L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (United Nations High Commissioner for Human Rights, UNHCHR) ha pubblicato recentemente il nuovo rapporto sulla privacy nell’era digitale, reso necessario da una sempre maggiore esigenza di protezione del diritto alla riservatezza degli individui, sottoposto a crescenti minacce da parte delle più moderne tecnologie digitali e sistemi di telecomunicazioni.
Monitoraggio, profilazione, controllo: i rischi del digitale
Come riportato nel documento UNHCHR, gli sviluppi tecnologici e le innovazioni atte a migliorare la vita delle persone sono in continua evoluzione. Tuttavia, tali strumenti possono esporre utenti e consumatori ad una serie di rischi: monitoraggio, profilazione, controllo e oppressione costituiscono ormai una minaccia insita nella maggior parte dei dispositivi tecnologici di uso quotidiano.
Per questa ragione risulta essere necessaria una regolamentazione precisa e adeguata del diritto alla privacy, riconosciuto dall’articolo 12 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e dall’articolo 17 del Patto internazionale sui diritti civili e politici; nonché assicurare la protezione degli standard internazionali in materia di diritti umani.
Il presente rapporto esamina tre aree fondamentali, considerate a rischio: l’abuso degli strumenti di hacking intrusivi, ovvero i cosiddetti “spyware”; il ruolo della crittografia nella protezione dei diritti umani e l’impatto del monitoraggio digitale degli spazi pubblici, sia offline che online.
L’abuso degli strumenti di hacking intrusivi
Per quanto concerne il primo punto, si fa riferimento all’abuso di software dannosi in grado di insediarsi in dispositivi di vario genere al fine di carpire informazioni sugli utenti, come le loro abitudini di navigazione o gli spostamenti effettuati, senza instaurare il ben che minimo sospetto in colui che lo sta utilizzando.
In relazione a ciò, il documento delle Nazioni Unite sottolinea come tali dispositivi, pur essendo stati creati per combattere terrorismo ed altre forme di criminalità, siano in realtà spesso adoperati per compiere attività illegittime.
Tali attività non si esauriscono in mere operazioni di spionaggio, ma si sostanziano altresì in operazioni di repressione di opinioni critiche o dissenzienti, soprattutto se provenienti da personalità di rilievo nel campo mediatico, come ad esempio giornalisti, esponenti politici dell’opposizione e difensori dei diritti umani.
Sorveglianza di massa: dai droni ai social, così ci controllano
Il caso Pegasus
L’esempio più eclatante di spyware trasformato in strumento malevolo di controllo ed oppressione è Pegasus, prodotto della nota società NSO Group. L’uso ostile di questo spyware è stato oggetto di numerose indagini da parte di organizzazioni operanti per la difesa dei diritti umani; nel luglio 2021 Forbidden Stories, consorzio di giornalismo investigativo sostenuto da Amnesty international, ha pubblicato delle rivelazioni sull’uso del software che hanno attirato ancor di più l’attenzione internazionale sulla vicenda, indirizzando maggiormente il focus sulla proliferazione di questo genere di strumenti e, soprattutto, sul loro utilizzo illecito.
Tale relazione ha inoltre rivelato che almeno 189 giornalisti, 85 difensori dei diritti umani ed oltre 600 politici e funzionari governativi sarebbero stati vittime dello spyware, oltre a professionisti quali giudici, avvocati, medici, leader sindacali ed accademici.
Come riportato anche dal Council on Foreign Relations, think tank statunitense specializzato in politica estera e affari internazionali, lo spyware Pegasus sarebbe quindi stato utilizzato come merce di scambio diplomatico da parte di molti governi, che ne avrebbero successivamente fatto un uso improprio.
Ciò che propone il rapporto dell’ONU, in relazione a misure urgenti atte ad affrontare la diffusione di questa tipologia di malware, è una moratoria sull’uso e sulla vendita di strumenti di hacking, fino a che non saranno attuate garanzie adeguate a proteggere gli utenti. Dal momento che diversi governi stranieri hanno utilizzato tali strumenti a scapito di diversi soggetti in tutto il mondo, il rapporto afferma che le autorità dovrebbero introdursi all’interno di un dispositivo solo in extrema ratio, nel caso in cui ci si trovasse di fronte ad una grave minaccia alla sicurezza nazionale.
Il ruolo della crittografia nella protezione dei diritti umani
In merito al secondo elemento su cui si sofferma l’ONU, ovvero il ruolo dei metodi di crittografia nella protezione dei diritti umani online, il rapporto afferma che negli ultimi anni diversi governi avrebbero intrapreso azioni in grado di compromettere la sicurezza e la riservatezza delle comunicazioni criptate.
La cifratura delle informazioni è necessaria per la salvaguardia dei propri diritti di espressione, opinione, libertà e sicurezza. Soprattutto in ambienti in cui prevale la censura, o nei confronti di soggetti a rischio, la crittografia consente agli individui di mantenere una propria dimensione di scambio e confronto. Anche nei conflitti armati la messaggistica criptata assume un ruolo centrale: il documento riporta come, dall’inizio del conflitto in Ucraina, il numero di download di Signal sia aumentato di oltre il 1000 per cento rispetto ai mesi precedenti.
Il ruolo della crittografia deve quindi essere riconosciuto e tutelato dagli Stati e dagli organismi delle Nazioni Unite, i quali dovranno altresì incoraggiare le imprese ad adoperarsi in tal senso, creando soluzioni atte a garantire e proteggere la riservatezza delle comunicazioni e delle transizioni digitali.
L’impatto del monitoraggio digitale degli spazi pubblici
Infine, l’ultimo punto chiave riportato dal rapporto dell’ONU fa riferimento all’impatto del monitoraggio digitale degli spazi pubblici. Il ricorso sempre più frequente alle nuove tecnologie permette un controllo continuo e costante di ciò che le persone dicono online, anche e soprattutto sui social media.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite ha espresso più volte le sue preoccupazioni in merito alla sorveglianza di massa, soprattutto per quanto concerne le intercettazioni delle comunicazioni.
A tal proposito, il rapporto intima agli Stati di limitare le misure di sorveglianza pubblica a quelle “strettamente necessarie e proporzionate”; gli Stati dovrebbero inoltre agire per attuare solidi controlli delle esportazioni delle tecnologie di sorveglianza che pongono gravi rischi per i diritti umani.
Conclusioni
In conclusione, il rapporto delle Nazioni Unite sottolinea quindi la necessità e l’importanza di un’azione rapida ed efficace, in quanto il diritto alla privacy risulta essere fortemente minacciato dallo sviluppo di nuove tecnologie. Come affermato dall’Alto Commissario ad interim per i diritti umani Nada Al-Nashif, “Le tecnologie digitali portano enormi benefici alle società. Ma la sorveglianza pervasiva ha un costo elevato, minando i diritti e soffocando lo sviluppo di democrazie vivaci e pluralistiche”.
Anche Michelle Bachelet, Alta Commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha sottolineato come l’intelligenza artificiale possa essere considerata una forza positiva per poter superare alcune grandi sfide del presente, ma che al contempo può avere effetti negativi, soprattutto se viene utilizzata senza tener in considerazione l’influenza che questi hanno sui diritti umani delle persone.