente virtuale. Così facendo, scegliendo un luogo di passaggio all’interno della casa, sarà più facile monitorare anche solo con uno sguardo veloce le attività o l’atteggiamento del minore nei confronti del responsabile legale.
Questa è una misura che permette una compressione minima della riservatezza del minore e perfettamente congrua con il diritto del responsabile legale a provvedere alla sua educazione. Tali espedienti pratici però devono essere sempre accompagnati ad una attenta educazione, tanto sui principi fondanti il vivere sociale e civile, tanto sull’uso degli strumenti, specialmente nei primi anni del minore.
Il diritto alla riservatezza dovrà andare ad espandersi con l’aumentare dell’età, salvo elementi che giustifichino il protrarsi della sua compressione.
Ci si riferisce ad un timore fondato o ad evidenze fattuali circa la non ancora opportuna maturità del minore per affrontare da solo ed autonomamente determinate situazioni o attività.