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Google “salva” i cookie di terze parti: i vantaggi per PMI e privacy



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La decisione di Google di non eliminare i cookie di terze parti da Chrome è stata accolta positivamente. Questa scelta avvantaggia le PMI e tutela la privacy degli utenti, sfatando il mito che la lotta ai cookie sia l’unica via. Un’analisi dettagliata spiega i benefici e le implicazioni legali

Pubblicato il 29 lug 2024

Antonino Polimeni

Avvocato patrocinante in Cassazione e dinanzi alle Giurisdizioni Superiori, Polimeni.Legal



cybersecurity data protection

La recente decisione di Google di non eliminare i cookie di terze parti da Chrome è stata accolta positivamente da tutto l’ecosistema dei business online. Personalmente mi trovo d’accordo con questa prima impressione ed anzi credo che questa scelta di Google, oltre a rappresentare un vero e proprio toccasana per le piccole e medie imprese, può essere considerata anche una vittoria per la privacy degli utenti. Proprio quelli che si pensava di tutelare con la lotta ai cookie. Vediamo perché, nel dettaglio.

Privacy sandbox e impatti sulle PMI

In precedenza, avevo già espresso perplessità riguardo alla privacy sandbox, l’iniziativa di Google che avrebbe sostituito i cookie di terze parti con nuove API per la pubblicità e la misurazione. Tale cambiamento avrebbe potuto avere conseguenze negative per le PMI, rendendo più difficile e costoso per queste aziende raggiungere il loro pubblico target e causando danni significativi. Da una parte, infatti, mi sento di parlare di un aumento della complessità tecnologica, o comunque di un cambio radicale che richiederebbe l’adozione di tecnologie nuove e più avanzate per raccogliere dati e misurare l’efficacia delle campagne pubblicitarie, con un evidente impiego di risorse finanziarie per implementare e gestire dette tecnologie. Dall’altra, invece, e non ho alcun dubbio, la nuova tecnologia avrebbe diminuito sensibilmente la precisione del targeting.

Il ruolo dei cookie di terze parti

Oggi, i cookie di terze parti, infatti, consentono alle aziende di tracciare gli utenti attraverso diversi siti web, raccogliendo dati dettagliati sui loro comportamenti e interessi. Le nuove API della Privacy Sandbox avrebbero fornito dati meno granulari e meno precisi, rendendo più difficile identificare e raggiungere il pubblico target, con una sensibile riduzione dell’efficacia delle campagne pubblicitarie e un notevole aumento dei costi per ottenere gli stessi risultati. Capite quindi come, a trarre davvero vantaggio dai cookie di terze parti, sono le PMI. Senza cookie una piccola attività commerciale potrebbe non riuscire più a informare facilmente i residenti del quartiere sulle offerte, o un ristorante potrebbe non riuscire a raggiungere i turisti in città per promuovere eventi serali. Chi verrebbe realmente danneggiato dall’eliminazione dei cookie sarebbero le PMI, ancor prima che le grandi piattaforme. Le piccole aziende vivono di cookie, vivono di social.

I benefici dei cookie di terze parti per gli utenti

Ma come abbiamo detto, in realtà il blocco dei cookie a livello di browser (come fanno già i concorrenti di Chrome) sarebbe una pratica che lederebbe non solo le aziende ma anche i diritti degli utenti. Premettiamo un concetto importante: i cookie di terze parti sono spesso utilizzati per migliorare l’esperienza di navigazione, ad esempio attraverso pubblicità personalizzate che rispondono meglio agli interessi dell’utente come individuo. Personalmente, preferisco essere tracciato per trovare, semplicemente, delle alternative a ciò che ricerco online, che mi vengono proposte sotto forma di Adv. Spesso mi è capitato di acquistare lo stesso prodotto ricercato a prezzi minori o un prodotto alternativo e più performante, proprio grazie al tracciamento.

Conformità al Gdpr

Ciò premesso, i vantaggi degli utenti nell’utilizzo dei cookie non riguardano solo l’esperienza di navigazione, ma risiedono anche in questioni legali e di compliance con il GDPR. Secondo quest’ultimo, infatti, il consenso degli utenti deve essere specifico, informato e granulare. Offrire agli utenti una scelta unica tra “utilizzare” o “non utilizzare” i cookie per tutta la loro navigazione semplifica il processo decisionale, ma non consente di scegliere quali cookie accettare e quali rifiutare. Gli utenti potrebbero voler accettare i cookie di alcuni siti che trovano utili o affidabili e rifiutare quelli di altri, ma una scelta binaria non permette questa distinzione.

Le possibili violazioni al Digital Markets Act

C’è infine un altro punto che potrebbe essere considerato. Vi ricordate quando Apple ha annunciato che non non avrebbe introdotto alcune delle nuove funzionalità basate sull’intelligenza artificiale a causa di problemi legati all’interpretazione del Digital Markets Act, il nuovo Regolamento europeo? Ecco, anche Google Sandbox potenzialmente poteva trascinare con sé alcune issues legali relative al DMA. Infatti, la Privacy Sandbox avrebbe potuto favorire i servizi pubblicitari di Google a scapito dei suoi concorrenti, in violazione del predetto regolamento, che vieta esplicitamente le pratiche di self-preferencing. Ciò avrebbe consolidato ulteriormente il potere di Google nel mercato pubblicitario, aumentando la dipendenza degli utenti e degli editori dal browser Chrome.

Conclusioni

Visto quanto sopra, tutto sommato la decisione di Google di mantenere i cookie di terze parti rappresenta un passo nella giusta direzione. Tuttavia, è fondamentale riconoscere che i cookie non sempre sono una soluzione perfetta per la privacy. È necessario trovare un equilibrio tra la protezione della privacy degli utenti e la necessità delle aziende di raggiungere efficacemente il loro pubblico target.

È necessario un controllo costante delle autorità non solo sull’utilizzo corretto dei cookie ma anche e soprattutto sul modo in cui questi vengono comunicati all’utente, a partire dal cookie banner, troppo spesso non conforme a quanto previsto alla normativa e che induce l’utente ad accettare tutto, anche con tecniche di neuromarketing insopportabili se destinate a raggirare l’interessato.

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