l'analisi del decreto

Registro opposizioni, come cambia il telemarketing e i nodi aperti

Pubblico il decreto che attua il regolamento per il nuovo registro opposizioni. Potremo iscrivere tutti i numeri e l’iscrizione vieta le chiamate annullando anche i consensi dati in precedenza (ma non quelli successivi; l’iscrizione si può ripetere). Ecco gli impatti. E restano alcune questioni da chiarire

Pubblicato il 01 Apr 2022

Lucio Scudiero

Senior Associate at Legance – Avvocati Associati

Si scrive registro delle opposizioni, ma si legge registro delle revoche (dei consensi). E’ quello pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 marzo (D.P.R numero 26 del 27 gennaio 2022), e dà finalmente attuazione alla legge 5/2018 che aveva innovato la normativa del telemarketing e del marketing postale. Il nuovo registro sarà operativo – salvo intoppi – entro luglio.

Nuovo regolamento registro opposizioni

Il nuovo regolamento – che sostituisce il D.p.r. 178/2010 – abilita i contraenti, tramite l’iscrizione di una o più numerazioni fisse o mobili al registro delle opposizioni, a revocare tutti i consensi precedentemente espressi al marketing diretto, effettuato per posta cartacea, telefono con operatore o tramite chiamate automatizzate (le cd. robocalls).

  • La principale novità rispetto al passato consiste nella possibilità di iscrivere al registro anche i numeri cellulari (oltre che i fissi), e a prescindere dalla fonte da cui siano tratti (in precedenza era possibile farlo solo per le numerazioni fisse presenti in elenchi pubblici di contraenti).
  • Inoltre, una volta revocati i consensi precedenti con questa modalità, sarà impedita anche la circolazione delle liste marketing che contengono i numeri oggetto di revoca (“l’iscrizione preclude qualsiasi trattamento”, art. 7 comma 6 del D.p.r. 26/2022).

Insomma, potremo iscrivere tutti i numeri e l’iscrizione vieta le chiamate annullando anche i consensi dati in precedenza (ma non quelli successivi; l’iscrizione si può ripetere).

Telemarketing, il Registro delle opposizioni verso la rivoluzione: cosa cambierà

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Rimane tuttavia una deroga: viene infatti fatta salva la possibilità di contatto di contraenti che abbiano espresso un consenso nel contesto di rapporti contrattuali in essere o cessati da meno di 30 giorni (Art. 1 comma 5 l. 5/2018); la formula non è di immediata comprensione, in quanto presuppone che, laddove il titolare abbia precostituito una doppia copertura per il marketing diretto (il contratto di servizio e il consenso), può superare l’eventuale revoca espressa tramite l’iscrizione al registro.

Un problema operativo e giuridico

Ciò da un lato contrasta con l’interpretazione della disciplina di settore ripetutamente sostenuta dalle autorità privacy europee, secondo le quali le basi giuridiche per i trattamenti di dati personali devono essere specifiche e ben identificate, e dall’altro, autorizzando le comunicazioni commerciali anche a contratto terminato (da non oltre 30 giorni), pone un problema operativo oltre che giuridico: come si farà a verificare, a fronte di un numero di cellulare iscritto al registro, che con il titolare di quel numero l’impresa Alfa aveva un contratto concluso da non oltre 30 giorni e un consenso? Si tratta tuttavia di uno strafalcione non imputabile al legislatore di secondo livello, quanto al Parlamento, che nel 2018 aveva inserito quella formula nella legge sul marketing.

Il nuovo regolamento del registro delle opposizioni rende possibili le “revoche delle revoche”, tutte tracciate dal registro, nel senso che un contraente può selettivamente abilitare il marketing diretto di Tizio, opponendosi a quello di Caio.

In tali casi, però, c’è un doppio binario possibile: se il numero (o il domicilio fisico) rispetto al quale è stata revocata l’opposizione è presente in elenchi pubblici, risulta utilizzabile senza ulteriori salvaguardie; ove invece tale numero non sia contenuto in elenchi pubblici, perché torni contattabile a seguito della revoca dell’opposizione è necessario che sia prestato dal contraente uno specifico consenso al titolare del trattamento. In via del tutto pleonastica, il nuovo Dpr aggiunge che tale consenso dovrà essere raccolto nel rispetto delle norme ordinarie in tema di consenso; ciò che si può aggiungere è che tali regole vanno intese secondo gli orientamenti giurisprudenziali più recenti, per i quali “gli interessati ben possono mutare opinione rispetto al trattamento dei loro dati personali, revocando il dissenso già espresso, ma nell’ambito di iniziative che li vedano protagonisti” (Cass. Civ. del 26 aprile 2021) e il consenso deve comunque precedere il primo contatto: non sarà dunque ammissibile chiamare un contraente che abbia revocato l’opposizione, o inviargli un sms, per chiedere l’autorizzazione al ricontatto per finalità commerciali (Cass. Civ. 9920/2022).

Registro opposizioni, le questioni privacy

Ma al di là dei casi in cui un contraente abbia revocato l’opposizione in precedenza espressa tramite l’iscrizione al registro, va tenuto a mente che in ogni caso il consenso prestato al singolo titolare successivamente all’iscrizione nel registro delle opposizioni prevale sulla revoca anteriore, perché ciò discende dai principi generali del GDPR e dalla legge 5/2018 (art. 1 comma 6).

Quanto all’ambito di applicazione rilevante delle regole in commento, va osservato che per il Dpr il soggetto tutelato non è l’interessato, dunque la persona fisica, bensì il “contraente” (quindi pure l’impresa), in osservanza alle norme speciali della Direttiva UE 2002/58 sulla privacy nelle comunicazioni elettroniche, a loro volta trasposte nell’ordinamento nazionale dentro il Titolo X del Codice Privacy.  Ciò appare corretto, sebbene la normativa primaria da cui tale Dpr dipende (la legge 5/2018) confonda spesso l’interessato col contraente, e viceversa.

Operativamente, prima di ogni campagna di marketing, l’impresa che si accinge a effettuare il marketing dovrà fare il cd. “lavaggio” delle proprie liste di contatto nel registro delle opposizioni (rectius, delle revoche); le verrà restituita una lista, appunto, “lavata” (non è ammessa, infatti, l’estrazione di parti del registro), valida 15 giorni se la campagna è telefonica, 30 giorni se è di posta cartacea. Non è chiaro tuttavia come dovrà avvenire, da un punto di vista tecnico e di formato, il confronto tra le liste di contatto dell’impresa, che potrebbero ricomprendere anche numerazioni per le quali è stato fornito un consenso specifico e successivo dal contraente, e il registro: è evidente che andrà individuata una modalità tecnica per salvare dal “lavaggio” tutti quei numeri per i quali, appunto, c’è un consenso specifico successivo del contraente, ma perché ciò accada serve qualche specifica in più in tema di standard da applicare alla raccolta dei consensi marketing da parte di tutte le imprese  in via ordinaria, che si tradurrà verosimilmente in faticose e costose riorganizzazioni dei CRM aziendali nell’ottica di raccogliere i consensi marketing in un formato che sia interoperabile con quello del nuovo registro delle opposizioni.

Infine, e come anticipato, dal momento che la novella si applica anche a quelle numerazioni (fisse) non ricomprese in elenchi pubblici di contraenti (quelli disciplinati dall’art. 129 del Codice Privacy), il regolamento ne prevede l’iscrizione di default nel registro delle opposizioni; l’obbligo di segnalare queste numerazioni al gestore del registro è degli operatori telefonici.

Che succede ora

Il nuovo registro dovrebbe diventare operativo entro il 31 luglio 2022, data dalla quale va inteso come abrogato il Dpr 178/2010, di disciplina della vecchia versione del registro delle opposizioni; inverosimile che il Ministero dello Sviluppo Economico riesca, con proprio provvedimento, ad accertarne l’operatività prima di quella data, secondo la strana disciplina delle abrogazioni e della transizione prevista all’art. 14 del nuovo Dpr.

Fino ad allora, le opposizioni tramite iscrizione nel registro delle opposizioni continueranno ad essere disciplinate dal Dpr 178/2010. Un problema di non poco conto si porrà nel caso in cui, alla data sopra indicata, il nuovo registro non fosse già operativo, perché in quel caso sarebbe formalmente abrogato il vecchio Dpr che lo disciplina e non sarebbe ancora possibile l’esercizio dei diritti secondo il Dpr che gli succede, producendo come esito una situazione di incertezza normativa che potrebbe far danni tanto alle imprese quanto ai consumatori.

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