I segnali si rincorrono da qualche tempo. Diversi capitani d’azienda, al tempo stesso definibili, secondo uno schema oggi di moda, come influencers, hanno suonato la prima campana.
Non sono più i tempi in cui Mark Zuckerberg poteva liberamente affermare che la privacy (con tutto quello che essa significhi in realtà, dal controllo delle persone sui propri dati, ai diritti di cancellazione e oblio, alle opposizioni alla profilazione espressa o occulta) fosse morta e che anche la protezione dei dati personali non stesse in verità molto bene.
L’intervento di qualche ora fa di Tim Cook, CEO di Apple, a Bruxelles, al quale ho assistito di persona, in quanto delegato alla 40esima Conferenza Internazionale delle Autorità Garanti per la protezione dei dati personali, è uno di quelli destinati a segnare una chiara linea di demarcazione tra il prima e il dopo.
Etica e privacy all’EDPS
La conferenza internazionale dedicata al dibattito sull’etica, collegato al tema del trattamento dei dati – il titolo infatti è “Debating Ethics”-, è ospitata dall’EDPS, lo European Data Protection Supervisor, ossia il Garante per la protezione dei dati delle istituzioni dell’Unione Europea. Occorre non confondere l’EDPS con l’EDPB, European Data Protection Board, ossia la nuova Autorità garante per la protezione dei dati che opererà ai sensi del GDPR in maniera sovraordinata ai Garanti nazionali, con tutti i poteri sanzionatori che la nuova regolamentazione sulla privacy dal 25 maggio scorso ha posto in essere (le famose sanzioni fino al 4% del fatturato di gruppo del trasgressore).
L’Italia – giusto per inciso – gioca qui un ruolo importantissimo, dato che il presidente dell’EDPS è il Consigliere Giovanni Buttarelli, per anni Segretario Generale del nostro Garante privacy, sia sotto la presidenza di Stefano Rodotà sia con Francesco Pizzetti, e con cui ho avuto l’onore di lavorare per molti anni quando ero dirigente in Autorità.
Che Buttarelli e i rappresentanti delle 28 Autorità garanti privacy dell’UE facciano appelli all’industria affinché venga colta la dimensione etica del fenomeno della protezione dei dati personali, unico strumento per mantenere l’uomo al centro della rivoluzione tecnologia che caratterizza la nostra epoca, peraltro con accenti inediti nella storia dell’umanità, è cosa che non sorprende affatto.
Anzi, a dirla tutta, è proprio questa la vera missione che i Garanti della privacy da sempre avrebbero dovuto abbracciare. Il profetico pensiero di uno dei più grandi pensatori dei nostri tempi in materia, Stefano Rodotà, unitamente agli studi e al pensiero di Alan Westin, Yves Poullet, Rafael Capurro, Spiros Simitis, ha in verità prodotto frutti rilevanti: dalla direttiva 95/46, tradotta nei Paesi membri dell’Unione nelle note leggi sulla privacy (in Italia la l.675/96 prima e il Codice Privacy, poi), alla Carta dei diritti di Nizza, inglobata nel Trattato di Lisbona, dalla normativa sulla c.d. e-privacy al GDPR, fino al nostro d.lgs. 101/2018 che ha armonizzato il Codice Privacy al GDPR.
L’appello di Apple
E’ degno di nota, invece, che sia Tim Cook – CEO di Apple, una delle 10 aziende più capitalizzate al mondo che negli anni ha tratto enorme vantaggio, assieme alle altre, da una situazione generalizzata di opacità nella circolazione internazionale delle informazioni personali – a riconoscere il ruolo ormai imprescindibile della regolamentazione dei dati personali, fino a rivolgere, dinanzi una platea di centinaia di delegati riuniti al Parlamento europeo a Bruxelles, in occasione della 40esima Conferenza internazionale dei garanti privacy, un appello affinché gli Stati Uniti adottino senza ritardo una normativa federale sulla protezione dei dati ispirata al modello del GDPR.
Ma c’è di più: il visionario co-fondatore delle mirabili fortune di una delle più grandi e popolari aziende tecnologiche della Silicon Valley, ha opportunamente riconosciuto il fallimento di un modello di sviluppo fondato sulla semplificazione: più tecnologia, uguale più felicità, ammonendo sui rischi per i diritti, la democrazia e la libertà in caso di una perseveranza nello sviluppo di modelli industriali e commerciali che non tengano conto della c.d. Privacy By Design.
Perché sta cambiando tutto per la privacy
Ma perché ciò è avvenuto? E’ tutto basato sulla sensibilità del “boss” dell’iPhone o è una mossa commerciale? Niente di tutto ciò. Semplicemente nell’ultimo anno sono avvenuti tre cruciali fenomeni dalla portata planetaria:
- (i) è esploso il caso Cambridge Analitica che ha dimostrato a tutti che la manipolazione delle persone, la limitazione delle libertà e la fine della democrazia non sono fantascienza e possono ripetersi ed infettare tutti ad ogni livello;
- (ii) con la crescita di Internet e la diffusione del digitale, la criminalità si sta spostando online e la cybersicurezza è un problema serio per la tenuta di imprese e Stati;
- (iii) è entrato in vigore il GDPR e la consapevolezza del problema e la ricerca di soluzioni adeguate è diventata una priorità per i CdA di tutte le imprese del mondo, Apple in primis.
Cook, nel suo intervento, ha stressato alcuni punti decisivi e che fanno riflettere: “La tecnologia è capace di fare grandi cose. Ma la verità è che essa non vuole fare grandi cose. Essa semplicemente non vuole fare nulla. Siamo noi a darle un senso”, ecco dunque l’appello per un’etica delle macchine.
Per un’etica delle macchine
Per fare questo i passaggi da compiere, secondo Tim Cook sono semplici:
- occorre restituire alle persone il controllo pieno sulle loro informazioni, in quanto la privacy e la protezione dei dati personali sono un diritto fondamentale universale;
- occorre superare le barriere nazionali e riconoscere a tali diritti cittadinanza globale;
- occorre spingere sull’anonimizzazione dei dati ed usare quanto più possibile dati anonimi in luogo di dati personali;
- è necessario ingaggiare le persone (utenti, consumatori, cittadini, pazienti);
- è necessario implementare più sicurezza dei sistemi, delle reti e dei terminali.
- E soprattutto occorre che regolatori, legislatori, politica, impresa e cittadini siglino una santa alleanza per riportare l’uomo, la sua delicatezza, la sua complessa fragilità al centro delle responsabili azioni di tutti noi.
E’ l’attenzione all’altro, che deve guidare l’impegno di tutti. Qualche tempo fa scrivevo della necessità di un nuovo umanesimo che coinvolgesse l’uomo e le macchine. Ecco, l’appello di Tim Cook converge con questo pensiero e, prima e soprattutto con le posizioni espresse più volte da grandi influencer dei nostri tempi, non ultimo con il Pontefice Francesco, sotto la cui benedizione, mostrata con orgoglio da Giovanni Buttarelli, sono partiti oggi i lavori della 40 esima Conferenza dei garanti del mondo.