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Intercettazioni Turetta, l’ira del Garante Privacy: perché



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Il Garante per la Privacy avvia istruttorie contro varie testate per la pubblicazione illecita delle intercettazioni del colloquio tra Nicola e Filippo Turetta. Il comunicato del 5 agosto 2024 sottolinea la violazione della privacy e delle regole deontologiche, richiamando anche i social media al rispetto della normativa

Pubblicato il 6 ago 2024

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017



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Gli ultimi giorni del mese di luglio del 2024 hanno visto il linciaggio mediatico di Nicola Turetta, padre di Filippo, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin.

Il fatto è avvenuto dopo che sono state divulgate – illecitamente, in via oggettiva, ma anche a detta di molti magistrati – le intercettazioni video ambientali di un colloquio avvenuto in carcere tra padre e figlio nel dicembre 2023.

Intercettazioni in carcere pubblicate: la dura presa di posizione del Garante

Il 5 agosto 2024 il Garante privacy annuncia, con comunicato stampa, di aver avviato istruttorie verso varie testate, che hanno pubblicato il colloquio.

Quello che rileva però è la durissima presa di posizione del Garante già nel comunicato stampa: “la pubblicazione di conversazioni private, intercorse in un contesto di particolare delicatezza, quali i colloqui in carcere tra detenuti e parenti, vìola la normativa privacy e le regole deontologiche dei giornalisti”.

In altri termini: intercettazioni illecite divulgate contro i canoni deontologici violano i diritti dell’interessato.

Si tratterà di comprendere se il Garante entrerà nel merito dell’illiceità delle intercettazioni – difficile – o della loro divulgazione – più semplice: va di legge.

Un caso di illecito deontologico di grande rilievo

Non solo: l’illecito deontologico del giornalista è autonomo e concorre con l’illiceità della intercettazione e/o della sua divulgazione o è autonomo per difetto di interesse pubblico o altra causa?

Il tema è di enorme rilievo pratico, perché nel caso di illecito deontologico autonomo a rispondere di eventuali sanzioni è la sola testata giornalistica; in caso di “concorso” la responsabilità coinvolgerebbe tutta la “filiera” della divulgazione illegale (Procura della Repubblica compresa, per intenderci).

Il richiamo ai social media

Da ultimo, il Garante “richiama gli organi di stampa e i social media al rigoroso rispetto del principio di essenzialità dell’informazione e della dignità delle persone coinvolte in fatti di cronaca”.

Qui il richiamo ai social media è di estremo interesse, perché vengono posti in diretta correlazione – id est sullo stesso piano – degli organi di stampa.

Questa correlazione può far saltare sulla sedia tutti quelli che ritengono che i social media siano “edicole” e non “editori”, ma la distinzione, ormai, non vale più o, quantomeno, non può più essere fatta in questi termini.

Gli obblighi di compliance al digital services act

Dopo l’entrata in vigore del Digital Services Act le Vlop (very large online platforms) sono soggette a strettissimi obblighi di compliance in termini di “sorveglianza” dei contenuti, con particolare riferimento al contrasto alla disinformazione e all’odio online.

Proprio i social, quindi, secondo quanto si capisce dal comunicato del Garante, avrebbero dovuto contrastare la diffusione del video e della conseguente valanga di odio vomitata verso Nicola Turetta.

I punti salienti dell’intervento del Garante

Per quanto atto dovuto per gli addetti ai lavori, la presa di posizione del Garante – che forse poteva essere più tempestiva, anche se è comprensibile che si sia voluto attendere sia i tempi tecnici, sia il sopirsi del clamore mediatico – costituisce una pietra miliare.

Un caso di trattamento illecito di dati?

In primo luogo, mette in diretta correlazione la violazione della privacy con la pubblicazione illecita e/o deontologicamente scorretta di un video intercettato.

Per inciso, nulla vieta, a questo punto, che si sia in presenza anche della fattispecie delittuosa prevista dall’articolo 167 del Codice privacy (Trattamento illecito di dati): l’ipotesi di reato ha portato alla condanna di chi aveva divulgato video “spinti” della ex compagna (in epoca anteriore all’introduzione dell’articolo 612 ter del Codice penale).

L’omissione dei social media “per difetto di censura”

In secondo luogo evidenzia l’omissione ad opera dei social media “per difetto di censura”: se per il DSA i social devono porre dei filtri, l’averli omessi può comportare una violazione anche del GDPR.

Colpito il canale sotterraneo dalle Procure ai giornali

In terzo luogo, anche senza nominarla, viene colpita “la filiera”; ossia quel canale sotterraneo che porta dalle Procure della Repubblica ai giornali; se il Garante apre un’istruttoria e sanziona le testate, sarà difficile che qualcuno si arrischi a pubblicare quel che arriva non ufficialmente dagli uffici investigativi.

Tornando alla “filiera”, questa a volte è solo intempestiva e grossolana; a volte mira all’abbattimento di un personaggio politico – per le più varie motivazioni – a volte può agire per interessi di tipo trasversale, quando non si tratti di vera e propria corruzione.

Cui prodest la divulgazione del video?

Il caso del padre di Filippo Turetta fa riflettere moltissimo, perché non è davvero chiaro quale interesse sia stato perseguito divulgando l’intercettazione.

Stiamo parlando di un reo confesso per un delitto terribile, la cui sentenza di condanna appare già scritta: perché infierire in questo modo? Cui prodest?

La campagna d’odio scatenata con la pubblicazione del video dell’intercettazione del colloquio tra Nicola e Filippo Turetta non renderà minimamente giustizia alla povera Giulia Cecchettin, anzi.

Non è chiaro come alimentare un sistema che si nutre di odio in questo modo possa rendere giustizia a qualcuno, men che meno nel caso di una giovane vita spezzata così.

La pubblicazione del video – mediante diffusione illecita dello stesso – sembra un colpo di coda della guerra ormai senza quartiere combattuta tra le correnti più proterve della magistratura, che rimpiangono il potere sostanzialmente politico conquistato sul campo con Tangentopoli, e la parte delle istituzioni che vuole ridimensionare questo squilibrio, mediante l’introduzione di riforme normative come l’abolitio criminis dell’abuso d’ufficio e la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante.

Va detto che la pubblicazione di questo video non ha aiutato di certo, sul piano dell’immagine, la Procura della Repubblica da cui è “filtrata” l’intercettazione; men che meno gioverà a quella filiera cui si accennava sopra.

Per questo il comunicato del Garante del 5 agosto 2024 segna una data spartiacque: “non si può più fare!”.

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