gli anelli del potere

Sorveglianza di massa, la Cina non è poi così lontana: perché potremmo diventare tutti uiguri

Molte delle soluzioni che abbiamo utilizzato per combattere la pandemia derivano da tecnologie cinesi di video sorveglianza e riconoscimento biometrico sviluppate per reprimere le minoranze come gli uiguri. Forse dovremmo preoccuparcene, perché le tecnologie, da nostre alleate, possono diventare potenti strumenti repressivi

Pubblicato il 21 Lug 2022

Giuliano Pozza

Chief Information Officer at Università Cattolica del Sacro Cuore

Sauron

Nelle mani della crescente massa dei regimi che vanno dagli “autoritari” alle “democrazie imperfette”, la tecnologia è uno strumento di dominio potentissimo.

La Cina, come spesso accade, offre degli esempi emblematici di utilizzo del potenziale della tecnologia in coerenza con i fini ideologici e pratici del partito. La sventurata parabola degli Uiguri è sotto gli occhi di tutti. Le statistiche ci dicono che più di un uiguro ogni 25 si trova in carcere: il più alto tasso al mondo. Un milione di persone in carcere su 24 milioni!

Una delle ultime evoluzioni è quella di etichettare alcuni uiguri come “pre-criminali”. Sono persone che non hanno ancora compiuto alcun crimine, ma che potrebbero (secondo il Partito Comunista Cinese) compierlo. Minority Report? Peggio, perché non abbiamo la sofisticata (anche se fallibile) preveggenza dei precog.

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Le tecnologie che rendono la vita impossibile a chi è nel mirino dei regimi

Abbiamo, quindi, tecnologie con un tasso di approssimazione elevatissimo usate per rendere la vita impossibile a persone che non hanno mai commesso un reato e che in molti casi non lo commetteranno mai. Come è successo a Vera Zhou, una studentessa in geografia dell’università di Washington che, dopo essere tornata per una breve vacanza in Cina nella comunità Uigura, è rimasta intrappolata in una situazione surreale e kafkiana. Identificata come pre-criminale perché usava una VPN per controllare l’e-mail Google dell’università, è stata internata in un campo e poi costretta a rinchiudersi in casa. Infatti, appena cercava di muoversi, veniva identificate dalle telecamere dotate di sistemi di riconoscimento facciale e doveva sottostare a continui interrogatori e verifiche.

Inquietante? Sì. Distante? Meno di quanto si pensi. Infatti, molte delle tecnologie raffinate in Cina negli “use case” visti sopra vengono prodotte e vendute anche in occidente.

Gli sviluppi più recenti, ad esempio, includono sistemi per riconoscere le emozioni e raccolte massive di dati genetici. In questo ambito, dove la Cina ancora ha competenze in fase di costruzione, la raccolta e l’analisi dei campioni da cui estrarre il DNA è stata eseguita con le strumentazioni e le competenze fornite anche da aziende americane, come la Thermo Fisher.

Il potere tecnologico della Cina: da dove arriva, dove vuole arrivare, cosa rischiamo

La Cina e gli anelli del potere

Mi torna sempre in mente, parlando di queste evoluzioni distopiche della tecnologia, la poesia dell’anello di Tolkien (ma quanto era profetico?) in cui si parla proprio del potere con analogie fortissime con quanto sta succedendo ora:

One Ring to rule them all,

One Ring to find them,

One Ring to bring them all

Se guardiamo a quello che sta succedendo, la tecnologia è usata dalla Cina (e non solo) proprio per i tre scopi rappresentati nella poesia dell’anello:

  1. Tecnologia usata per sorvegliare e trovare le persone
  2. Tecnologia usata per dominare le persone
  3. Tecnologia usata per manipolare le persone e farle comportare come un branco (raggrupparli)

Un anello per dominarli

Il secondo anello è di certo quello che viene usato con più spregiudicatezza in quei contesti socio-politici in cui i diritti degli individui pesano meno dei diritti dello stato o della comunità. Nelle democrazie mature invece, l’uso di questo anello genera di solito degli anticorpi abbastanza potenti. Anche se, a dire il vero, non c’è molto da stare sereni perché le democrazie mature nel mondo si possono contare sulle dita di una o al massimo due mani. Per approfondire, una lettura interessante e scoraggiante è il Democracy Index, che ci spiega come le persone che possono dire di vivere in regimi democratici (ma a volte tali solo di nome) sono meno del 50% della popolazione globale, con i regimi autoritari che continuano a guadagnare terreno. Le democrazie mature sono indicate nel report come “full democracy”. Una manciata appunto. E, per la cronaca, l’Italia non è tra queste.

Conclusioni

Torna alla mente quello che diceva lo storico Jason Moore: “Dietro Manchester c’è il Mississippi”. Con questo voleva dire che dietro un avanzamento economico e tecnologico spesso si cela una barbarie, come le piantagioni di cotone lavorate dagli schiavi che hanno supportato la rivoluzione industriale.

Allo stesso modo molte delle soluzioni che abbiamo utilizzato per combattere la pandemia derivano da tecnologie cinesi di video sorveglianza e riconoscimento biometrico sviluppate per reprimere le minoranze come gli uiguri.

Forse dovremmo preoccuparcene. Se non per empatia con gli uiguri, almeno perché con l’avanzata dei regimi autoritari a scapito delle democrazie il rischio concreto è quello di diventare tutti degli uiguri, prigionieri di un campo di sorveglianza planetario!

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