protezione dati personali

La ISO 31700 puntella la privacy by design: cosa devono sapere aziende e consulenti

La privacy by design, per poter essere effettivamente implementata, richiede una valutazione sistematica delle minacce alla privacy e una progettazione dei servizi e dei beni adeguata a mitigare questi rischi. La ISO 31700 stabilisce i requisiti per integrarla nei prodotti e nei servizi di consumo

Pubblicato il 09 Feb 2023

Elio Franco

Avvocato, Founder presso Franco, Pirro & Partners

privacy

L’International Organization for Standardization ha finalmente pubblicato la ISO 31700:2023, con l’obiettivo di fornire ai titolari del trattamento un approccio robusto e pratico all’implementazione di un sistema per la protezione dei dati personali, implementandolo, per l’appunto, sin dalla progettazione dei beni e servizi che si vogliono offrire.

Per quanto la ISO non sia correlata al GDPR, ne mutua parecchi concetti e, se ben adottata e coordinata con la normativa europea, può diventare una guida fondamentale per le aziende e per i consulenti privacy.

Privacy by design e by default, la sfida della protezione dei dati personali

Il concetto, fondamentale, di privacy by design

Di privacy by design se ne parla sin dagli anni ’90, cioè da quando Anna Cavoukian, Commissario per l’informazione e la privacy dell’Ontario (ossia il corrispettivo dei Garanti europei), lo ha formulato per la prima volta, dato che aveva intuito che lo sviluppo delle tecnologie ICT avevano importanti effetti sul trattamento dei dati personali. L’approccio teorizzato dalla Cavoukian è divenuto poi una delle pietre miliari del GDPR: ogni organizzazione deve far propri i principi della tutela della privacy, tanto da farli diventare parte integrante della propria mentalità e delle proprie procedure.

In altre parole, la privacy by design è un concetto che sostiene che la progettazione e lo sviluppo di prodotti, servizi e sistemi tecnologici deve essere fin dall’inizio orientato alla tutela dei dati personali. Si tratta di un approccio proattivo alla loro protezione, che mira a prevenire eventuali violazioni della privacy per non dover intervenire con correttivi successivi, che potrebbero essere onerosi in termini di tempo e costi di implementazione e sviluppo.

Alla notizia dell’adozione dello standard, la Cavoukian non ha di certo nascosto il suo entusiasmo, affermando che la nuova norma rappresenta “l’operatività del concetto di privacy by design”, essendo peraltro formulata per poter essere adottata da aziende di qualsiasi dimensione, dalla startup alla multinazionale.

I pilastri della privacy by design

L’idea della Cavoukian, che, come s’è detto, è arrivata sino ad oggi come uno principi fondamentali del GDPR, si esplica in sette diversi pilastri, e cioè:

  1. approccio preventivo e proattivo, per anticipare e prevenire violazioni che riguardino i dati personali;
  2. privacy by default: la tutela della privacy dovrà essere implementata sin dall’inizio in ogni progetto;
  3. privacy incorporata nel progetto: deve darsi particolare peso al principio di minimizzazione dei dati personali (ossia nel dover trattare solo i dati strettamente necessari al perseguimento di determinate finalità), senza dimenticare l’implementazione di misure di sicurezza quali la pseudonimizzazione dei dati o la segregation of duty;
  4. massima funzionalità per assicurare la protezione dei dati personali e la sicurezza degli utenti;
  5. la protezione dei dati deve essere garantita per tutto il ciclo di vita dei prodotti e dei servizi offerti;
  6. trasparenza dell’intero processo di trattamento dei dati;
  7. utente al centro di tutto: il rispetto dei diritti degli utenti deve venire prima di qualsiasi altra cosa.

Dunque, chiunque mastichi il GDPR può rendersi conto che i principi teorizzati dalla Cavoukian, elaborati poi nel 2010 alla trentaduesima conferenza mondiale dei Garanti della Protezione dei Dati Personali, abbiano costituito poi le fondamenta del GDPR e, in larga parte, delle normative similari ad essa adottate negli ultimi anni anche oltreoceano.

La struttura della ISO 31700

Come s’è visto, la privacy by design, per poter essere effettivamente implementata, richiede una valutazione sistematica delle minacce alla privacy e una progettazione dei servizi e dei beni adeguata a mitigare questi rischi.

Proprio per aiutare le organizzazioni a implementarla nella propria realtà operativa, la ISO 31700 è stata così organizzata:

  • ISO 31700-1:2023, che contiene il framework operativo composto da trenta requisiti;
  • ISO 31700-2:2023, che, invece, illustra le applicazioni pratiche della normativa, calandola in alcuni industry.

Come s’è accennato, la ISO 31700-1 stabilisce i requisiti per integrare la privacy dei dati nei prodotti e nei servizi di consumo. Dopo le consuete premesse delle altre norme tecniche ISO (introduzione, scopo, riferimenti normativi e definizioni), la norma affronta subito i modi con cui aiutare gli interessati a rafforzare i propri diritti privacy, dal determinare le loro preferenze sino all’implementazione di strumenti in grado di offrire loro le opportune modalità di controllo dei propri dati.

Il pilastro successivo è dedicato alla “comunicazione con il consumatore” e indica come fornire ai consumatori informazioni sulla privacy, rispondere alle loro richieste e ai reclami e come predisporre una comunicazione per informarli che i loro dati sono rimasti coinvolti in un data breach.

Il pilastro “gestione del rischio“, invece, si occupa dei processi che riguardano la valutazione del rischio, sia per quel che riguarda gli audit di prima parte sia per quelli di terza parte.

Chiudono la norma ISO il pilastro dedicato ai “controlli sulla privacy”, dalla loro implementazione alla gestione di data breach, e quello sulla fine del ciclo di vita delle informazioni personali raccolte dall’ente, cioè su come distruggere correttamente i dati ai termini dei periodi di retention.

I rapporti con il GDPR: similitudini e differenze

Qual è dunque la relazione tra la ISO 31700 e il requisito della privacy by design e by default del GDPR? Per ora, ufficialmente, nessuna. La conformità allo standard ISO non equivale alla conformità al GDPR (e viceversa), e le aziende che vogliono adottare la ISO e certificarsi in tal senso devono implementarla osservandone i requisiti in armonia con gli obblighi del GDPR.

Infatti, la ISO 31700 non è direttamente collegata al quadro normativo dell’UE in materia di protezione dei dati, nonostante vi siano alcune similitudini: ad esempio, alcune definizioni, come quella sul concetto di dati personali, sono di fatto sovrapponibili a quelle previste dal GDPR, ma, altre, no. Basti pensare al fatto che gli individui sono definiti come consumatori e non come interessati, quasi come a voler rimarcare quell’approccio del tutto americano di tutela dei dati personali solo per motivi commerciali, ma non anche quale diritto fondamentale riconosciuto ad ogni individuo. In altre parole, con un simile approccio la privacy non è un diritto da difendere come tutte le altre libertà fondamentali dell’individuo, ma solo nell’ambito dei rapporti di natura privatistica.

Conclusioni

Dunque, la ISO 31700:2023 può essere un valido strumento per le organizzazioni e per i consulenti privacy per migliorare il proprio assetto organizzativo e dare operatività al concetto di privacy by design, ma bisognerà seguirla cum grano salis, evitando, cioè di affidarsi solamente alla norma ISO che, per sua stessa natura, non è una implementazione pratica del GDPR.

Gli operatori, quindi, sono chiamati a effettuare un bilanciamento fra le previsioni della ISO 31700 e la normativa europea, dando particolare risalto a quest’ultima.

Giova, infine, ricordare che sono attualmente in fase di revisione e discussione presso l’EPDB degli standard operativi europei per la conformità al GDPR: dunque, chi non avesse particolare urgenza, può attendere ancora qualche mese prima di armonizzare i propri processi a uno standard operativo che, di fatto, potrebbe non essere satisfattivo degli obblighi normativi attuali.

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