salute mentale

I social sono il nostro diario pubblico e sta diventando sempre più intimo



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Mentre i confini tra pubblico e privato sono sempre più sfumati, i social media hanno ridefinito le modalità di interazione sociale, diventando una vetrina universale del nostro quotidiano. Questa intricata danza tra privacy ed esposizione porta con sé una serie di questioni complesse relative alla salute mentale, all’autorappresentazione e alle identità digitali

Pubblicato il 22 dic 2023

Ivan Ferrero

Psicologo delle nuove tecnologie



social influencer disturbi alimentari

Nel vasto panorama dell’era digitale di oggi i social media si sono intrecciati nel tessuto stesso della nostra vita quotidiana, diventando un diario pubblico che riflette i nostri momenti, pensieri ed esperienze più intimi.

Questa trasformazione del privato in pubblico ha creato un mondo virtuale in cui i confini tra il nostro sé reale e le nostre personalità digitali sono sempre più sfumati.

Social, salute mentale e benessere

Mentre ci muoviamo in questo panorama in continua evoluzione, è fondamentale riflettere sull’impatto dei social media sulla nostra salute mentale e sul nostro benessere: in che modo l’atto di pubblicare, condividere e interagire su varie piattaforme modella le nostre emozioni e percezioni?

Inoltre, è fondamentale esplorare il modo in cui le diverse piattaforme di social media coltivano norme e aspettative uniche della piattaforma stessa, influenzando di conseguenza il modo in cui ci presentiamo al mondo all’interno di essa.

Inoltre man mano che approfondiamo l’argomento ci ritroviamo nei modi intricati in cui genere, razza, classe e altre identità sociali svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare le nostre motivazioni per la pubblicazione e i relativi risultati.

Stiamo forse rafforzando gli stereotipi, oppure stiamo rompendo le loro barriere?

E ancora: i social media sono semplicemente uno strumento di autoespressione oppure sono diventati una tela per un nuovo genere artistico?

Vivere il momento, o vivere per postare

Nell’era digitale dove ogni scroll, ogni mi piace e ogni condivisione risuona nelle vaste sale dei social media, l’impatto di queste interazioni sulla nostra salute mentale e sul nostro benessere è una narrazione che merita uno sguardo più attento.

L’atto di postare sui social media, un gesto apparentemente semplice, è come lanciare un sasso in un lago, con increspature che si estendono ben oltre lo spruzzo iniziale.

In primo luogo il fascino della gratificazione immediata e della convalida attraverso Mi piace e commenti è innegabile.

Non citerò qui i soliti discorsi sulla dopamina e sugli effetti della gratificazione, perché le ricerche sono ancora contrastanti e, anzi, stanno viaggiando nella direzione opposta rispetto a ciò che ci prospetta una certa Stampa.

Tuttavia questa ricerca dell’approvazione digitale c’è, e può essere un’arma a doppio taglio.

Spesso porta a un confronto incessante con gli altri, alimentando sentimenti di inadeguatezza, ansia e un distorto senso di autostima.

Le realtà curate presentate su queste piattaforme raramente riflettono l’intero spettro dell’esperienza umana, lasciando molti utenti alle prese con l’effetto “highlight reel”.

Inoltre l’atto di curare e modificare costantemente la nostra vita per il consumo dei social media può portare a un fenomeno noto come “online persona fatigue”, espressione che ritroviamo in Italiano con la traduzione, ma ahimè imprecisa, di “fatica da Social Media”.

La pressione per mantenere una certa immagine o marchio online può essere estenuante e può disconnetterci dal nostro sé autentico… ma solo in determinate circostanze, come dicono le ricerche.

Questo solleva la domanda: stiamo vivendo il momento o stiamo vivendo per un post?

D’altro canto, i social media possono anche essere un canale per connessioni sociali positive, offrendo piattaforme per la costruzione, il supporto e l’empowerment della comunità.

Per molti, è uno spazio in cui le voci, spesso emarginate nel discorso mainstream, trovano forza e risonanza.

Inoltre, può essere un potente strumento per l’espressione di sé, la creatività e persino la difesa della salute mentale.

Tuttavia è fondamentale riconoscere l’impatto dell’effetto “echo chamber”, in cui gli algoritmi adattano i contenuti alle nostre preferenze, limitando potenzialmente la nostra esposizione a prospettive diverse e intrappolandoci in un circolo vizioso di rafforzamento di convinzioni e opinioni.

Ciò può portare alla polarizzazione e a una visione del mondo ristretta, influenzando il nostro benessere mentale in modi sottili ma profondi.

Possiamo quindi notare come la relazione tra i social media e la nostra salute mentale è complessa e sfaccettata, per cui ci è impossibile trovare una risposta breve e definitiva alle domande qui presentate.

Però possiamo rimanere in ciò che è più importante: la riflessione e il dialogo tra le differenti sfaccettature del fenomeno.

È una danza di luce e ombra, dove i passi che facciamo possono condurci verso un percorso di scoperta di sé e connessione oppure verso un labirinto di insicurezza e isolamento.

La chiave sta nell’impegno consapevole e nello sforzo consapevole di bilanciare la nostra presenza online con le nostre realtà offline.

Come li social creano la nostra cultura della pubblicazione

Il panorama dei social media è un ecosistema vasto e diversificato, in cui ogni piattaforma modella ed è modellata dalle norme e dalle aspettative dei suoi utenti.

Comprendere come queste piattaforme influenzano il nostro comportamento di pubblicazione offre informazioni sulle dinamiche più ampie della comunicazione digitale.

Facebook

Facebook, una delle principali piattaforme social al giorno d’oggi, è spesso vista come un luogo di ritrovo digitale per amici e familiari.

Il suo ambiente promuove un senso di comunità, incoraggiando la condivisione di aggiornamenti personali, traguardi della vita e momenti quotidiani.

L’aspettativa qui tende all’autenticità e alla connettività, con una sottile tendenza sotterranea a mantenere un’immagine positiva e socialmente accettabile.

Instagram

Instagram, con il suo formato guidato dalla grafica, coltiva una cultura di eccellenza estetica e a contenuto ispirazionale.

È un palcoscenico per vite curate, dove le norme ruotano attorno a fotografie e video visivamente accattivanti, stabilendo aspettative per contenuti di alta qualità e di tendenza, spesso confondendo i confini tra condivisione personale e contenuti di branding.

Twitter (X)

Twitter (questo è il nome con cui questa piattaforma si è stabilita nel profondo del mio cuore) funge da hub frenetico per notizie, opinioni e discussioni.

Qui la norma è essere concisi, tempestivi e spesso spiritosi. Twitter è diventata una piattaforma per aggiornamenti e commenti in tempo reale, che influenza gli utenti a pubblicare contenuti attuali, coinvolgenti e spesso in linea con hashtag di tendenza o eventi attuali.

Uno stream of consciousness che si concretizza in digitale.

LinkedIn

LinkedIn, la rete professionale per eccellenza, enfatizza i contenuti relativi alla carriera e ai risultati professionali.

Le aspettative qui sono chiare: mantenere un comportamento professionale, condividere approfondimenti sul settore e fare rete con altri professionisti.

Riguarda meno la vita personale e più la leadership di pensiero e lo sviluppo della carriera…o comunque ciò che noi vogliamo proiettare di questi elementi.

TikTok

TikTok, il nuovo grande protagonista nel settore, il grande intruso proveniente dalla Cina, ha rivoluzionato i social media con i suoi contenuti video in formato breve.

Incoraggia la creatività, la spontaneità e l’autenticità.

La norma qui è essere divertente, coinvolgente e originale.

TikTok ha dato origine a una nuova ondata di creatori di contenuti che sfruttano l’algoritmo unico della piattaforma per ottenere fama virale.

Ognuna di queste piattaforme, con le sue norme e aspettative distinte, modella il modo in cui ci presentiamo online.

Influenzano non solo ciò che pubblichiamo, ma il modo in cui percepiamo il mondo e interagiamo con esso, in un mondo in cui i media modellano il messaggio.

Identità sociale e interazioni online: il ruolo di genere, razza e classe

L’influenza di genere, razza, classe e altre identità sociali sulle motivazioni e sui risultati della pubblicazione sui social media è un aspetto sfaccettato che fa luce sull’intersezionalità della vita digitale.

Queste identità non influenzano solo ciò che pubblichiamo, ma anche il modo in cui i nostri post vengono ricevuti e interpretati dagli altri, modellando così profondamente le nostre esperienze digitali.

Il ruolo del genere

Il genere gioca un ruolo significativo nell’interazione sui social media. La ricerca ha dimostrato che le donne presentano una maggiore tendenza di utilizzare i social media per mantenere relazioni ed espressione emotiva, mentre gli uomini spesso li usano per informazioni e networking.

Le donne devono affrontare anche sfide uniche, tra cui tassi più elevati di molestie online e pressioni per conformarsi a determinati standard di bellezza, in particolare su piattaforme orientate al visual come Instagram.

L’influenza di razza ed etnia

Anche razza ed etnia influenzano notevolmente le esperienze sui social media. Persone di diversa origine razziale ed etnica utilizzano queste piattaforme per celebrare la propria cultura, connettersi con individui simili e aumentare la consapevolezza sulle questioni che riguardano le loro comunità.

Tuttavia possono anche subire stereotipi e discriminazioni razziali.

Classe e status socioeconomico

Classe e status socioeconomico possono determinare l’accesso alle risorse digitali, influenzando la qualità e la frequenza dell’impegno sui social media.

Le persone provenienti da contesti socioeconomici più elevati potrebbero avere un migliore accesso alla tecnologia e quindi maggiori opportunità di creare e mantenere una presenza online raffinata.

Questa disparità è il cosiddetto Digital Divide, un elemento di discriminazione e segregazione 2.0, in cui le voci provenienti da contesti socioeconomici inferiori sono sottorappresentate proprio perché, semplicemente, meno presenti.

Del resto dobbiamo ricordarci che il Web come lo conosciamo oggi è nato bianco. La situazione sta mutando, ma ancora lentamente.

Anche altre identità sociali, tra cui l’orientamento sessuale, la disabilità e l’età, modellano le esperienze sui social media.

Le persone LGBTQ+, ad esempio, potrebbero utilizzare queste piattaforme come spazi sicuri per esprimersi e costruire comunità, ma subiscono anche molestie mirate.

Allo stesso modo le persone con disabilità possono utilizzare i social media per sostenere l’accessibilità e l’inclusione, ma spesso devono affrontare l’abilismo.

Le identità sociali hanno un impatto significativo sulle motivazioni alla base dell’uso dei social media e sui risultati delle nostre interazioni online. Queste piattaforme possono potenziare gli spazi per l’espressione personale e la costruzione di comunità, ma possono anche perpetuare stereotipi e disuguaglianze.

Riconoscere queste dinamiche è essenziale per promuovere comunità online più inclusive e rispettose.

La danza tra privacy ed esposizione nell’era dei social media

Detto questo, ora possiamo capire come i confini, un tempo chiari, tra la sfera pubblica e quella privata siano continuamente sfumati e ridefiniti.

Questo panorama in continua evoluzione sfida le nostre nozioni tradizionali di Privacy e esposizione pubblica, creando una danza eterna tra ciò che scegliamo di condividere e ciò che desideriamo mantenere nascosto.

Siamo di fronte ad un nuovo concetto di Privacy: da ciò che gli altri non possono sapere di me, a ciò che sono autorizzati a sapere.

E le nuove generazioni conoscono benissimo la seconda, e la mettono in pratica quotidianamente, mentre noi adulti, ancorati al vecchio concetto, non capiamo e critichiamo.

I social media, per loro stessa natura (e un saggio e sapiente utilizzo della User Experience), ci incoraggiano a condividere frammenti della nostra vita, spesso personali e intimi, con un pubblico il più ampio possibile: facciamo di tutto affinché il maggior numero di persone possibile conosca fatti della nostra Vita che fino a pochi decenni fa tenevamo blindati dentro le nostre mura.

Questa condivisione costante sfuma il confine tra vita privata e vita pubblica, rendendo sempre più difficile distinguere tra un momento destinato alla riflessione personale e uno di consumo pubblico.

È un mondo in cui i pensieri privati diventano hashtag e i traguardi personali vengono condivisi in tempo reale con amici e sconosciuti.

Tuttavia, questo cambiamento non riguarda solo ciò che pubblichiamo: riguarda anche il modo in cui queste piattaforme, con i loro algoritmi e politiche sui dati, gestiscono le nostre informazioni.

Ogni mi piace, condivisione e ricerca sono dati che alimentano una narrazione più ampia di noi, che spesso va oltre il nostro controllo.

Ciò solleva domande critiche sulla privacy dei dati, sulla proprietà e su come le nostre attività online potrebbero essere monitorate o mercificate senza la nostra piena comprensione o consenso.

L’influenza dei social media sulla nostra percezione della Privacy quindi è molto più profonda di quello che pensiamo.

Per alcuni queste piattaforme sono diventate un paradiso per l’espressione personale, dove condividere lotte o risultati personali è responsabilizzante e catartico.

Per altri la pressione per mantenere una certa immagine o stile di vita, spesso mascherata da filtri e modifiche, crea una facciata che offusca l’autenticità della loro vita privata.

Questa dinamica si estende anche al modo in cui noi percepiamo gli altri. La costante esposizione alla vita di amici, familiari e persino celebrità favorisce un senso di accessibilità e familiarità che potrebbe non essere in linea con i confini della vita reale.

Coltiva una cultura in cui il confine tra l’essere uno spettatore e un intruso nella vita di qualcuno diventa sottile, fino a raggiungere casi estremi e molto pericolosi.

In questa danza di Vita condivisa e Vita trattenuta siamo costretti a chiederci: stiamo perdendo l’essenza di cosa significhi avere una vita privata nel nostro tentativo di rimanere connessi e rilevanti sui social media?

Una domanda che è destinata e rimanere, sfidandoci a riflettere sulla natura in evoluzione della Privacy nell’era digitale, e con essa anche il concetto stesso della Natura Umana.

L’eterno enigma dei social come diario pubblico intimo

Mentre alziamo il sipario sulla nostra esplorazione dei social media come diario pubblico, sempre più intimo, diventa evidente che queste piattaforme sono più che semplici strumenti di comunicazione.

Sono specchi che riflettono la nostra complessa psiche umana, modellando e rimodellando la nostra percezione di sé e della società.

L’intricata interazione tra salute mentale, norme sociali, politiche identitarie e i confini confusi tra ambito pubblico e privato sulle piattaforme di social media rivela una realtà digitale multiforme di cui tutti facciamo parte.

La diversità di esperienze ed espressioni attraverso queste piattaforme sottolinea il potere di trasformazione dei social media nelle nostre vite.

Ci sfida a ripensare l’essenza stessa della Privacy, le dinamiche dell’espressione personale e l’influenza dei personaggi digitali sulle nostre interazioni nella vita reale.

Come artisti, pensatori e narratori in questa era digitale, dobbiamo continuamente mettere in discussione e ridefinire il ruolo dei social media nelle nostre vite.

E a questo punto ci rimane un pensiero: siamo noi gli autori dei nostri diari digitali oppure siamo diventati personaggi di una narrazione creata dalle stesse piattaforme che utilizziamo?

Questa domanda persiste, spingendoci a riflettere sul nostro viaggio attraverso il panorama in continua evoluzione dei social media.

Bibliografia e sitografia

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