Il whistleblowing, la pratica di segnalare illeciti interni nelle organizzazioni, è un tema sempre più centrale nel dibattito pubblico e normativo. La sua applicazione nei contesti pubblici e privati, tuttavia, non è priva di sfide e complessità. Un’indagine condotta dall’ANAC fornisce uno spaccato significativo su come la disciplina del whistleblowing viene attualmente implementata in Italia, mettendo in luce una serie di criticità legate alla gestione delle segnalazioni, all’accettazione delle segnalazioni anonime e alla formazione del personale.
Analizziamo quindi i risultati dell’indagine per comprendere meglio lo stato attuale del whistleblowing nel nostro Paese e quali possibili sviluppi futuri potrebbe avere.
L’indagine ANAC sul whistleblowing: il contesto
Nel report Anac sul monitoraggio delle criticità nell’applicazione della nuova disciplina in materia di whistleblowing sono illustrati dati e informazioni emersi dalle risposte al Questionario che la medesima Autorità aveva messo a disposizione a inizio dicembre 2023 (dal 4 al 22 dicembre, per l’esattezza), rivolgendosi al comparto sia pubblico che privato, entrambi chiamati ad attivare i canali interni di segnalazione. Scopriamo gli esiti.
L’ANAC, ben consapevole delle criticità che la nuova disciplina in materia di whistleblowing (D.lgs. n. 24/2023) avrebbe messo in campo, come anticipato, ha deciso di avviare, a fine anno 2023, un monitoraggio, attraverso un questionario somministrato a tutti i soggetti (pubblici e privati) chiamati ad attivare i canali interni di segnalazione.
Dalle risposte date è emerso come la maggioranza delle PA non abbia praticamente ricevuto (ancora) segnalazioni.
Non solo, dal report/domande aperte si evidenzia come, in molti casi, sia stata prevista la possibilità per il segnalante di incontrare direttamente, in modo riservato, il Responsabile della Prevenzione della Corruzione Trasparenza – RPCT il quale poi è tenuto a predisporre un verbale o trasferisce sulla piattaforma la segnalazione.
Inoltre, sono stati considerati il canale telefonico senza registrazione, un indirizzo e-mail visibile al solo RPCT, un cellulare o un numero telefonico dedicato, una cassetta dei suggerimenti interna all’ente. Ma andiamo per gradi.
Wistleblowing nel pubblico e nel privato: il punto del report Anac
Il Report è suddiviso in due parti, la prima parte dedicata al settore pubblico la seconda a quello privato.
Applicazione della disciplina del whistleblowing nel settore pubblico
La prima parte, come si evince fin dall’indice, è così strutturata: anzitutto prevede il coordinamento tra canali di segnalazione interni previsti dalla normativa speciale e quelli invece da attivarsi ai sensi e per gli effetti di cui al D.lgs. n. 24/2023. Accenna poi alle segnalazioni anonime. Indaga quindi sulla condivisione del canale interno di segnalazione (art. 4, co. 4, d.lgs. n. 24/2023). Si interroga sul ruolo dei cd “segnalanti”. Si occupa della modalità di presentazione delle segnalazioni in forma scritta e quindi delle tempistiche di gestione delle segnalazioni. Per poi passare alle segnalazioni orali, quindi all’importanza della formazione, e per conseguenza dei Codici di comportamento/ etici con annesse responsabilità disciplinari. Fa il punto della gestione delle segnalazioni interne del comparto pubblico distinguendo tra i soggetti pubblici tenuti e non alla nomina del RPCT. Per ulteriori specifici dettagli si rinvia alla lettura integrale del testo.
Parte seconda
La seconda parte del documento si occupa invece di fare il punto su:
- coordinamento tra canali di segnalazione interni previsti da normativa speciale e canali da attivarsi ai sensi del d.lgs. n. 24/2023
- segnalazioni anonime
- condivisione del canale interno di segnalazione (art. 4, co. 4, d.lgs. n. 24/2023)
- i segnalanti
- modalità di presentazione delle segnalazioni in forma scritta
- tempistiche di gestione delle segnalazioni
- segnalazioni orali
- formazione del personale
- codici di comportamento/codici etici e responsabilità disciplinare
- gestione delle segnalazioni interne: soggetti del settore privato
Per quindi concludere con l’applicazione della disciplina da parte dei soggetti del settore privato.
Le criticità emerse sul fronte della Pubblica Amministraizone
I quesiti posti sono principalmente stati sulla “sottoposizione o meno alla normativa speciale dell’ente su quale tipologia di normativa speciale deve essere applicata sulla circostanza che sia stato attivato o meno un canale per le segnalazioni”, come previsto dalla normativa speciale; e in questo risiede in definitiva il fulcro dell’intera indagine.
Alla domanda “quali sono state le forme di coordinamento previste tra questo canale e quello previsto per il whistleblowing” è emerso che molti hanno interpretato male la relazione con la normativa speciale.
Circa le segnalazioni anonime, è stato chiesto se queste contengono dati rilevanti di illeciti segnalati.
Molte PA, ben il 66%, hanno dichiarato di non aver ricevuto segnalazioni anonime.
Quei pochi che hanno ricevuto segnalazioni riferiscono che le stanno gestendo tramite il canale whistleblowing.
Circa la condivisione del canale interno di segnalazione e nei casi in cui l’ente sia un Comune diverso dai capoluoghi di provincia, una pubblica amministrazione o un ente pubblico con meno di 50 dipendenti, la maggior parte ha risposto di essersi avvalsa della facoltà di condividere il canale interno di segnalazione.
In termini numerici,il 27% del totale tenuto alla condivisione è ricorso alla condivisione, mentre il 73% non l’ha condiviso.
Altro quesito particolarmente importante ha riguardato i segnalanti: la maggioranza degli enti riferisce di aver ricevuto segnalazioni principalmente da dipendenti piuttosto che da collaboratori/lavoratori autonomi. Si tratta di un indicatore significativo dal momento che dimostro come l’istituto del whistleblowing sia ancora troppo poco utilizzato.
L’ANAC ha chiesto poi quali modalità di presentazione delle segnalazioni risultino come le più adoperate, in forma scritta o orale, ovvero quanti abbiano istituito una piattaforma ad hoc, e quali siano stati gli accorgimenti presi per garantire la riservatezza del segnalante e del contenuto della segnalazione.
La parte più corposa del monitoraggio è data dal sondaggio circa la “Modalità di presentazione delle segnalazioni in forma scritta”.
Dall’immagine sottostante è evidente che il 62% ha istituito una piattaforma informatica apposita per le segnalazioni whistleblowing scritte.
In altri termini, la maggioranza dei soggetti del settore pubblico ha utilizzato la piattaforma di “Transparency International Italia” con un software libero e open source. Al riguardo, dice ANAC “le procedure informatizzate assicurano il più elevato livello di tutela in termini di riservatezza ai segnalanti e agli altri soggetti tutelati”.
Ancora, tra le criticità più importanti ci sono le modalità utilizzate ovvero a mezzo PEC o raccomandata, ovvero ancora consegna diretta presso l’Ufficio del protocollo. Circa gli accorgimenti utilizzati al fine di garantire la riservatezza, la maggioranza degli enti ha previsto una protocollazione riservata, alcunila busta chiusa e il 39% la raccolta delle segnalazioni in un Registro riservato e separato, con una conservazione in disco cifrato e protetto da password. In pochissimi, poco più del 10%, hanno previsto misure di sicurezza aggiuntive.
Sulla interlocuzione poi la maggior parte degli enti ha dichiarato che queste avvengono a mezzo PEC ovvero posta elettronica ordinaria oppure via e-mail riservata o criptata tramite il rapporto diretto con il RPCT oppure con il soggetto da questi incaricato. Pochi altri utilizzano il procedimento cartolare riservato, e altri ancora la consegna brevi manu presso l’Ufficio specifico.
Non mancano tuttavia quegli enti che hanno dichiarato di non aver previsto alcuna interlocuzione. Anche questo è un segnale importante.
Da ultimo ma non ultimo, il 7% ha dichiarato che alcune segnalazioni stanno arrivando tramite canali diversi.
Sul quesito inerente alle problematiche circa i tempi di gestione delle segnalazioni non sono emerse particolari criticità se non quelle dovute alla esiguità del personale dedicato.
Sulle segnalazioni orali è stato chiesto, in buona sostanza, come si traccia, cosa è stato stabilito e se l’oralità sia preferita rispetto alla forma scritta.
Dall’analisi risulta che il 41% degli enti prevede la possibilità di segnalare in forma orale; mentre il 52% ha dato evidenza di non aver nemmeno previsto la possibilità delle dichiarazioni orali.
In questo contesto, le modalità sono varie: dall’incontro diretto con il segnalante in una sede lontana da occhi indiscreti, all’attivazione di una linea telefonica (gratuita) dedicata con un operatore autorizzato che acquisisce la segnalazione, ovvero ancora a un sistema di messaggistica vocale.
Dall’analisi delle risposte aperte fornite appare chiaro che si preferisca l’interlocuzione vis a vis rispetto a quella con una macchina.
Altro punto saliente risulta la formazione del personale addetto per sensibilizzare, In proposito, si è chiesto se sia stata attivata o se si avesse l’intenzione di attivarla, e come venga gestita. La formazione, notoriamente, implementa la conoscenza (normativa), le migliori pratiche, nonché gli strumenti necessari onde gestire efficacemente e proteggere i whistleblower salvaguardando l’Organizzazione.
Tuttavia, emerge dal monitoraggio in questione che sono più le PA a non aver adeguatamente formato il personale.
Sul quesito inerente ai Codici etici e alla responsabilità disciplinare in capo ai soggetti competenti a gestire le segnalazioni in caso di violazione della riservatezza dell’identità del segnalante, pochi enti poco hanno previsto robuste forme di responsabilità disciplinare.
Sul chi fa che cosa, la maggioranza dei soggetti (pubblici) partecipanti al Questionario ha riferito di aver attribuito il ruolo del Gestore delle segnalazioni al responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza. Soltanto alcuni soggetti hanno previsto il coinvolgimento di altri soggetti, tra cui il Direttore Generale, i Dirigenti e a seguire i collaboratori di staff; e il compliance manager? Non pervenuto.
Altro punctum dolens: in molti degli enti intervistati non esiste un Regolamento interno che disciplini adeguatamente la materia. Segnale anche questo poco confortante.
Applicazione della disciplina del whistleblowing nel settore privato
Per quanto il Report evidenzi una maggiore partecipazione alle domande lato PA, non possiamo non citare anche solo per sommi capi, i risultati emersi lato privati.
Intanto una panoramica, per capirne i numeri.
Attivazione dei canali per le segnalazioni
Circa il “Coordinamento tra canali di segnalazione interni previsti da normativa speciale e canali da attivarsi ai sensi del d.lgs. n. 24/2023” è emerso che il l 24 % dei rispondenti al questionario (n. 51 privati) ha dichiarato di rientrare nell’ambito di applicazione della normativa, con specifico riferimento al settore bancario/finanziario, e assicurativo nonché alla sicurezza sul lavoro.
Quasi tutte le aziende (per lo più di medie e grandi dimensioni) hanno dichiarato di aver già attivato un canale per le segnalazioni.
Le segnalazioni anonime
Sulle “Segnalazioni anonime” dall’analisi delle risposte si evince che il 45% dei soggetti del settore privato che ha compilato il questionario, non sta ricevendo segnalazioni anonime.
Il 40% dei soggetti che sta ricevendo tali segnalazioni, le considera invece per lo più quali segnalazioni whistleblowing.
Alcuni ancora gestiscono le segnalazioni anonime come fossero segnalazioni ordinarie, mentre altri le archiviano.
Condivisione del canale interno di segnalazione
Ancora sulla “Condivisione del canale interno di segnalazione” (ex art. 4, co. 4, d.lgs. n. 24/2023) sulla valutazione testualmente leggiamo nel report in disamina che il “…D.lgs. n. 24/2023 ha previsto la possibilità per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, non superiore a duecentoquarantanove [249] omissis di condividere il canale interno di segnalazione”.
Dall’analisi dei dati emerge ancora che sono più della metà (n. 150 su 213) coloro che hanno i requisiti di legge per la condivisione del canale. Tuttavia, gran parte delle imprese, di piccole e medie dimensioni, non si sono avvalsi di tale facoltà. Per ulteriori dettagli sul punto si rimanda direttamente al testo.
Il whistleblowing è ancora poco utilizzato
Sui “Segnalanti”, solo un terzo dichiara di aver ricevuto segnalazioni whistleblowing.
Si legge espressamente nel Report che i segnalanti sono:
- “il 50%, maggioranza dei casi, dipendenti degli stessi enti (n. 60);
- il 23% lavoratori autonomi/liberi professionisti/consulenti che svolgono la propria attività lavorativa presso l’ente (n. 28);
- il 14% volontari e tirocinanti che prestano la propria attività presso l’ente (n. 17);
- il 13% soggetti che rivestono il ruolo di azionisti (n. 15)”.
Tali dati dimostrano, da un lato che l’istituto del whistleblowing è ancora poco utilizzato e dall’altro che, in caso di segnalazioni, queste sono state effettuate, nella maggioranza dei casi, da lavoratori dipendenti.
Ancora, sulle “modalità di presentazione delle segnalazioni in forma scritta”, emerge che il 56% dei soggetti del settore privato ha attivato la piattaforma informatica, e nella fattispecie:
- 43 soggetti privati con una media di più di 249 dipendenti;
- 60 con una media di dipendenti tra 50 e 249;
- 14 con una media di meno di 50 dipendenti.
Per ulteriori dettagli si rimanda direttamente al Report.
Tempistiche di gestione delle segnalazioni
Circa le “Tempistiche di gestione delle segnalazioni” nell’ambito dei soggetti del settore privato i quali hanno compilato il questionario la maggioranza, ossia il 93% non sta riscontrando problematiche sui tempi di gestione delle segnalazioni.
In generale, i 7 giorni di legge utili a dare riscontro sono un potenziale problema in considerazione di ferie, permessi e/o assenze varie.
Segnalazioni orali
Con riferimento alle “Segnalazioni orali”, circa il 64 % dei soggetti del settore privato ha dichiarato di aver previsto la possibilità di effettuare segnalazioni orali.
Sul “tracciamento”, la maggior parte ritiene che sia opportuno tracciare le segnalazioni ricevute, scegliendo di inserire il contenuto della segnalazione nella piattaforma informatica.
Una minoranza esigua ha invece evidenziato che non occorra tracciare il contenuto della segnalazione.
Infine, alla domanda quando acquisire le segnalazioni orali i più ritengono che si debbano acquisire tutti i giorni lavorativi, senza limitazioni orarie. È in assoluta minoranza chi ha indicato determinate giornate lavorative e precise fasce orarie.
Formazione del personale e responsabilità disciplinare
Sulla “Formazione del personale”, dall’esame delle risposte emerge testualmente che “la maggior parte dei soggetti privati ha pianificato o sta pianificando iniziative di sensibilizzazione e formazione del personale per divulgare le finalità dell’istituto del whistleblowing e la procedura per il suo utilizzo”. Del resto, la formazione è volta ad accrescere la conoscenza normativa, le migliori pratiche e gli strumenti operativi necessari al fine di gestire efficacemente le segnalazioni, proteggere i whistleblowers e, contemporaneamente, salvaguardare la stessa Organizzazione coinvolta.
Si rammenti che “la formazione è una misura di prevenzione della corruzione”: una contro-arma assai efficace.
Sui “Codici di comportamento/codici etici e responsabilità disciplinare”, penultimo blocco, i dati riferiscono che la maggior parte dei privati ha previsto in tali codici forme di responsabilità disciplinare in capo agli addetti incaricati di gestire le segnalazioni.
L’ultimo blocco si riferisce alla “gestione delle segnalazioni interne” emergendo come i più (182 su 213 e quindi l’85%) hanno istituito un canale interno di segnalazione.
Per ulteriori dettagli si rimanda direttamente al Report.
Concludiamo con una citazione dell’ex Presidente di ANAC Cantone “chi fa finta di non vedere, è complice”, ed è detto tutto.