Regolatori contro Google & Co: ecco la (bella) stagione nuova che potrebbe aprirsi

Dallo scontro in atto tra i regolatori americani ed europei (Antitrust e garante privacy insieme) e i giganti del web potrebbe affacciarsi una terza via del digitale: quella dello sviluppo economico e etico. Due cose di cui, specie in Italia, si sente molto bisogno. Ma la strada è ancora molto lunga. Ecco perché

Pubblicato il 06 Giu 2019

Rocco Panetta

Partner Panetta Studio Legale e IAPP Country Leader per l’Italia

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Da settimane, mesi ormai, si rincorrono voci, comunicati stampa e commenti degli osservatori sulla concentrata attenzione dei regolatori sulle attività svolte dai leader nel mondo della rivoluzione digitale dell’ultimo decennio – i cosiddetti Over The Top (ultimissima notizia, l’azione di nove Paesi europei tra cui l’Italia alle rispettive autorità nazionali Antitrust – invece che ai Garanti Privacy – per la gestione automatizzata degli annunci pubblicitari in possibile violazione del Gdpr, NDR.).

E’ un fenomeno transitorio e per nulla idoneo ad incidere sugli equilibri (o squilibri) ormai consolidatisi a partire dall’ultimo decennio nel vasto mercato digitale oppure è un trend inarrestabile a cui gli OTT – e con loro tutto il mondo che gli ruota attorno, dall’advertisment al social, dal marketing al retail – dovranno adattarsi? Si tratta di un felice o infelice (a seconda dei punti di vista) risveglio dei regolatori o è normale amministrazione per autorità nazionali di controllo e garanzia articolate ed interconnesse a livello nazionale ed internazionale nel settore privacy e antitrust?

Come sempre quando ci si approccia a temi cosi complessi è d’obbligo la prudenza ed occorre stare lontani dal sensazionalismo.

Senza dubbio colpisce la ripetitività di azioni concentrate negli ultimi tempi e di relative sanzioni nei riguardi dei giganti del web, tanto a livello di Stati nazionali membri dell’UE (Italia, Germania, Francia, Irlanda, Spagna) quanto a livello centrale (EU Antitrust e EDPB); e questo solo per restare in Europa, senza contare le azioni in corso negli Usa, tanto ad opera della Federal Trade Commission quanto dal Department of Justice.

Il difficile mestiere del regolatore

La prima conseguenza immediata, in questi casi, è la flessione (in alcuni casi il crollo) in Borsa del valore delle azioni delle società scrutinate, il che potrebbe indurre a pensare anche a qualche ondata speculativa in danno agli OTT e alle economie e ai mercati che li sostengono. Oppure, si potrebbe pensare ad un tardivo, quanto legittimo, intervento delle principali Autorità preposte in Europa e USA.

Credo, francamente, che il sincronismo sia casuale, mentre la maturazione temporale un po’ ritardata rispetto alle aspettative dell’opinione pubblica sia fisiologica. I temi che ci impegnano sono difficilissimi ed ogni mossa d’autorità, se non ponderata e validamente “falsificata” – per dirla con Popper – più e più volte dai funzionari e dai tecnici dei garanti, rischia di creare i tipici danni dell’elefante in una cristalleria, con pericolosi effetti domino su tutta la filiera economica e produttiva su cui si regge la società contemporanea.

Ogni fascicolo, ogni procedura che viene aperta può richiedere mesi, in alcuni casi anni, prima di arrivare alla maturazione del provvedimento prescrittivo o inibitorio e, nei casi più gravi, alla irrogazione della sanzione.

Quando il Parlamento ed il Governo italiani, nei primi anni del 2000, decisero di abbandonare la vecchia legge sulla privacy, la legge n. 675/96, introducendo il Codice Privacy con il d.lgs. n. 196/2003, contemporaneamente rinforzarono il sistema sanzionatorio introducendo il meccanismo dei moltiplicatori della sanzione massima edittale, proporzionati fino a quattro volte in ragione di alcuni parametri oggettivi.

Nonostante ciò, ci volle quasi un decennio prima di vedere irrogata la prima sanzione milionaria da parte del Garante privacy – guarda caso proprio ad un OTT – e di certo non per sua inerzia o disattenzione, ma proprio in ragione del fatto che le azioni dei regolatori richiedono tempo, coordinamento internazionale e modalità opportune di dialogo con player di dimensioni spesso gigantesche e che producono valore e lavoro per decine di migliaia o centinaia di migliaia di individui. Senza contare il fatto che una azione non perfettamente orchestrata nei minimi dettagli da parte delle Autorità garanti genererebbe continui e costosi conteziosi per la collettività e gli operatori.

Tra i due litiganti potrebbe vincere la “terza via”

Certo non è semplice seguire in maniera lineare il ping pong virtuale tra Data Protection Authorities e Antitrust, nella doppia analisi focalizzata ora su presunti abusi di posizione dominante attraverso l’uso di dati personali, ora sui contenuti delle informative e sui presupposti di liceità del trattamento dei dati, che al tempo stesso possono generare alterazioni sulla capacità del consumatore di effettuare scelte consapevoli, non solo rispetto all’uso dei propri dati, ma anche con riferimento ad acquisti di beni e servizi.

E non credo sia semplice neanche per le stesse autorità rimanere serenamente nei confini delle proprie competenze, senza correre il rischio di generare costosi ed inefficienti bis in idem o di occuparsi di cose di cui hanno poca o nessuna competenza specifica.

Un dato è certo, l’eterno nodo gordiano relativo all’equilibrio tra diritti degli individui, rappresentati e tutelati anzitutto dalle Autorità preposte, e diritti ed interessi dei principali player economici, sta raggiungendo punte di inedita criticità, anche in ragione della disponibilità e duttilità delle tecnologie che ne caratterizzano le relative dinamiche.

Dall’inevitabile scontro potrebbe uscirne sconfitto uno dei due blocchi, con conseguenze in entrambi i casi devastanti. Ma si potrebbe anche affacciare una terza via del digitale, quella del bilanciamento di interessi contrapposti spesso ad arte e che se invece fossero adeguatamente contemperati, come peraltro Costituzione italiana e Trattati europei imporrebbero, e come da sempre ci ha insegnato il pensiero e l’azione di Stefano Rodotà, si aprirebbe la strada ad una stagione di sostenibile sviluppo economico ed etico della nostra società.

E mai come in questo momento, specie in Italia, abbiamo bisogno di entrambe le cose – sviluppo economico e crescita etica – cosi come abbiamo bisogno dell’aria che respiriamo.

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