L’Open Technology Fund rappresenta oggi il principale finanziatore di tecnologie open source per la protezione della privacy digitale nel mondo. Con un budget di appena 40 milioni di dollari annui, questo ente supporta progetti cruciali come Signal, TOR e F-Droid, utilizzati quotidianamente da oltre 2 miliardi di persone. La recente offensiva dell’amministrazione Trump contro questa istituzione minaccia seriamente il futuro della privacy online.
Indice degli argomenti
L’attacco di Trump alle istituzioni basate sulla conoscenza
Prima di entrare nel merito della stretta attualità, ricordiamo gli insegnamenti del professor Lucio Russo che oltre ad avere insegnato Fisica all’università è uno dei più acuti studiosi di storia della scienza antica. In molte delle sue pubblicazioni, tra cui è opportuno citare almeno l’affascinante “La rivoluzione dimenticata”, Russo ci spiega infatti che il collasso della scienza antica non è realmente avvenuto alla fine del cosiddetto Impero Romano d’Occidente, quanto piuttosto nel momento in cui la Roma repubblicana, uscita vincitrice dalle guerre puniche, estese la propria influenza di fatto sull’Egitto dei Tolomei, che pure sarebbe rimasto ancora formalmente indipendente da Roma almeno per un altro secolo.
Correttivo Codice Appalti, cosa cambia per il 2025: tutti le novità in questo White Paper
Le lotte tra i membri della famiglia reale, già di loro piuttosto sanguinose, vennero acuite dallo “sharp power” e dall’hard power romano e portarono all’imposizione di un nuovo faraone, poco interessato allo sviluppo culturale del proprio regno e molto soggetto all’influenza dell’Urbe: Tolomeo VIII, autonominatosi Euergete (ossia benefattore) ma chiamato più prosaicamente dai sudditi il grassone o il malfattore.
Con il suo insediamento si concretizzò il peggiore incubo di ogni ricercatore e di ogni scienziato: il più eccezionale centro di ricerca dell’umanità, ossia il Museo di Alessandria, il tempio delle Muse con l’annessa Biblioteca, vide interrompersi la successione accademica dei suoi “direttori“, fino ad allora tutti intellettuali di altissimo profilo e di provenienze disciplinari eterogenee (filologi, geografi, astronomi), e dovette subire la nomina a direttore del Museo del capo della guardia reale. Nominare un militare a capo di un centro di ricerca fu una scelta deliberata che ebbe gravi conseguenze sulla storia umana.
Da quel momento infatti, la cultura, la scienza e la tecnologia ellenistica subirono un vero e proprio tracollo, con la brusca e completa interruzione della produzione scientifica di alto livello, la perdita conconoscenze inclusa l’incapacità di comprendere i complessi testi scientifici precedenti e un declino cui non sarebbero ormai riusciti a porre rimedio neanche quei provvidenziali ma insufficienti tentativi di recupero della sapienza scientifica, letteraria e filosofica antica (primo tra tutti quello che Cicerone iniziò a Siracusa), grazie ai quali ci restano ancora tracce della produzione ellenistica.
La distruzione deliberata e sadica con cui la presidenza Trump sta devastando alcuni centri di “potere basato sulla conoscenza” ricorda davvero da vicino la spregiudicatezza con cui i “ricercatori” del Museo di Alessandria vennero ostacolati e perseguitati forse proprio in quanto scienziati, in un momento in cui la politica della spregiudicatezza e della forza bruta stava gelosamente pretendendo per sé l’esclusiva attenzione da parte del potere politico.
Il decreto presidenziale di Trump colpisce sette agenzie federali
Tutti noi sappiamo dell’ormai famoso “ordine esecutivo”, il decreto presidenziale sull’abolizione dei principi “DEI”, a causa del quale la NASA, che è il centro scientifico più importante degli USA, ha chiuso diversi uffici. Tra questi l’Office of Technology, Policy and Strategy, così come l’Office of the Chief Scientist e la Diversity, Equity, Inclusion (DEI) and Accessibility Branch dell’Office of Diversity, Equity and Inclusion.
Ma il 14 marzo il presidente Donald J. Trump ha firmato un altro “ordine esecutivo” che prosegue la riduzione della burocrazia federale: si tratta di un decreto che si intitola “Continuing the Reduction of the Federal Bureaucracy” (il “Continuing” è un riferimento al precendente ordine del 19 febbraio intitolato “Commencing the Reduction of the Federal Bureaucracy” che cercava di demolire le agenzie più in odore di progressismo).
Le agenzie oggetto dell’ordine esecutivo sono la Federal Mediation and Conciliation Service, la United States Agency for Global Media, la Woodrow Wilson International Center for Scholars in the Smithsonian Institution, la Institute of Museum and Library Services, la United States Interagency Council on Homelessness, la Community Development Financial Institutions Fund e la Minority Business Development Agency) e sono tutte orientate alla promozione del diritto alla conoscenza, sia in termini di istruzione (scuola), conservazione (musei) e diffusione (media), sia in termini di accesso (strumenti per aggirare la censura): la US Agency for Global Media (USAGM), per esempio, finanzia e supervisiona, emittenti televisive globali come Voice of America (VOA), Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) e Radio Free Asia (RFA) e a sua volta, Radio Free Asia finanzia direttamente la Open Technology Fund che finanzia direttamente progetti come Signal, F-Droid e, soprattutto TOR Project e contribuisce attraverso i propri audit indipendenti a progetti come Commotion Wireless, Cryptocat, GlobaLeaks, MediaWiki, Nitrokey, OpenPGP.js, Ricochet e TextSecure.
L’attacco alla USAGM non è una novità estemporanea del secondo mandato Trump, ma affonda le radici già nel primo mandato. Il “massacro del mercoledì sera” è infatti il nomignolo con cui un anonimo funzionario intervistato dalla CNN definì il licenziamento avvenuto la sera del 17 giugno 2020 dei responsabili di Middle East Broadcasting, Radio Free Asia, Radio Free Europe/Radio Liberty e, ovviamente, dell’Open Technology Fund.
Le decisioni dell’amministrazione Trump e l’Open Technology Fund
Questa volta comunque la reazione da parte delle organizzazioni finanziate non si è limitata al lancio di appelli alla politica, ma si è espressa attraverso una vera controffensiva giudiziaria, con diversi ricorsi legali da parte dei beneficiari dell’USAGM: il 18 marzo, Radio Free Europe/Radio Liberty ha citato in giudizio USAGM presso la Corte distrettuale degli USA per il distretto di Columbia, il 25 marzo , il giudice Royce Lamberth ha accolto la richiesta di Radio Free Europe/Radio Liberty di un ordine restrittivo temporaneo che impedisse a USAGM di interrompere i finanziamenti, il 20 marzo, l’OTF ha intentato una causa simile e infine il 27 marzo anche Radio Free Asia ha intentato lo stesso tipo di causa contro USAGM.
Le battaglie legali per salvare l’OTF
A questo punto (secondo quanto trapelato), l’USAGM avrebbe infine revocato le disposizioni del 15 marzo che terminavano le sovvenzioni per Radio Free Europe/Radio Liberty e l’Open Technology Fund.
Sebbene l’offensiva trumpiana verso le realtà che promuovono la conoscenza possa dispiegarsi attraverso meccanismi illegittimi che possono essere oggetto di ricorso e che possono essere addirittura ribaltati dal giudice, è evidente che nessuna di queste battaglie è a somma zero: anche nel caso migliore, quello del ripristino di quelle raltà colpite dalla scure trumpiana, le macerie da rimuovere saranno tante ed è evidente che i soggetti finanziati non potranno svolgere serenamente il proprio lavoro, sapendo che potrebbero trovarsi nuovamente in una posizione di precarietà, data la loro debolezza rispetto ai soggetti finanziatori.
I costi e i benefici dell’Open Technology Fund
Se questo atteggiamento determinerà sicuramente un danno per molti degli abitanti di quei paesi del mondo più soggetti alla sorveglianza, dobbiamo tuttavia anche chiederci se danneggerà anche gli USA e se questo danno compenserà i vantaggi dati dal contenimento della spesa federale.
Trump fa bene a togliare il sostegno federale a quei progetti?
Sarebbe utile porsi qualche domanda: questi tagli alle spese, tagli che spesso diventano anche metaforici tagli alle teste dei direttori e dei dipendenti di queste realtà, a cosa servono? Determinano un vantaggio per gli USA, oppure costituiscono davvero un impoverimento culturale, come viene lamentato da chi si oppone ai tagli? Sono il segno di una corretta focalizzazione delle strategie USA, oppure costituiscono una regressione strategica nel soft power “occidentale”, come sostengono alcuni analisti politici? E, soprattutto, se il governo USA cambiasse idea, quanto costerebbe ripristinare il valore aggiunto offerto da queste organizzazioni?
Sono domande complesse, che prevedono risposte articolate e non facilmente verificabili, ma parafrasando la risposta di Quèlo-Guzzanti alle domande esistenziali («La domanda è mal posta, forse te volevi chiedere: “Maestro, che ore sono?”»), potremmo limitarci a una domanda più semplice: “quanto costa OTF agli USA?“
Se prendiamo l’OTF, ossia la realtà che oggi esercita la più grande influenza globale sulla tecnologia della privacy, possiamo verificare che i suoi finanziamenti, ricevuti per la quasi totalità dal governo USA tramite la USAGM, ammontano a poco più di 40 milioni di dollari l’anno, che si esprimono in un impressionante bouquet di progetti finanziati che può essere consultato a questo link.
OTF sostiene tutte le tecnologie oggi utilizzate per la libertà di Internet attraverso finanziamenti a fondo perduto, supporto tecnologico diretto, borse di studio, networking e interventi di emergenza; l’attività va a tutto vantaggio di giornalisti e cittadini che vogliono accedere in modo sicuro a Internet senza censura, ma l’impatto va ben oltre: infatti più di 2 miliardi di persone utilizzano quotidianamente la tecnologia supportata da OTF e oltre due terzi di tutti gli utenti mobile a livello globale hanno sul proprio dispositivo tecnologie che sono state sviluppate grazie al sostegno di OTF.
Stiamo parlando perciò di 40 milioni di dollari che impattano su 2 miliardi di utenti, in pratica, con un fatturato paragonabile a quella che è un’impresa tecnologica italiana medio grande (le prime 150 imprese tech italiane fatturano tutte più di quella cifra), si ottiene un bacino di utenza paragonabile a quello di Instagram e due volte quello di TikTok!
Sembra pertanto che, per gli USA, la spesa specifica per finanziare OTF sia alquanto modesta, a fronte di una platea molto ampia di utenti; possibile che le esternalità positive derivanti non giustifichino una tale spesa?
È perciò evidente che siamo in presenza di una scelta puramente ideologica.
L’Europa può intervenire a supporto dell’Open Technology Fund?
Quando un’azienda ritiene che una delle sue divisioni non offra più marginalità all’altezza di quelle del proprio bilancio o non sia più allineata alla strategia aziendale, può agire in due modi: demolirla attraverso una sospensione delle attività commerciali e una politica di licenziamenti mirati; cedere il ramo di azienda ad altri operatori già attivi nel settore specifico di quell’attività o interessati a entrarvi.
In quel frangente, mentre l’azienda che dismette sta valutando tra le due alternative, ci sono altre aziende che potrebbero valutare di assumere direttamente i dipendenti della divisione in possesso di rilevanti competenze tecniche o commerciali e di tentare di impadronirsi di quella quota di mercato. Certo qui non siamo in presenza dell’acquisizione di personale produttivo, ma di una risposta strategica per compensare un sostegno venuto meno da parte degli USA.
Eppure, se riusciamo a cogliere l’analogia tra la ritirata strategica degli USA dalla difesa europea e la sospensione dei finanziamenti di OTF, possiamo vedere che si tratta di uno scenario non troppo diverso da quello che ha determinato l’avvio del piano ReArm Europe (poi rinominato in Readiness 2030), un piano da 800 miliardi in cinque anni, di cui 150 miliardi erogati dirttamente dal SAFE (Security Action for Europe) che fa direttamente capo all’Unione Europea: è chiaro che stiamo parlando di ordini di grandezza enormemente differenti e anche solo gli interessi sul finanziamento dei 150 miliardi sarebbero di gran lunga più grandi rispetto all’importo complessivo dei finanziamenti erogati da OTF!
In uno scenario simile, potrebbe l’Unione Europea sostituirsi oggi agli USA nel sostegno dei progetti finanziati da OTF? La sensazione è che se non lo stesso SAFE, il fondo Next Generation Internet, con qualche accorgimento, potrebbe tranquillamente svolgere quel ruolo. Questo potrebbe cambiare in meglio lo scenario globale, dal momento che i finanziamenti europei, sebbene minori, sono generalmente contraddistinti da una continuità maggiore e anche se non meno soggetti alle convinzioni ideologiche dei vertici europei.
Il rischio di vedere cessare l’esistenza di progetti fondamentali per la sicurezza delle comunicazioni sicure come TOR Project o per la sussistenza di ecosistemi open source di app mobile come F-Droid, sarebbe anche solo per i cittadini europei di gran lunga maggiore rispetto ai rischi per le possibilità di scelta.
Una nuova Dunkerque culturale
Un messaggio del genere avrebbe inoltre un impatto comunicativo molto forte: se l’Europa avrà il coraggio di procedere a questa sorta di Dunkerque culturale per salvare quelle truppe che possono salvare la società dalla tecnosorveglianza, allora l’Europa si potrà affermare non più solo come un faro di civiltà per i cittadini europei, ma come un’oasi in cui le stesse élites informatiche statunitensi dell’accademia e dei centri di ricerca potrebbero continuare a perseguire la libera ricerca e il progresso tecnologico finalizzati alla libera conoscenza. E, in futuro -chissà- divenire un soggetto attrattivo per quel capitale umano di alto profilo culturale e tecnico che, sempre più, vive con imbarazzo la tenuta precaria del sistema democratico statunitense.
Questo non è più il tempo degli appelli agli USA e delle petizioni al re d’oltreoceano, come avvenne nel 2020, ma è diventato necessario agire dirttamente. Ora bisogna solo capire se disponiamo di una classe dirigente europea abbastanza lungimirante o se non è il caso di darsi da fare rapidamente e democraticamente per insediarne una nuova che si dimostri all’altezza dei tempi così interessanti in cui sono incastonati il nostro presente e, soprattutto, il nostro futuro.
PA: Guida pratica alla transizione al cloud per i servizi SaaS