Non c’è pace per le regole sul green pass al lavoro. Le critiche di tanti su modalità del controllo green pass dei lavoratori devono essere giunte all’orecchio del Governo che dal Decreto Capienze ha espunto del tutto la disposizione contenente il limite temporale per i controlli anticipati da parte dell’azienda.
Nella bozza del decreto c’era invece il termine di 48 ore: i datori di lavoro avrebbero potuto insomma chiedere ai dipendenti e collaboratori se questi avevano il green pass, con circa due giorni di anticipo rispetto al momento del controllo. Un termine pensato per agevolare l’organizzazione del lavoro da parte dell’azienda.
Stupisce che il Governo invece di introdurre una disciplina maggiormente flessibile (es. lasciando le 48 ore come caso “standard” estendibile in presenza di esigenze giustificate) o di fornire ulteriori indicazioni su altri aspetti abbia semplicemente tolto il termine, nella versione finale del DPCM pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14.10.2021.
La necessità di un controllo anticipato del green pass ai lavoratori
L’incursione del D.L. 139/2021 (c.d. “Decreto capienze”) nei controlli al Green Pass aveva creato non poco trambusto vista l’introduzione della possibilità di controllare con anticipo i lavoratori o, meglio, di chiedere loro di anticipare al datore la comunicazione circa il mancato possesso del Green Pass.
Per la precisione, l’articolo 9 octies del D.L. 139/2021 dispone che: “In caso di richiesta da parte del datore di lavoro, derivante da specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione del lavoro, i lavoratori sono tenuti a rendere le comunicazioni di cui al comma 6 dell’articolo 9-quinquies e al comma 6 dell’articolo 9-septies con un preavviso necessario a soddisfare le predette esigenze organizzative.”
Peccato che i datori di lavoro fossero lasciati a se stessi nel gestire questa complessa fase di acquisizione di dati sensibili dei dipendenti a pochi giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo di Green Pass nel mondo del lavoro.
La norma contenuta nella bozza del DPCM
Era sembrato quindi logico che nel DPCM 12.10.2021 che avrebbe disciplinato i controlli (incidendo sul DPCM 17.06.2021 che finora ha regolato l’attività di verifica delle certificazioni verdi senza modifiche sostanziali) avrebbe incluso una disposizione sui controlli anticipati, dando qualche informazione e indicazione in più ai datori di lavoro.
Ed infatti nella bozza del DPCM era inclusa una disposizione per cui i controlli anticipati potevano essere estesi al massimo alle 48 ore precedenti l’accesso.
La disciplina, pur verosimilmente ancorata alla durata di validità del tampone rapido, sembrava però inutilmente rigida e del tutto inefficace per molti settori, che necessitano di una programmazione più lunga (di fatto è ben pensabile che un lavoratore prenoti un tampone per il giorno precedente un impegno aziendale importante con un anticipo molto più esteso delle 48 ore di cui al decreto e che per il datore di lavoro sia essenziale confermare la presenza del dipendente con lo stesso anticipo).
Inoltre, il DPCM interveniva solamente su questo aspetto senza affrontarne altri invece altrettanto se non più importanti, come ad esempio l’individuazione di canali sicuri per la trasmissione di questi dati e l’indicazione di una durata di conservazione massima per questi dati (es. 24 ore dopo l’accesso salvo casi particolari, es. il lavoratore si presenta nonostante la comunicazione di assenza del Green Pass, nel qual caso al datore il dato occorrerà per un tempo più lungo per poter documentare e giustificare eventuali anomalie venutesi a creare nella gestione del rapporto lavorativo).
La scomparsa del limite di 48 ore e le sue conseguenze
Questo fatto non vuol certo dire che i datori di lavoro possano pretendere con qualsiasi anticipo e in maniera sistematica ai lavoratori di comunicare se sono sprovvisti di Green Pass.
Bisogna infatti tener conto di due cose:
- Parliamo pur sempre di dati relativi alla salute delle persone e quindi il loro trattamento deve essere ridotto al minimo indispensabile;
- Il fondamento che legittima il trattamento è la presenza di “specifiche esigenze organizzative” in capo al datore di lavoro.
Considerando questi due paletti i datori di lavoro potranno chiedere ai lavoratori di anticipare le comunicazioni sull’assenza di Green Pass (si badi bene, la norma non legittima una richiesta e/o raccolta dei Green Pass dei lavoratori, bensì solo una richiesta di comunicare se i lavoratori saranno sprovvisti di Green Pass dal 15 ottobre in avanti) con il minimo anticipo indispensabile per raggiungere le specifiche esigenze organizzative che legittimano tale controllo preventivo.
Bisogna valutare il preavviso minimo: come fare
È quindi opportuno che il datore di lavoro valuti, sia in linea generale che eventualmente con riferimento ad un singolo impegno aziendale (es. una fiera o una commessa specifica) qual è il preavviso minimo, sufficiente a garantire le esigenze aziendali, entro il quale è necessario conoscere se i lavoratori saranno sprovvisti di Green Pass.
Sarà inoltre opportuno:
– individuare dei canali di comunicazione sicuri per questo flusso di informazioni, magari confrontandosi con il D.P.O. ovvero con i consulenti privacy aziendali per individuare le modalità operative più rispettose;
– limitare al massimo il numero dei soggetti coinvolti nel trattamento di questi dati;
– predisporre istruzioni per la cancellazione dei dati raccolti non appena questi non sono più attuali e comunque al termine dell’emergenza (salvo situazioni eccezionali);
– informare i dipendenti interessati circa gli accorgimenti adottati e il trattamento dati cui saranno sottoposti.