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Registro dei consensi: ecco perché non è la soluzione al Telemarketing Illegale



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Il Registro dei Consensi, un database per iscriversi alle comunicazioni di marketing, è tornato al centro del dibattito pubblico. Nonostante la normativa ePrivacy preveda già il consenso, l’Italia adotta un regime derogatorio. Il problema principale rimane l’illegalità nel telemarketing. Soluzioni integrate e il Codice di Condotta potrebbero migliorare la situazione

Pubblicato il 20 giu 2024

Sergio Aracu

Founding Partner di Area Legale S.r.l.



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Da qualche mese si sente sempre più spesso parlare, nelle trasmissioni televisive, in radio, su alcune testate giornalistiche meno specializzate, di registro dei consensi.

Cos’è il registro dei consensi: definizione e origine

Il registro dei consensi dovrebbe essere, per l’appunto un database in cui gli utenti ed i contraenti dovrebbero iscriversi solo e soltanto se intenzionati a ricevere comunicazioni di marketing.

Da tale registro, e solo da esso, potrebbero attingere i titolari del trattamento che intendessero effettuare contatti con finalità commerciale.

In effetti, però, l’idea del registro dei consensi non è una novità.

Nel 2017 risultava declinata in un Disegno di Legge che tentò di introdurre il “registro universale dei consensi”.

Il registro dei consensi nel Disegno di Legge del 2017

Nel testo del progetto normativo, lo strumento veniva tratteggiato come un registro in cui i Titolari del trattamento avrebbero dovuto far confluire tutti i consensi al telemarketing espressi dal “cittadino” – “utente interessato” (con buona pace dei contraenti, quindi delle persone giuridiche oggi tutelate dall’art. 130). L’interessato, accedendo a tale registro, avrebbe potuto revocare e gestire i consensi rilasciati.

Per qualche anno di una soluzione di tal fatta non si era più sentito parlare.

Ultimamente però – complice la diffusa e comprensibile intolleranza verso il fenomeno del telemarketing illegale – l’argomento sta tornando in auge insieme con la passione per i registri in generale da parte della politica (nel 2023 è stato presentato un progetto di Legge dal titolo evocativo di “istituzione del registro pubblico dei dati personali”).

La Direttiva ePrivacy e l’applicazione in Italia

Ma partiamo dalle basi: cosa prevede la Direttiva ePrivacy e cosa come viene applicata nel nostro Paese.

La direttiva 58/2002 (ePrivacy) che disciplina le Comunicazioni Indesiderate, prevede già il consenso (opt-in) come base di legittimità.

La differenza tra il nostro Paese ed altri come, ad esempio, l’Olanda o la Repubblica Ceca (che sempre vengono citati dai fan del “registro dei consensi” come modelli di virtù) è che in Italia si è scelto di approfittare della possibilità – residuale – offerta dalla Direttiva ePrivacy di bypassare il consenso a talune condizioni.

Come noto, queste condizioni (che trovate elencate nell’art. 130, comma 3bis, del Codice Privacy) sono:

  • che il contatto non sollecitato sia effettuato con l’uso del telefono o della posta cartacea;
  • che il contatto avvenga solo verso numerazioni/indirizzi contenuti in elenchi dei contraenti a disposizione del pubblico (n.b. solo gli elenchi disciplinati dal primo comma dell’art. 129 del Codice Privacy, non qualsiasi elenco o numero o indirizzo pubblicato online);
  • che il contatto avvenga solo verso quei numeri/indirizzi che non risultano iscritti nel Registro delle Opposizioni (e, oggi, “della revoca dei consensi”).

Il ruolo dell’opt-in e dell’opt-out nel telemarketing

A questo è limitato il regime derogatorio italiano che applica il cosiddetto “opt-out”.

Per tutto il resto, vige la regola della necessità di raccogliere un consenso, quindi, vige la regola conosciuta in Europa come “opt-in”.

Ma anche se in Olanda fosse davvero in vigore un registro dei consensi e questo registro fosse efficace nel contrastare il telemarketing illegale e al tempo stesso garantire l’attività di impresa e i posti di lavoro che il canale del teleselling garantisce, davvero vogliamo paragonare l’Olanda all’Italia?

L’Olanda dove tutti si fermano agli stop anche quando nessuno arriva dall’altro lato dell’incrocio?

I problemi relativi al telemarketing illegale

La difficoltà nel combattere il telemarketing illegale non sta nella mancanza di regole.

Sta nel totale disprezzo di tali regole da parte del famoso “sottobosco” di players illegali i quali, paradossalmente, acquisiscono spazio di manovra con l’aumentare dell’impatto regolatorio sui player legali.

In un mercato sovraregolato, chi rispetta le regole va molto più lento di chi le ignora.

Un registro dei consensi, semplicemente, sarebbe esiziale per il canale legale e lascerebbe campo aperto per gli illegali che ne ignorerebbero l’imposizione esattamente come ignorano, attualmente, i paletti di legge sino ad arrivare ad utilizzare compositori automatici di numeri telefonici se bene, anch’essi, espressamente vietati dalla Legge.

Le possibili soluzioni al problema del telemarketing illegale

E quindi? Qual è la soluzione? Non mi stancherò mai di ripetere che raramente i veri problemi si risolvono con una unica soluzione.

Come già scritto ampiamente anche su questa piattaforma, di soluzioni ce ne sono varie e se operano in sinergia, con il tempo si riveleranno efficaci.

Il Codice di Condotta approvato dal Garante Privacy sta muovendo i primi passi e non appena sarà pienamente operativo, contribuirà sensibilmente a togliere dal mercato buona parte del sottobosco.

Siamo in attesa dell’applicazione, da parte di Agcom, delle norme di cui al Decreto correttivo al codice delle Comunicazioni che concedono a tale Autorità il potere di imporre agli operatori di telecomunicazioni di individuare e bloccare le chiamate provenienti dall’estero effettuate mediante CLI spoofing illegittimo.

Senza dimenticare il Registro delle Opposizioni, che viene ampiamente utilizzato da tutti i player che operano nella legalità.

Non è dato sapere quanto tempo occorrerà, ma penso di poter affermare che soluzioni drastiche che garantiscano risultati immediati, francamente non ne vedo.

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