Le ultime notizie che giungono dall’Europa ci confermano ancora una volta che la guerra si muove su due piani: quello delle operazioni militari sul territorio e quello della propaganda. Tuttavia, mai come prima nella storia, la propaganda gode di canali di diffusione delle notizie che permettono di raggiungere in modo capillare i più svariati angoli del mondo, proprio grazie alla Rete e alle piattaforme cui accedono miliardi di individui.
Libera circolazione di dati e diritti fondamentali: così la guerra ha cambiato tutto
Il ban dei media e fake news russe in tutta l’Europa
Oggi è emerso che i provvedimenti dell’Europa contro i media russi RT e Sputnik riguardano anche motori di ricerca e i social network, non solo le loro tv e i loro video online.
Un portavoce della Commissione europea ha detto che il divieto si applica indipendentemente dal canale di distribuzione, compresi i fornitori di servizi Internet.
Ai motori di ricerca si è chiesto di deindicizzare i due media russi, ai social di impedire la condivisione di loro contenuti.
Google ha anche reso i canali video di YouTube inaccessibili in Europa, mentre Facebook, Twitter e TikTok hanno limitato l’accesso ai canali.
Un portavoce di RT in lingua francese ha detto oggi che le sanzioni “non hanno alcuna base giuridica e violano il principio della libera espressione”. RT Francia ha fatto appello alla Corte di giustizia dell’UE contro le sanzioni dell’UE.
In settimana invece i ministri delle telecomunicazioni dell’UE hanno chiesto alle aziende digitali – Youtube, Google, Meta-Facebook, Twitter – di potenziare l’attività di moderazione fake news (già da loro accresciuta). In particolare quelle del governo russo stanno colpendo molto, su social in varie forme, cittadini dell’Est Europa.
Occorre vigilare per tutelare equilibri tra diritti democratici
In questo contesto emergenziale, credo che sia importante mantenere una certa lucidità perché le compressioni dei diritti siano adottate con tutte le garanzie costituzionalmente previste, circoscritte il più possibile nelle forme e nei tempi.
Veniamo infatti da un periodo di emergenza sanitaria in cui la compressione dei diritti individuali, anche nella libertà di circolazione, ha trovato giustificazione nella necessità di affrontare la diffusione della pandemia.
Oggi, la Commissione chiede alle piattaforme una restrizione non solo degli organi di propaganda russa, ma anche un controllo sull’espressione degli individui e una possibile compressione delle libertà di opinione, rimuovendo i contenuti o impedendo la pubblicazione di contenuti che siano connessi alle fonti ufficialmente bandite.
Questa richiesta non può che spingere a una riflessione su quello che sia il punto di equilibrio tra il bisogno di tutelare i popoli e il bisogno di tutelare lo spazio di libertà che è a fondamento dell’Unione Europea. Come detto da Franco Pizzetti (vedi articolo sopra) sia la circolazione di corrette informazioni sia la tutela della libertà di espressione sono fondamentali a sostegno della democrazia.
Ci si augura che l’emergenza ucraina possa essere uno stimolo ulteriore per l’approvazione del Digital Service Act che prevede già norme stringenti per le piattaforme al fine di contrastare la disinformazione, con un approccio basato sul rischio e che non sia limitato soltanto a fronteggiare l’emergenza umanitaria in corso. L’auspicio è che quanto accade sia uno stimolo a far funzionare meglio la nostra democrazia e non a comprimerne le libertà.
Digital Service Act (DSA): i nodi che restano dopo l’Ok del Parlamento Ue