l’esperienza consumer

Migliorare la compliance nel telemarketing: cosa funziona e cosa no



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L’esperienza diretta con due operatori di telemarketing analizzata sotto il profilo della compliance. Focus su contatto, identificazione, trasparenza informativa e raccolta consensi nella vendita a distanza

Pubblicato il 9 apr 2025

Sergio Aracu

Founding Partner di Area Legale S.r.l.



telemarketing selvaggio (1)

Negli ultimi due mesi ho attivato due offerte, con due differenti players, entrambi considerati tra i “top market” nei rispettivi ambiti di business (energy e telco).

Cercherò, quindi, per una volta, di analizzare in queste poche righe il processo di vendita con lo sguardo di un consumatore (forse appena un po’ più smaliziato di altri) per commentare o offrire spunti anche dal punto di vista del consulente.

Prima fase: il contatto

Specifico subito che ho attivato entrambi i servizi a seguito di un ricontatto, quindi un cosiddetto call back o, lead caldo.

Rilievo: probabilmente se fossi stato contattato “a freddo”, quindi senza un mio interesse, non sarei stato così propenso a proseguire con la sottoscrizione dell’offerta.

Mi sarei posto dei problemi:

  • dove avranno reperito il mio numero?
  • quando ho dato il consenso ad essere chiamato?

So già che, se l’operatore avesse risposto in modo evasivo o non avesse saputo rispondere, avrei appeso senza arrivare a conclusione dell’offerta.

Consigli per le imprese

Consiglio per le imprese: utilizzate operatori formati e fornitegli cruscotti completi anche se non modificabili e comunque sicuri. Metteteli in grado di fornire al consumatore tutte le informazioni necessarie (le trovate descritte nel Codice di Condotta in materia di telemarketing e teleselling approvato dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Esiste una certificazione specifica, per gli operatori di contact center, la Prassi di Riferimento 150:2024 per professionisti di Customer & Data Management. La trovate qui https://store.uni.com/uni-pdr-150-2024 .

Consiglio per le imprese: accertatevi che i vostri canali list provider siano in grado di acquisire consensi consapevoli e comprovabili. La comprova del consenso NON è semplice. Non basta produrre IP e time stamp. Occorre un metodo sicuro e certo. Il Codice di Condotta ne descrive due, ma non sono le uniche strade percorribili.

Da consumatore, avrei voluto sapere DOVE e QUANDO ho dato il mio consenso e, questo, perché purtroppo i sistemi di acquisizione sono ancora troppo fumosi, al limite del dark pattern.

Producono liste di contatti consensati in modo non consapevole o comunque non del tutto consapevole, col risultato di ottenere enormi data base e redemption bassissime. Insomma: uovo (spesso avariato) oggi invece di gallina domani.

Gestione dei ricontatti e formazione degli operatori

Rilievo: in tutte e due i casi sono stato richiamato a stretto giro, forse in uno dei due casi anche un po’ troppo a stretto giro, dato che era domenica mattina e francamente non avevo molta voglia di parlare al telefono. Si, avevo chiesto il ricontatto poco prima. Massima efficienza, ma mi ha vagamente infastidito lo stesso.

Consiglio per le imprese: quando implementate un call back, se possibile implementate anche un sistema di presa appuntamento, almeno per fasce orarie.

Ricordate che l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha considerato eccessivi 15 giorni per la richiamata, ma visto che i provvedimenti non hanno efficacia erga omnes, credo che proprio che un buon consulente possa aiutare nel riuscire a dimostrare che persino quel lasso di tempo può essere conforme, aiutandovi a strutturare un po’ di elementi di utili a dimostrare la buona fede e la eventuale complessità del processo in ordine di effort e di code da smaltire.

Rilievo: il primo operatore che mi ha ricontattato di domenica mattina non era affatto preparato, tanto che avevo rinunciato all’offerta.

Sono stato ricontattato da un secondo operatore dopo circa tre giorni. Estremamente preparato, motivato il giusto, professionale.

Ho chiuso l’offerta senza pormi la domanda tipica di un consumatore “evoluto” o, se volete, di un consulente in ambito data protection: “ma questa seconda chiamata, come si giustifica? La mia richiesta di contatto era stata evasa col primo operatore, non ho accordato consensi ad ulteriori ricontatti”.

Ecco. Aver parlato con un operatore preparato (vedi consigli di cui sopra) mi ha tolto ogni verve di escalation o di ulteriore indagine.

Consiglio per le imprese: con l’aiuto del vostro consulente, strutturate la prima richiamata in modo da acquisire, in caso di KO commerciale (ergo il cliente non arriva ad offerta) la possibilità di eseguire ulteriori contatti in modo lecito e trasparente.

Seconda fase: sottoscrizione dell’offerta

In entrambi in casi sono stato seguito, passo per passo, dagli operatori (uno era interno alla struttura del Committente, l’altro era esterno).

Sicurezza e user experience nella compliance telefonica

Da consumatore e da consulente, ho apprezzato che in entrambi i casi i processi abbiano comportato degli step formali di identificazione e accettazione in due fattori.

Non sono stato infastidito dalla richiesta di carta di identità nel primo caso, ho piacevolmente valutato la minimizzazione della richiesta del solo numero di carta di identità nel secondo caso, se bene unito ad altri elementi identificativi.

Non sono stato infastidito dalla necessità di fare identificare anche la persona che avevo indicato come intestatario della nuova utenza (mia moglie nello specifico) e nel dover farle produrre delega a mio favore per continuare nella contrattazione.

Non sono stato messo in difficoltà dal dover, per varie volte, utilizzare codici OTP per validare i vari passaggi.

Consiglio per le imprese: progettate by design una user experience che tenga conto degli scenari di rischio (tutt’altro che eventuali o poco impattanti) relativi alle false attivazioni o al trattamento illecito di dati personali, in particolare di quelli contenuti nei documenti identificativi. Contemperare queste tre esigenze (facilità di attivazione, sicurezza di identificazione, minimizzazione e sicurezza dei dati personali) è possibile.

Trasparenza e acquisizione ulteriori consensi

In merito alla trasparenza, parto subito con un rilievo: in entrambi i casi le informative, sia in materia di trattamento dei dati personali che in materia contrattuale sono state rese, digitalmente, ma in forma scritta. È stato quindi mutuato un processo analogico, solo lievemente adattato al contesto digitale.

Ecco questo lo trovo profondamente sbagliato. Non ho avuto il tempo per leggere nulla. Avrei di gran lunga preferito avere degli spunti grafici immediati sui punti salienti e poi avere la possibilità di esaminare eventualmente in un secondo layer le altre informazioni.

Risultato? Ho negato i consensi al trattamento dei dati personali. Sono stato per un attimo indeciso, rispetto ai flag contrattuali, di sospendere la conclusione dell’offerta per leggere le mille clausole scritte a corpo 6 ricordandomi, per qualche secondo, di essere un avvocato.

Consiglio per le imprese: la paper compliance deve morire, se davvero si vuole riacquisire (col tempo) la fiducia dei consumatori. Prendete i vostri consulenti privacy e chiudeteli in una stanza con i vostri responsabili del marketing e del canale digital. Vedrete che, dopo qualche ora, li vedrete uscire con soluzioni innovative e performanti. Belle e conformi.

Gli ulteriori consensi

Al netto del fatto che, come detto, li ho negati per mancanza di fiducia dettata dalla mancanza di trasparenza efficace, vorrei specificare che:

  • la normativa (e la giurisprudenza) quando parla di specificità del consenso, si riferisce alla necessità che per ciascuna finalità di trattamento io debba poter accordare o negare un consenso (uno per il marketing, uno per il trasferimento a terzi con finalità di marketing, volendo, uno per la profilazione, etc.)
  • la specificità e la granularità in ordine ai destinatari dei dati, in caso, ad esempio, di trasferimento a terzi con finalità di marketing, devo offrirla certamente, ma in sede di informativa (almeno per categoria) e in modo ancor più specifico in caso di riscontro a istanza di accesso da parte dell’interessato
  • il registro delle opposizioni, ad ogni modo, permette di fare una scelta accurata dei players a cui revocare il consenso, sia per categoria merceologica che per singolo e, addirittura, permette di creare vere e proprie white list.

Detto questo e appurato che quanto segue non è obbligatorio per le imprese, da consumatore, mi sarebbe piaciuto poter scegliere se accordare il consenso a che i miei dati fossero trasferiti a determinate categorie di terzi e non ad altri? Si, forse sì.

Mi sarebbe piaciuto poter scegliere di esser contattato magari via e-mail e non telefonicamente? Si, forse sì.

Consiglio per le imprese

Adottate un approccio proattivo. La politica (con le nuove norme in via di approvazione) l’Autorità Garante, il Codice di Condotta richiedono un impegno sempre maggiore e non sempre sostenibile, forse, per le imprese.

Ma il fine di tutto ciò è arrestare una tendenza che sta portando alla morte di un canale di vendita. Si profila all’orizzonte un incendio devastante, per chi vuol vendere a distanza.

E allora il consiglio non può che esser quello di attivare, per così dire, piccoli incendi controllati.

Rinunciare ora ad un po’ di numeri, per assicurare la sopravvivenza del canale e recuperare la fiducia dei consumatori.

Non temere di ampliare un po’ (volontariamente) la granularità dei consensi, anche oltre le previsioni di legge.

Non temere di rendere più semplice rifiutare tutti i cookies.

Studiare tecniche di informazione moderne ed efficaci, che rendano al consumatore meno difficile accettare che i propri dati siano utilizzati secondo le esigenze dell’azienda.

Investire nella scelta di outsourcers affidabili e solidi, che garantiscano conformità e, soprattutto, remunerare tali outsourcers in modo sufficiente da permettergli di fornire liste di qualità e utilizzare operatori seri, motivati, preparati. Controllare con cura (audit frequenti) i fornitori così come i canali interni.

Affidarsi a consulenti che non producano carta, ma soluzioni e, soprattutto, ascoltarli.

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