Il green pass obbligatorio per accedere ai luoghi di lavoro è diventato legge a tutti gli effetti, da domenica 21 novembre 2021, essendo pubblicata in gazzetta ufficiale la conversione del decreto in legge. Ma vediamo cosa è cambiato.
Di per sé apparentemente nulla, poiché siamo ormai di fatto abituati al green pass sul lavoro. Novità scattata con il decreto stesso. In realtà, l’impatto è importante. Infatti, tra le novità più eclatanti previste da quest’ultima legge, rientra la facoltà del lavoratore di consegnare copia del certificato verde direttamente al datore di lavoro (o chi per esso), al fine di evitare i controlli quotidiani.
Ciò appare evidente come si ponga in linea di continuità con quel leitmotiv di fondo: comprimere diritti fondamentali – anche se con l’ombrello costituzionale della tutela della salute. Così da un paio di anni a questa parte. Senza tuttavia renderci conto che la compressione di taluni diritti, peraltro costituzionalmente garantiti, difficilmente potrà trovare una loro nuova espansione; e la protezione dei dati è uno tra questi.
E la stretta sul lavoro continua dato che il 5 gennaio ha approvato anche il super green pass – vaccinati o guariti da non più di quattro mesi – per l’accesso di chi ha compiuto 50 anni, ai posti di lavoro.
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Il Green Pass per lavorare diventa legge, ecco alcune delle novità più significative
Con la legge del 19 novembre 2021, n. 165 è stato convertito, all’ultimo, il DL 127/2021, «…recante misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening».
Green pass e stato di emergenza al 31 marzo 2022
Cominciamo col dire che il green pass obbligatorio, anche nei posti di lavoro, dura insieme con lo stato di emergenza che è stato prorogato al 31 marzo 2022 (rispetto al precedente termine di dicembre 2021).
L’ennesimo intervento legislativo presenta, così come confezionato, non poche criticità, specie in punto privacy nonostante la segnalazione del Garante Privacy, di fatto dal legislatore ignorati.
Ma andiamo per gradi, partendo dalle novità (testuali) più significative.
Super green pass sul lavoro per chi ha compiuto 50 anni
Per chi ha compiuto 50 anni non basta il green pass, serve il super green pass, per l’accesso al lavoro. Guariti o vaccinati da non più di quattro mesi, quindi; non basta più il tampone.
La novità è in un decreto del 5 gennaio e scatterà dal 15 febbraio.
Idonea informativa
All’art. 9 quinquies, al comma V, oltre alle mere rettifiche di carattere formale, sono stati inseriti alcuni “periodi”. Vediamo quali.
Il primo degno di nota concerne la circostanza per la quale i datori di lavoro sono tenuti a fornire «…idonea informativa ai lavoratori e alle rispettive rappresentanze circa la predisposizione delle nuove modalità organizzative adottate per le verifiche di cui al comma 4».
D’altronde, non potrebbe essere diversamente. A ben vedere, infatti, è intuitivo come qualsivoglia modifica a livello organizzativo, debba essere portata a conoscenza di tutti, nel modo più adeguato possibile, raggiungendo lo scopo.
Consegna di copia del Green pass
In ottica di una presunta semplificazione, al termine del V comma, è stato inserito ancora che «…i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro»;
In pratica, viene data una possibilità non contemplata prima che, a ben guardare, si pone in evidente contrasto con quanto sempre sostenuto, specie in ordine agli impatti privacy, di cui diremo più oltre.
Scadenza del green pass durante la prestazione lavorativa
Ancora, viene recepita nel testo di legge quella che era una interpretazione di prassi grazie alla faq (n. 12). Con l’art. 3 bis (Scadenza delle certificazioni verdi COVID-19 in corso di prestazione lavorativa) infatti viene disposto che «per i lavoratori dipendenti pubblici e privati la scadenza della validità della certificazione verde COVID-19 in corso di prestazione lavorativa non dà luogo alle sanzioni previste, rispettivamente, dagli art. 9-quinquies, c. 7 e 8, e 9-septies, c. 8 e 9. In questo caso la permanenza del lavoratore sul luogo di lavoro è consentita esclusivamente per il tempo necessario a portare a termine il turno di lavoro».
In pratica, nel positivizzare la faq – peraltro, di buon senso – non è possibile mandare via il lavoratore cui scada il Green pass, da tampone con tutta evidenza.
Campagne di sensibilizzazione sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro
L’art. 4 bis, poi, inserito in corso di conversione e per garantire il più elevato livello di copertura vaccinale, al (solo) fine di proteggere i soggetti a rischio, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza sono caldamente invitati tutti i datori di lavoro (sia pubblici che privati) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla necessità nonché importanza della vaccinazione.
Il tutto volto alla tutela della salute dei dipendenti e al contrasto e al contenimento della diffusione dell’infezione negli ambienti di lavoro.
Il Green Pass diventato legge, come da decreto
Senza differenze con il decreto, risultano invece altre disposizioni, e in particolare con riferimento a:
- assenze ingiustificate, permessi non retribuiti
- lavoratori di aziende con meno di 15 dipendenti, nulla quaestio
- multe e sanzioni, stessi importi
- chi non è soggetto a Green pass, esenzione dai controlli
- tamponi, dai prezzi calmierati
Rinviando alle considerazioni già svolte, in proposito leggi qui la guida su green pass in azienda approfondita.
Sospensione e sostituzione lavoratore senza green pass
Il lavoratore senza green pass è assente ingiustificato, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione. Poi, “dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata” il datore di lavoro “può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi”, rinnovabili fino al 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”.
Insomma, è sospeso senza stipendio, non può essere licenziato. Può essere sostituito solo nelle aziende con meno di 15 dipendenti. Un decreto del 5 gennaio estende questa possibilità a tutte le aziende. La sostituzione è sempre per “10 giorni rinnovabili fino al 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”.
Sanzioni per lavoratore senza green pass
Le sanzioni restano sempre le stesse, da 600 a 1500 euro, per il lavoratore colto sul posto di lavoro senza green pass. Poi scatta la sospensione dallo stipendio. Ma non ci potranno essere sanzioni disciplinare, licenziamenti.
Green pass in azienda: gli impatti sui datori di lavoro
Concentriamoci allora sulle novità, poste le premesse di carattere squisitamente normativo/ricognitivo, vediamo ora gli impatti che la consegna eventuale, a discrezione del dipendente, di copia del suo Green pass possa determinare nell’Organizzazione, con specie in termini di protezione dati.
Se da un lato, l’attuazione di ciò sembrerebbe creare i presupposti per verifiche più semplici all’ingresso in Aziende, in realtà determina svariati problemi.
I problemi
Al comma V dell’art. 1, è (stato) aggiunto un periodo in virtù del quale, onde semplificare le verifiche del possesso del Green pass, con riferimento ai lavoratori delle aziende private possono fare «richiesta di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19». In tali circostanze, ne consegue che tali lavoratori sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.
Tuttavia, ciò se da un lato semplificherebbe il controllo specie nelle piccole realtà, dall’altro potrebbe creare, in particolare nei grandi contesti aziendali, discriminazioni tra gli uni e gli altri lavoratori, cioè tra chi consegni copia e chi no.
Non solo, potrebbe altresì determinare complicanze, anche in termini di gestione, per tutti quei certificati da tampone.
Gli adempimenti
In ogni caso, l’Azienda – a prescindere dalle dimensioni – qualora decidesse di adottare, rectius di “accettare” di conservare copia dei Green pass si pongono non pochi adempimenti per conseguenza.
Tra questi:
- redazione di idonea informativa
- effettuazione di valutazione dei rischi, se non anche di impatto
- predisposizione di un registro ad hoc
- aggiornamento dei registri delle attività di trattamento, oltre a tutto l’apparato documentale pedissequo e pertinente.
La nota di Confindustria
In data 22 novembre, Confindustria con una nota di aggiornamento dalla quale si evince che l’ultimo intervento normativo (di cui si discorre) abbia, di fatto, recepito una proposta della stessa Confindustria, volta per l’appunto «a semplificare e razionalizzare le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 ai luoghi di lavoro».
Non solo; aggiunge anche che «sul piano sistematico, la nuova norma non comprometta [in materia di green pass], né la sua finalità di sanità pubblica, né le prerogative, organizzative del datore di lavoro inerenti alle modalità di svolgimento dei controlli e al meccanismo della comunicazione preventiva del mancato possesso della certificazione».
Anche dal punto di vista dei rischi, Confindustria ha espresso, rectius esprime parere favorevole affermando come, «Sotto il profilo epidemiologico, poi, si ritiene che, nel contesto lavoristico, esenzione dai controlli durante il periodo di validità del green pass non presenti rischi legati al di rilevare la perdita sopravvenuta della validità della certificazione».
Non di meno, in linea di continuità, ritiene «la richiesta di consegna del green pass non impatti tout court sul sistema di controllo nel frattempo implementato». In virtù del fatto che «la nuova norma lascia impregiudicata la discrezionalità del datore di lavoro nella definizione delle modalità di svolgimento delle verifiche».
Insomma, rinviando alla lettura integrale consultabile qui, in manifesta dissonanza con la posizione del Garante.
Quindi, meno privacy per tutti e le criticità segnalate dal Garante Privacy, di fatto dal Governo disattese
Per il vero, la modifica da molti invocata (di consegnare il GP al datore di lavoro per evitare controlli quotidiani) a ben vedere, si risolve in un vero e proprio “effetto boomerang” poiché crea onerose complicazioni operative, e attenua lo scopo protettivo del Green pass, violando i principi del GDPR.
Ciò premesso, almeno quattro sono le criticità sulle quali il presidente Pasquale Stanzione pone l’accento, e in particolare circa:
1) la prevista esenzione dai controlli -in costanza di validità del Green Pass – potrebbe rischiare di determinare una sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al sistema del “green pass”, segnalando indirettamente a tutti la condizione, che non viene aggiornata in caso di mutamento di condizione del soggetto dipendente;
2) la conservazione del dato contrasterebbe con il Considerando 48 del Reg. (UE) 2021/953 che vieta espressamente la conservazione del dato stesso. Senza contare che dal lato operativo/organizzativo, il Presidente dell’Autorità fa espressamente presente che “Naturalmente, poi, la conservazione dei certificati imporrebbe l’adozione, da parte datoriale, di misure tecniche e organizzative adeguate al grado di rischio connesso al trattamento”;
3) la conoscenza del dato e quindi relativa attività di trattamento, dovrebbe a maggior ragione a fronte di tutto l’impianto finora proposto, dovrebbe essere assolutamente preclusa al Datore di lavoro dal momento che la conoscenza di peculiari condizioni soggettive dei lavoratori (come ad es la situazione clinica e convinzioni personali), risulterebbe poco compatibile con le tutele previste tanto dalla disciplina di protezione dati, quanto vieppiù dalla normativa juslavoristica (ex artt. 88 Reg. Ue 2016/679; 113 d.lgs. 196 del 2003; 5 e 8 l. n. 300 del 1970; 10 d.lgs. n. 276 del 2003);
4) il possibile inquadramento/raccolta di presunto consenso implicito fornito dal lavoratore nel caso in cui costui decidesse di consegnare (copia) della Certificazione verde, non potendo questa, tuttavia, ritenersi legittimo «sulla base di un presunto consenso implicito del lavoratore che la consegni, ritenendo il diritto sottesovi pienamente disponibile. Dal punto di vista della protezione dei dati personali (e, dunque, ai fini della legittimità del relativo trattamento), il consenso in ambito lavorativo non può, infatti, ritenersi un idoneo presupposto di liceità, in ragione dell’asimmetria che caratterizza il rapporto lavorativo stesso» Di dubbia legittimità si palese, dunque, una manifestazione di volontà liberamente manifestata/espressa, come la disciplina sul consenso invece tassativamente impone.
Il tutto nell’ottica di una conclamata “semplificazione”.
In ultimo, il silenzio assordante in ordine agli aspetti controversi
Da ultimo, poniamo l’accento su quegli altri aspetti circa i quali nulla si dice, nonostante gli aspetti (controversi) richiamando più in generale alle FAQ governative.
In particolare, ci riferiamo al divieto del controllo del Green pass in caso di smart working concordato con il proprio Superiore. L’impianto normativo, dunque e nonostante le modifiche introdotte, conferma tuttavia che ai fini dello svolgimento del lavoro in modalità agile, quale misura che fronteggia un’eventuale quarta annunciata ondata, non occorre, anzi non è possibile richiedere allo smart worker di esibire il Green pass, con tutto ciò che (non) ne consegue.
Niente super green pass in azienda? Sì se hai 50 anni
Colpo di scena, o almeno apparente, ovvero allo stato: il primo decreto “Super Green Pass” non riguardava anche il mondo del lavoro, per il quale quindi dovremmo dire che resta valido il Green pass “depotenziato”, rassicurando i milioni di lavoratori (italiani) che potranno continuare a recarsi al lavoro, presentando il Certificato verde da Covid-19, purché in corso di validità (sebbene proveniente dall’esito di un tampone negativo).
Con un’eccezione, arrivata con un decreto di gennaio: dal 15 febbraio in virtù di un decreto del 5 gennaio chi ha più di 50 anni deve avere il green pass.
Green pass e lavoro, la tabella del Governo
Attività | Specifiche | Colore della Zona | Consentito Senza green pass | Consentito Con green pass “base” (vaccinazione, guarigione, tampone) | Consentito Con green pass “rafforzato” (vaccinazione e guarigione) |
Omissis |
Omissis | |||||
Attività lavorativa | |||||
Accesso al luogo di lavoro per i lavoratori pubblici e privati (eccetto per i lavoratori pubblici per i quali vige l’obbligo vaccinale) | Bianca Gialla Arancione | No No No | Sì Sì Sì | Sì Sì Sì | |
Accesso alle mense per i lavoratori pubblici e privati (eccetto per i lavoratori pubblici per i quali vige l’obbligo vaccinale) | Bianca Gialla Arancione | No No No | Sì Sì Sì | Sì Sì Sì | |
Omissis |
La nota di aggiornamento di Confindustria
Interviene anche Confindustria con una nota di aggiornamento del 3 dicembre Emergenza COVID – DL n. 172 – Super green pass.pdf fornendo importanti chiarimenti sul Green pass rafforzato.
In estrema sintesi, ribadisce che le misure sul super Green pass non valgono per l’accesso ai luoghi di lavoro ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 9-septies del DL n. 52/2021, per il quale continua a valere la certificazione verde Covid-19 “base”: vaccinazione, vaccinazione post guarigione, guarigione e tampone.
Considerazioni astratte e ricadute pratiche, anche in termini privacy
Partiamo da un dato, seppure teorico, certo.
Il DL 172 del 26/11/2021 con il quale è stato introdotto il Green pass “rafforzato” temporaneo poiché valevole dal 06/12 al 15/01, non prevede alcuna necessità del Super Green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro, tant’è che non ne fa alcun minimo cenno.
Dal punto di vista pratico, alcuni aspetti dai quali si evince che un aggiornamento al Protocollo si impone, attuandosi in maniera molto semplice:
- Aggiornando le istruzioni per i verificatori (che devono usare la modalità “Tipologia di verifica: Base”);
- Se presente una mensa aziendale, come da tabella sopra riportata, è chiaro: l’accesso alle mense per i lavoratori pubblici e privati (eccetto per i lavoratori pubblici per i quali vige l’obbligo vaccinale) è consentito con il solo Green pass “Rafforzato”, occorrendo quindi una (doppia) verifica al momento dell’accesso al locale a ciò adibito.
Un problema resta aperto e cioè valutare cosa fare con chi avesse deciso di consegnare copia del Green pass, per quanto con il 15 gennaio si tornerà alla “normalità” del Green pass basico, o quanto meno si spera.
Nel frattempo, è giunto l’OK dal Garante Privacy alle nuove modalità per (la presunta) revoca del Green pass in caso di positività, oltre all’uso del super Green pass, esprimendo in via di urgenza un parere favorevole ad uno schema (presunto) di decreto.
Con riferimento ai luoghi di lavoro, per quanto qui ci interessa, i datori «…dovranno effettuare controlli periodici sulla validità delle certificazioni verdi consegnate dai lavoratori. […]. In particolare, lo schema di decreto, accogliendo l’invito più volte espresso dall’Autorità, dà piena attuazione alla revoca delle certificazioni verdi, in caso di contagio sopravvenuto, tramite una procedura che prevede anche che l’interessato venga informato, utilizzando i dati di contatto dallo stesso forniti.»
Attendiamo gli ulteriori sviluppi con l’ufficialità del decreto.
In Gazzetta il DPCM sulla revoca
A distanza di sei mesi, ecco che in Gazzetta Ufficiale è approdato il DPCM di «Modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2021 in ordine alle disposizioni attuative del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172. (GU Serie Generale n.299 del 17-12-2021)».
Si tratta dell’ultimo Dpcm con il quale vengono indicate le modalità per la revoca del Green pass nel caso in cui si dovesse risultare positivi in corso di validità del rilasciato green pass.
La revoca, stando a quanto si legge nel testo, dovrebbe essere generata automaticamente grazie all’interoperabilità della “Piattaforma nazionale-Dgc”.
Dopo un tampone negativo viene automaticamente riattivato il super green pass e con un certificato di guarigione prodotto da medico o Asl si ottiene il nuovo super green pass.