IA e creatività umana

Scorza: “Se le opere dell’ingegno sono (anche) dati personali”



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Da quelle letterarie a quelle grafiche e pittoriche, passando per musica, fotografia e cinema: non c’è opera di ingegno che l’IA non sappia emulare, imitare, riprodurre. E se i frutti della creatività umana fossero considerati anche dati personali dei loro autori?

Pubblicato il 24 mag 2023

Guido Scorza

Autorità Garante Privacy



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In mezzo mondo doppiatori, sceneggiatori, fumettisti e decine di altre categorie di artisti e creativi guardano con preoccupazione all’intelligenza artificiale che avanza perché iniziano a sospettare che stia per sottrarre loro il lavoro o, almeno, per abbatterne il valore al di sotto di qualsivoglia soglia di sostenibilità.

La preoccupazione non è peregrina.

L’IA minaccia l’umanità dei processi creativi

Decine di servizi – diversamente evoluti – basati su algoritmi, modelli e intelligenze artificiali già disponibili online gratis o a poche decine di dollari all’anno consentono, ormai, di generare contenuti capaci di emulare, imitare, riprodurre prestazioni e opere dell’ingegno di qualsivoglia genere dalle opere letterarie a quelle grafiche e pittoriche, passando per quelle musicali, fotografiche e cinematografiche.

L’umanità dei processi creativi e, con essa, un certo tipo di industria creativa è, innegabilmente, esposta a una minaccia che non ha precedenti nella storia.

Quasi inutile fare esempi: ci sono servizi online capaci di far “doppiare” artificialmente a un robot intere opere cinematografiche usando la voce originale dell’attore accanto a servizi capaci di disegnare intere strisce di fumetti usando esattamente lo stesso tratto, lo stesso stile, la stessa “mano” di disegnatori e fumettisti di grido e ci sono, egualmente, analoghi servizi in grado di disegnare vignette e immagini per giornali e periodici con risultati quasi indistinguibili rispetto alle analoghe opere di grafici e vignettisti di fama mondiale. Lo stesso sta accadendo con la musica.

E siamo solo all’inizio.

Il costo irrisorio dei contenuti dell’IA

Tutto questo, naturalmente, con una caratteristica non di poco conto: a fronte di una sostanziale fungibilità del prodotto generato – specie davanti a un pubblico con gusti generalmente sempre meno raffinati – il costo di realizzazione di questi contenuti è irrisorio o, almeno, non paragonabile a quello attuale. E lo stesso vale per i tempi di produzione.

Ma non basta.

Mentre infatti gli artisti, gli autori, i creatori di opere dell’ingegno sono milioni in giro per il mondo, le “intelligenze” capaci di produrre i contenuti sintetici dei quali stiamo parlando sono poche e saldamente nelle mani – tecnologiche e/o commerciali – di pochissimi.

Arte e IA: naturale o innaturale? Sostenibile o insostenibile? Leale o sleale?

Uno scenario quello su una linea dell’orizzonte sempre più vicina oggettivamente allarmante almeno per l’industria creativa e per milioni di artisti.

Naturale o innaturale? Sostenibile o insostenibile? Leale o sleale? Tutte domande lecite le cui risposte non sono scontate.

L’arte non è sottratta alle regole del progresso e dell’innovazione e deve, come d’altra parte ha fatto sin qui, affrontarle.

Ma c’è un dato che nell’affrontare questo ragionamento appare più significativo di tanti altri: se le “intelligenze artificiali” sono in grado di generare opere sintetiche così straordinariamente simili a quelle naturali da risultare, spesso, indistinguibili è perché gli algoritmi che danno loro vita sono addestrati grazie a quantità industriali di opere dell’ingegno “naturali”, risultato di processi creativi umani riconducibili alla testa, all’estro, allo spirito, all’esperienza di milioni di artisti e autori.

E allora è difficile non chiedersi – come d’altra parte si inizia a fare con insistenza crescente un po’ dappertutto in giro per il mondo – se questo processo di produzione che “sfrutta” la creatività umana per produrre opere sintetiche che minacciano di saturare i mercati sin qui popolati da creatori umani possa considerarsi lecito o, meglio, a quali condizioni debba considerarsi lecito ma, soprattutto, se sia sostenibile nella dimensione del mercato, in quella culturale e in quella democratica.

Le opere dell’ingegno possono essere considerate anche dati personali dei loro autori?

In questa prospettiva c’è una riflessione che, forse, tra tante altre, vale la pena proporre.

Le opere dell’ingegno possono essere considerate anche dati personali dei loro autori?

Perché, se così fosse, a prescindere da qualsivoglia considerazione in ordine alla legittimità dell’utilizzo di un altrui opera dell’ingegno al fine dell’addestramento di un algoritmo ai sensi della disciplina sul diritto d’autore, tale pratica costituirebbe un trattamento di dati personali che implicherebbe, inesorabilmente, ai fini della sua legittimità, che il titolare del trattamento – ovvero la società responsabile dell’addestramento dell’ algoritmo – identifichi un’idonea base giuridica prima di procedere al trattamento medesimo.

E, anche qualora tale base giuridica fosse individuata nel legittimo interesse – come suggeriscono le scelte compiute dai titolari di alcune AI generative ma deve ancora esser confermato dalle autorità di protezione dei dati personali – all’autore andrebbe, comunque, riconosciuto almeno il diritto di opposizione ovvero di richiedere al titolare del trattamento di non utilizzare le proprie opere dell’ingegno ai fini dell’addestramento.

La disciplina sulla protezione dei dati personali in soccorso dell’industria creativa

La disciplina sulla protezione dei dati personali, insomma, potrebbe correre in soccorso dell’industria creativa e dei suoi protagonisti non già per impedire o vietare i processi di addestramento algoritmico ma più semplicemente per garantire che essi avvengano all’esito di un bilanciamento tra i diversi interessi in gioco: quello del titolare dei diritti d’autore a che la propria opera non sia utilizzata contro la propria volontà, quella della società che intende addestrare l’algoritmo a esercitare la propria libertà di impresa nel rispetto dei diritti altrui e quello non meno importante della collettività allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Ma si tratta di un’ipotesi ragionevole e configurabile?

Un’opera dell’ingegno può essere effettivamente considerata un dato personale o, almeno, anche un dato personale?

Troppo presto per proporre risposte definitive ma, forse, si tratta di un’eventualità non peregrina.

L’opera dell’ingegno, infatti, quale che sia per accedere alla tutela autorale deve contenere l’impronta dell’estro creativo e produttivo dell’autore e tale impronta, in fondo, è una sorta di “firma” che, generalmente, rende un’opera – quale che sia il genere al quale appartiene – riconducibile in maniera univoca al suo autore.

E, in realtà, normalmente, un’opera dell’ingegno oltre a essere direttamente riconducibile al suo autore racconta moltissimo di quest’ultimo.

Un quadro di Picasso è immediatamente riconducibile a Picasso.

Un romanzo di Andrea Camilleri difficilmente potrebbe essere attribuito a un altro scrittore.

Un brano musicale cantato da Gianni Morandi non solo sembra poter essere proprio considerato in sé un dato personale di Gianni Morandi ma è anche un contenitore di altri dati personali a cominciare dalla voce del cantautore, un dato biometrico.

Se si rilegge la definizione di «dato personale» contenuta nella disciplina europea – “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile” – sembra difficile dubitare di quanto precede.

Conclusioni

E, peraltro, una simile ricostruzione varrebbe anche a scongiurare il rischio che si verifichino episodi oggettivamente incompatibili in particolare con il diritto morale d’autore come ad esempio che un sistema di intelligenza artificiale scriva un romanzo che Camilleri non avrebbe mai scritto per ragioni culturali, ideologiche, personali o politiche, canti un brano musicale che Morandi non avrebbe mai cantato o dipinga un quadro che Picasso non avrebbe mai dipinto.

Il dubbio, insomma, sembra lecito ma, naturalmente, il dibattito è aperto e potrebbe trattarsi di un dibattito straordinariamente utile sotto profili diversi.

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