Può avvenire, dopo aver scattato una fotografia che mostra la propria nudità o dopo aver registrato un video a contenuto sessuale, che questi entrino in possesso di un’altra persona. Anche se i contenuti sono stati inviati dal proprietario dei file, la persona che li riceve non può e non dovrebbe diffonderli. Se quest’ultimo lo fa senza il consenso commette il reato di Revenge Porn.
Cos’è il revenge porn e come la legge difende le vittime
L’espressione “Revenge Porn”, che tradotto alla lettera significa “vendetta pornografica”, indica quell’azione che consiste nel vendicarsi di una persona, solitamente l’ex partner, diffondendo materiale sessualmente esplicito in cui la vittima ne è ritratta.
Il codice Rosso[1] ha introdotto nella legge italiana un nuovo caso particolare nel Codice penale, all’art. 612-ter, intitolato “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”.
La pratica si è diffusa molto negli ultimi anni e ha portato alla morte di molte persone che, non sopportando il peso della vergogna, hanno deciso di togliersi la vita.
La nuova norma introdotta dal codice rosso punisce le persone che, dopo aver realizzato, sottratto, ricevuto o acquisito materiale pornografico, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso di chi viene raffigurato.
Le immagini o video a contenuto sessualmente esplicito possono essere relativi alle zone erogene, perciò riguardanti sia le aree circoscritte agli organi genitali, ma anche altre parti anatomiche. Occorre escludere però le immagini che ritraggono persone in costume, bikini, atteggiamenti ammiccanti o in abiti provocanti.
La pena per i reati di revenge porn
In Italia, la legge sul Revenge Porn punisce chiunque commetta il crimine con la reclusione da uno a sei anni e con una multa da 5.000 a 15.000 euro.
La pena aumenta se i fatti sono commessi:
- dal coniuge (anche separato o divorziato) o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva con la vittima;
- in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica e in danno di una donna in stato di gravidanza.
Operazioni tecniche e analisi per un caso di Revenge Porn
Le Forze dell’Ordine, autorizzate dai Pubblici Ministeri, sempre più spesso chiedono l’ausilio di Consulenti Tecnici Informatici Forensi durante le operazioni di perquisizione, sequestro ed analisi in merito a casi di Revenge Porn.
Gli elementi multimediali di natura pornografica vengono condivisi all’interno di profili social o tramite messaggistica istantanea, i quali per loro natura sono accessibili da qualsiasi dispositivo informatico moderno, rendendo quindi i dati contenuti estremamente facili da eliminare anche da remoto.
Le operazioni di analisi nei casi di revenge porn
Di seguito vengono proposte le principali fasi tipiche da attuare durante un’operazione di questo tipo:
- Individuazione e isolamento dei sistemi informatici (Pc, smartphone, tablet, supporti di memoria);
- Individuazione e isolamento di account online e portali web (e-mail, profili social, file sharing, archiviazione online, siti pornografici);
- Richiesta di credenziali per l’accesso, codici di sblocco, PIN, password e cambio delle stesse;
- Richiesta della presenza di dati cifrati e relativa password di decifratura.
Per effettuare le operazioni di analisi fronteggiando un caso di Revenge Porn è bene occuparsi di visionare attentamente:
- Contenuti multimediali, quindi immagini e video che ritraggono la persona offesa durante atti sessuali, il percorso in cui sono salvati, al fine di comprendere se vi è condivisione assidua e frequente di contenuti, ove si trova lo scambio e con chi avviene;
- Comunicazioni presenti all’interno di applicazioni quali WhatsApp, Facebook Messenger, Instagram, ma soprattutto Telegram, spesso luogo privilegiato per lo scambio di questa tipologia di contenuti;
- Ricerca tramite tecniche OSINT (Open Source INTelligence) di contenuti di natura pornografica con protagonista la vittima all’interno delle fonti aperte, ovvero social network e portali web di natura pornografica.
A questo punto è fondamentale attuare una ricerca accurata, soprattutto all’interno di gruppi in cui vengono scambiati numerosi messaggi e file multimediali. Oltre a ciò, conoscendo il nome della parte offesa, è bene ricercare all’interno dei dispositivi e degli account del presunto divulgatore la comunicazione avvenuta tra i soggetti, al fine di far emergere eventuali minacce, offese, ricatti, intimidazioni. Effettuate tali analisi è quindi possibile comprendere se l’intenzionalità da parte del presunto indagato a far circolare materiale pornografico si concretizza, su che piattaforma e in che modalità.
Le modalità di diffusione di materiale revenge porn
Solitamente, infatti, vi sono due modalità di diffusione principali in merito all’ambito della vendetta pornografica:
- La pubblicazione mediante canali social network (amici, parenti, colleghi, conoscenti, compaesani). Spesso chiunque diffonde materiale pornografico mediante Social Network lo realizza per pura vendetta nei confronti del/la partner. Di conseguenza, la condivisione diventa sempre più ampia giungendo ad una molteplicità di persone veramente vasta.
- L’upload su portali pornografici. Chiunque carica immagini o video lesivi della reputazione altrui su portali dedicati commette il reato di diffamazione.
Casi di Revenge Porn declinati al maschile
Non sono solo le donne, però, ad essere vittime di Revenge Porn, anche gli uomini stessi spesso sono parte lesa di questa tipologia di reato. Andrea Giorgini, aspirante comico di Roma su Facebook conosce una ragazza in chat, ed è così che una normale videochiamata diventa una call sessuale e ad un certo punto, al posto della ragazza, appare il video registrato che lo ritrae in pose sessuali. Da questo punto ha avuto inizio la strategia del terrore: messaggi minatori, videochiamate continue e, soprattutto, screenshot della videochiamata inviata a tutti i contatti del ragazzo. Dopo minacce e richieste di denaro, l’uomo denuncia superando l’umiliazione e la vergogna condividendo la sua esperienza attraverso un post Instagram, disinnescando il circolo della paura.
La Polizia Postale e delle Comunicazioni ha effettuato, in diverse città italiane, un’operazione che ha permesso di identificare e denunciare gli amministratori di tre canali Telegram contenenti immagini denigranti e commenti più: “La Bibbia 5.0”, “Il vangelo del pelo” e “Stupro tua sorella 2.0”.
L’indagine è stata coordinata dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni e ha visto coinvolte le Procure presso il Tribunale Ordinario di Milano, Palermo, Bergamo e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo. Uno degli amministratori, ventinovenne bergamasco, è stato indagato per aver adoperato i canali a scopo di Revenge Porn nei confronti della ex partner.IL
Conclusioni
Concludendo, chiunque sia stato vittima di Revenge porn ha diritto all’oblio, il quale ha inizio con la richiesta ai portali pornografici di rimuovere i contenuti lesivi indebitamente caricati. Dopo aver effettuato tale operazione, viene inoltrata la richiesta ai motori di ricerca (Google, Bing, Yahoo, ecc.) di eliminare dai risultati di ricerca qualsiasi riferimento ai contenuti, de-indicizzando tutte le pagine riconducibili ai fatti, al fine di eliminare qualsiasi traccia e riscattare quindi la propria web reputation.
Note
- La legge 19 luglio 2019, n. 69 (nota come Codice Rosso) è una legge della Repubblica Italiana a tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze, per atti persecutori e maltrattamenti. ↑