sorveglianza e censura

Il grande occhio della Russia sulla rete: così Putin attua la sua repressione digitale

Un corposo insieme di documenti descrive in dettaglio il funzionamento del sistema di sorveglianza e censura che il Cremlino usa per trovare e rintracciare oppositori, reprimere il dissenso e le informazioni indipendenti anche nelle zone più lontane del paese. In un clima “orwelliano” di sorveglianza totalizzante

Pubblicato il 28 Ott 2022

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

russia

Il Cremlino sarebbe in grado di monitorare e bloccare i contenuti veicolati online grazie a sofisticati sistemi di sorveglianza e censura implementati per identificare gli oppositori, reprimere il dissenso e rimuovere qualunque fonte informativa considerata non affidabile ove non allineata alla narrazione governativa.

Il rilevante impatto della repressione digitale russa emerge da un corposo insieme di documenti venuti a galla (nell’ambito di un’interessante attività di attivismo digitale a cura dell’organizzazione Distributed Denial of Secrets – “DDoSecrets”), a seguito di una consistente consultazione di informazioni che ha consentito l’estrapolazione di centinaia di migliaia di file raccolti e archiviati dall’autorità regolatoria Roskomnadzor come fattori di “destabilizzazione” della società.

Internet Censorship in Russia | Roskomnadzor

Internet Censorship in Russia | Roskomnadzor

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Alla luce di tale ingente mole di evidenze disponibili sembrerebbe così possibile comprendere il funzionamento tecnico del poderoso apparato di spionaggio interno predisposto dalle istituzioni russe nell’ambito di una generale strategia di sovranità tecnologica volta a diffondere, tra l’altro, anche campagne di disinformazione, oltre a “infettare” le piattaforme (estere e domestiche) ritenute ostili mediante l’installazione di insidiosi virusmalware abilitati alla distruzione permanente dei dati.

Fin dove si spinge la longa manus dell’intelligence russa

Secondo un recente articolo  del “New York Times”, sarebbe talmente pervasiva la “longa manus” dell’intelligence russa da riuscire non solo a “bannare” gli specifici contenuti di esplicita critica al governo ma persino ad intercettare gli umori e gli stati d’animo desumibili dai commenti associati ai messaggi condivisi sui social media, anche se localizzati a notevole distanza dal quartier generale di Mosca.

Il sistema di sorveglianza perseguirebbe così anche finalità di prevenzione a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale con l’intento di soffocare sul nascere le rivolte sociali di attivisti politici bollate come temibili minacce per la stabilità interna del Paese: tra i soggetti di maggiore pericolosità sociale un’attenzione particolare sarebbe rivolta soprattutto al leader dell’opposizione (attualmente detenuto) Alexey Navalny, mentre i suoi diretti sostenitori correrebbero quotidianamente il rischio di subire immediati arresti eseguiti in attuazione di sommarie indagini che dispongono anche frequenti perquisizioni e sequestri preventivi della stampa per assicurare la tempestiva rimozione di tutti gli articoli non autorizzati alla pubblicazione dopo il vaglio preliminare della censura istituzionale.

In un preoccupante scenario di progressiva frammentazione della Rete prendono forma gli inquietanti tratti della regolamentazione “autoritaria” di Internet nell’ambito di una generalizzata “purga” digitale in grado di bloccare, ad esempio, oltre 1,2 milioni di URL per effetto degli stringenti poteri di cui dispone l’agenzia governativa Roskomnadzor che sta intensificando, soprattutto nell’ultimo periodo, l’ingiunzione di numerosi ordini di censura indirizzati a svariati siti informativi e mass media qualificati – secondo la narrazione avallata dal Cremlino – come pericolosi strumenti propagandistici (cd. “soft power”) utilizzati dalle forze avversarie per combattere una vera e propria “guerra dell’informazione” occidentale contro la Federazione Russa, con l’intento di espandere l’influenza atlantista oltre i suoi attuali confini territoriali.

Una rete più chiusa e censurata dopo la guerra in Ucraina

Il dossieraggio punitivo che silenzia le voci scomode

Si assiste anche alla realizzazione abituale di attività di “dossieraggio” con finalità punitive su singole persone e organizzazioni collettive “anti-governative” per “silenziare” massivamente le voci “scomode” di dissenso al punto da paralizzare il traffico virtuale esistente.

Sta di fatto che l’autorità russa di regolamentazione statale dei media è ormai attivamente impegnata a monitorare le notizie da censurare come fonti fuorvianti di fake news mediante una sistematica azione di filtraggio dei contenuti immessi online, a riprova della centralità operativa che sta assumendo la strategia comunicativa di propaganda – di recente potenziata anche per convincere le persone ad arruolarsi (“spontaneamente”) come soldati volontari dell’esercito (mentre però il governo ha recentemente statuito a livello nazionale un divieto generale di vendere biglietti aerei a individui di età compresa tra i 18 ei 65 anni: forse anche in funzione di una possibile imminente chiamata generale alle armi per imporre il servizio militare di leva obbligatoria?).

Siamo quindi di fronte alla “prima guerra di Internet con l’avvento dell’era dei social media” foriera di effetti collaterali destabilizzanti e non meno letali di una tradizionale invasione militare basata sulla disponibilità di veicoli armati, mezzi blindati e corazzati da combattimento in un classico scontro armato a fuoco.

Prolifera, quindi, l’esistenza di una diffusa rete di account “pro-Cremlino” da cui sembra provenire anche la creazione di informazioni “polarizzate” artatamente create da svariati siti, con intenti divisivi tra le popolazioni limitrofe per inasprire le tensioni, al punto da indurre l’FBI ad allertare le forze di polizia di tutto il mondo rispetto al rischio globale di un’ondata prolungata di disinformazione su larga scala  come preoccupante veicolo di comunicazioni “nocive” in grado di propagarsi con estrema facilità nello spazio virtuale della Rete.

Un clima “orwelliano” di sorveglianza totalizzante

In un clima “orwelliano” di sorveglianza totalizzante e oltremodo aggressiva, Roskomnadzor non solo ordina di cancellare le notizie che, tra l’altro, non utilizzano la terminologia di “operazione militare speciale” parlando di “invasione bellica” russa dell’Ucraina, ma prescrive blocchi generalizzati di contenuti virtuali ritenuti “falsi” e “inaffidabili”, dando dirette istruzioni su cosa è consentito dire pubblicamente a pena di disporre vincolanti limitazioni di accesso alle relative informazioni.

Recependo gli orientamenti formalizzati nella cd. “Information Security Doctrine”, e in attuazione di quanto previsto dal Digital Economy National Program, il governo russo ha avviato una generale revisione legislativa del quadro normativo vigente, ordinando alle società telematiche di conformarsi alle nuove disposizioni che impongono ai gestori delle piattaforme operanti in Russia il vincolo di creare uffici locali e registrarsi “in loco” sotto il controllo dell’autorità “Roskomnadzor”. L’agenzia regolatoria russa ha sancito l’obbligo, a carico dei media, di fare esclusivo affidamento alle informazioni ricevute da fonti ufficiali russe autorizzate a circolare in un cyberspazio “parzialmente vincolato”, ove sono prescritte misure di blocco per garantire un maggiore controllo statale sull’ambiente digitale, come reazione difensiva da contrapporre al flusso comunicativo veicolato dalle agenzie occidentali di intelligence. Peraltro, mediante una parallela strategia di emancipazione tecnologica domestica di servizi digitali (hardware e software) è stato altresì approvato il divieto di vendita di smartphone, computer e TV prive dell’installazione di alcune specifiche app russe (previamente autorizzate dal governo) in grado di sorvegliare o censurare gli utenti.

Inoltre, per stigmatizzare il pericolo di disordini sociali come esigenza giustificativa del ricorso alla “guerra alle bugie”, dopo aver provveduto alla creazione di una banca dati centralizzata di dati biometrici (gestita da una società statale), il Cremlino sta prioritariamente puntando sulle potenzialità della cd. “biometria di sorveglianza” offerte dalla tecnologia di riconoscimento facciale, anche grazie allo sviluppo di sofisticati sistema di Intelligenza Artificiale, mediante la massiva installazione di un numero crescente di telecamere posizionate nei luoghi pubblici di molte città per inquadrare in tempo reale i movimenti degli utenti ed intercettare il dissenso degli oppositori, con l’obiettivo di raggiungere la soglia di 70 milioni di utenti “schedati” entro il 2024.

Nell’ambito di un’architettura nazionalizzata della Rete, già da tempo dotata di un consolidato e pervasivo sistema di sorveglianza virtuale (cd. “SORM-3”), il costante perfezionamento tecnico di un invasivo strumento centralizzato di monitoraggio segreto (“Office of Operational Interaction”), espandendo sempre di più il potere di vigilanza digitale del Cremlino, sarebbe ora in grado di filtrare, tracciare e controllare in modo capillare, generalizzato e permanente le attività online degli utenti identificando, persino in una fase ancora embrionale di pianificazione organizzativa, i possibili “focolai di tensione” suscettibili di “destabilizzare” la società.

Conclusioni

Alla luce di un complesso scenario geopolitico dalle inedite configurazioni evolutive ancora non del tutto comprensibili nell’imminente futuro su quali saranno le possibili nuove alleanze tra le forze dominanti in grado di costruire un inedito nuovo ordine globale rispetto alle attuali tensioni destrutturanti, si consolida il progressivo isolamento tecnologico della Russia verso una prospettiva di Stato digitale autarchico, persino potenzialmente dotato di una propria Rete autonoma e indipendente dal resto del mondo. Emerge così un profondo squarcio nell’architettura generale di Internet come emblema di un preoccupante processo di “balcanizzazione” digitale funzionale a stabilizzare, mediante una graduale ma inesorabile frammentazione della Rete, il raggiungimento di una condizione di piena supremazia tecnologica su cui edificare un invasivo modello di “autoritarismo digitale” legittimato a giustificare la generale estensione di pervasivi poteri di sorveglianza.

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