tutela dei minori

Proteggere l’infanzia digitale: guida allo sharenting responsabile



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Il Garante della Privacy stabilisce rigide normative sulla condivisione di immagini di minori online. Focus sulle nuove disposizioni, casi giurisprudenziali e consigli pratici per genitori responsabili

Pubblicato il 28 feb 2025

Lucia Gamalero

Privacy Specialist e Responsabile GDPR Scuola



sharenting

Il Garante della privacy presta particolare attenzione alla tutela dei minori, e ha recentemente condiviso sui social e sulle reti radio tv della rai uno spot per limitare il fenomeno dello “sharenting” e invitare i genitori a riflettere e a essere più consapevoli della protezione dei dati personali prima di postare foto online del proprio figlio minorenne.

“La sua privacy vale più di un like”. Lo spot del Garante privacy a tutela dei minori

Che cos’è lo “sharenting”

Il termine “sharenting”, nato negli Stati Uniti dalla fusione delle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità), indica la pratica di condividere regolarmente online foto, video e informazioni dei propri figli.

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Sebbene per molti genitori pubblicare immagini della crescita dei bambini, dalla prima ecografia al primo giorno di scuola, sembri un gesto naturale, è fondamentale considerare i potenziali rischi dello sharenting per la sicurezza e la privacy dei minori.

Non dimentichiamoci, infatti, che, una volta condivisi online, i contenuti sono difficilmente cancellabili.

Foto e video possono rimanere in rete per sempre, influenzando l’immagine e la reputazione dei minori anche in età adulta.

Inoltre, una volta cresciuti, i ragazzi potrebbero non approvare il modo in cui sono stati rappresentati, o essere imbarazzati dalle informazioni divulgate.

Un ulteriore rischio deriva dall’uso illecito dei contenuti da parte di terzi, che potrebbero impiegarli per furti d’identità o per attività criminali, come l’adescamento online o il bullismo.

Immagini dei minori sui social, quando interviene l’Autorità

La legislazione europea considera i minori come “persone fisiche vulnerabili”, che meritano “una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali” (vedi Considerando n. 75 e n. 38 del Regolamento EU 2026/679).

Recentemente il Garante della privacy, con il provvedimento del 13 novembre 2024, ha ribadito che per postare sui social immagini che ritraggono minori di 14 anni è necessario il preventivo consenso di entrambi i genitori.

Invece, se il minore ha compiuto quattordici anni, la normativa italiana gli riconosce la facoltà di decidere autonomamente sulla pubblicazione.

Nel caso in esame, il Garante è intervenuto a seguito di un reclamo di una madre, che lamentava la pubblicazione di una foto del figlio (minore di quattordici anni) da parte del padre sul proprio profilo Facebook.

La donna aveva già chiesto all’uomo, senza alcun risultato, la rimozione dell’immagine, ritenendola lesiva della riservatezza e della reputazione del figlio.

Il bambino era ritratto assieme al fratello, anch’egli minore, e la foto era accompagnata da un commento del padre circa la loro somiglianza, pur essendo nati da madri diverse.

Nel provvedimento, l’Autorità ha precisato che la pubblicazione della foto oggetto di reclamo è avvenuta in assenza di un’idonea base giuridica, in quanto il consenso alla pubblicazione di immagini di minori di quattordici anni deve essere espresso sia dal padre che dalla madre, benché non più conviventi, a cui è stato riconosciuto l’affidamento condiviso dei figli.

Pertanto, il Garante ha ritenuto la pubblicazione della foto illecita, in assenza del consenso di entrambi i genitori.

L’Autorità ha quindi ammonito il padre senza imporre ulteriori sanzioni, dato che quest’ultimo non aveva precedenti analoghi, né subito contestazioni o provvedimenti in passato.

Anche all’estero la giurisprudenza si è già mossa in questa direzione.

Ad esempio, la corte olandese Gederland, accogliendo il ricorso di una mamma di due minori di 16 anni, aveva ordinato alla nonna di rimuovere le foto da Facebook e da Pinterest, fissando una penale giornaliera in caso di ritardo nella cancellazione.

La corte olandese, in quell’occasione, aveva ritenuto che l’attività di pubblicazione delle foto non fosse giustificata dall’esimente domestica, e che perciò si applicasse al caso in esame la normativa del GDPR, perché le foto erano pubblicate su social media e condivise con soggetti terzi, senza averne più il controllo.

Alcuni consigli del Garante per i genitori

Per chi desidera comunque condividere immagini dei propri figli online, il Garante della privacy suggerisce alcune precauzioni:

  • rendere irriconoscibile il viso del minore utilizzando programmi di grafica (disponibili anche gratuitamente online) per “pixellare” i volti;
  • coprire semplicemente i visi con una emoticon;
  • limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social solo alle persone affidabili, che non condividono senza consenso;
  • evitare la creazione di account social dedicati ai minori;
  • leggere attentamente le informative sulla privacy delle piattaforme utilizzate.

I pericoli e i rischi delle chat

Ricordiamo infine che occorre fare attenzione anche alle immagini condivise attraverso chat (e non soltanto sui social), le quali possono facilmente uscire dal contesto privato, compromettendo la riservatezza della persona immortalata.

Le foto possono essere scattate e conservate per uso domestico e personale, ma non devono essere diffuse senza il consenso degli interessati.

Quindi, anche la condivisione di informazioni in chat va fatta con consapevolezza e, per la diffusione di immagini di minori 14 anni, il consenso va dato da chi esercita la responsabilità genitoriale.

La tutela della privacy dei minori

Tanto i genitori quanto le scuole hanno l’obbligo di proteggere l’immagine e la privacy dei minori.

Questo principio è sancito anche dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, e ratificata in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176.

L’art. 3 della Convenzione afferma che “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”.

Nei commi 1 e 2 dell’art. 16 si afferma inoltre che “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”.

Infine, è importante ricordare che tutto ciò che viene pubblicato in rete è destinato a rimanere, e può facilmente sfuggire al controllo di chi lo ha caricato.

Come contrastare il fenomeno dello “sharentng”

Educare l’opinione pubblica sui rischi dello “sharenting” è fondamentale.

Scuole ed enti locali dovrebbero organizzare iniziative per sensibilizzare genitori e ragazzi sui pericoli della condivisione online, analizzando le implicazioni per la privacy e promuovendo comportamenti responsabili.

La protezione della privacy dei minori non è solo una questione legale, ma un investimento nel loro futuro e nei loro diritti fondamentali.

Ridurre il fenomeno dello “sharenting” è una responsabilità collettiva, a tutela delle generazioni di domani.

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