Con la costante preoccupazione per la loro sicurezza e il loro benessere, non c’è da meravigliarsi che molti genitori sentano il bisogno di tenere d’occhio le attività dei loro figli.
Tuttavia, quando si tratta di monitorare l’attività online dei loro figli, i genitori devono procedere con molta attenzione.
Spiare le conversazioni in chat dei loro figli può essere controproducente e persino dannoso per la relazione genitore-figlio.
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Spiare o non spiare? Il solito vecchio dilemma
Per noi che trattiamo il digitale da un punto di vista educativo ritorna quindi un vecchio tema: è lecito, e se sì fino a che punto, entrare nelle chat dei nostri figli per monitorarne la loro attività?
Nella mia pratica professionale, lavorando a stretto contatto con i genitori, vedo spesso emergere un pensiero: è doveroso per noi adulti potere accedere alle chat dei nostri figli che, dal canto loro, sono sempre attaccati al telefonino e non fanno altro che condividere tutto quello che gli passa per la testa.
Questo atteggiamento che noi percepiamo nei nostri ragazzi porta a una successiva considerazione: le nuove generazioni non sanno cosa sia la privacy.
Una preoccupazione legittima: i giovani sono alla ricerca di connessioni, relazioni, anche online, per cui noi adulti li vediamo sacrificare la propria privacy in nome della promessa di un’eterna connessione con il mondo che li circonda. Dalla condivisione di dettagli intimi sulle loro vite sui social media al sexting senza pensarci due volte, sembra che i ragazzi di oggi stiano crescendo in un mondo in cui la privacy sta rapidamente diventando una cosa del passato.
Ma ad un’attenta analisi vediamo che le cose non stanno esattamente così.
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La verità sulla privacy dei nostri ragazzi
Infatti, scendendo in profondità possiamo notare che le cose non sono così lineari come potrebbero sembrare ad una visione più superficiale: in realtà, i nostri ragazzi danno un’enorme importanza alla gestione della privacy, anche se non sempre ne sono consapevoli.
Per fare un esempio pratico possiamo pensare alla modalità con cui utilizzano i social media: se da un lato è vero che condividono una grande quantità di informazioni sulla propria vita, dall’altro sono anche molto attenti a cosa postare e soprattutto a chi dare l’accesso alle proprie pagine.
Ad esempio, presso i ragazzi è ricorrente l’utilizzo di due account: uno più pubblico e uno più privato in cui selezionano attentamente chi potrà entrare.
Quest’ultimo account viene comunemente definito “finsta”, ossia “fake Instagram“: si tratta appunto di un profilo così privato che il più delle volte i genitori non sanno neanche che esiste, a fronte di un profilo più pubblico e, per così dire, “perfetto”.
Inoltre, i nostri ragazzi sono anche molto bravi a creare una sorta di barriera tra la vita online e quella offline, tra i propri social media e la vita reale.
Questa capacità di gestire la privacy è molto importante perché sta alla base della costruzione della propria identità digitale, processo che non potrebbe avvenire in assenza di questo confine.
Una gestione strategica della privacy
La gestione della propria privacy diventa per i nostri ragazzi anche una questione strategica.
Secondo delle ricerche, infatti, gli adolescenti sviluppano una gestione strategica della privacy al fine di convertirla in prestigio sociale, con l’obiettivo di produrre capitale sociale e capitale simbolico, soprattutto per mostrare ai coetanei che sono stanno crescendo e stanno diventando adulti.
In altre parole, i nostri ragazzi sanno bene che la privacy può essere un valore aggiunto e non solo un elemento di restrizione o di paura.
Questa capacità di gestione strategica della privacy è molto importante perché si traduce nel desiderio di una maggiore consapevolezza nell’utilizzo delle tecnologie e quindi anche in una maggiore capacità di autodifesa negli ambienti digitali.
E questa gestione deve necessariamente basarsi su un sottile equilibrio tra la sfera pubblica e quella privata, e di conseguenza sul riconoscimento di queste sfere.
La condivisione pubblica di momenti della propria vita assume anche un tono strategicamente più sottile: ciò che viene condiviso, e quindi reso pubblico, ha lo scopo di sottolineare l’esistenza di qualcosa di più nascosto, di più privato, appunto, una sfera per pochi.
Quindi è come se io condividessi per farti capire che in me c’è molto di più che non vedi.
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Di cosa parliamo quando parliamo di privacy
Parlando di privacy solitamente ci riferiamo alle informazioni che riguardano la nostra vita privata, cioè quelle che non sono di pubblico dominio e che non vogliamo condividere con tutti.
Ma come abbiamo visto, nel caso dei nostri ragazzi, la privacy assume anche un altro significato, che è quello di sfera privata intesa come spazio personale e protetto.
In questo senso la privacy rappresenta dunque un luogo sicuro in cui i nostri ragazzi possono essere se stessi, dove possono sperimentare la propria autonomia e dove possono costruire la propria identità in modo libero e consapevole.
Differenti concetti di Privacy
Siamo quindi in presenza di due concetti differenti di privacy tra come la intendono gli adulti e come la intendono le generazioni più nuove, ed è proprio questa differenza che spesso porta a fraintendimenti e conflitti.
Privacy come diritto alla riservatezza
Per gli adulti la privacy online è soprattutto un diritto alla riservatezza, cioè il diritto di non vedere pubblicate online le proprie informazioni personali senza il proprio consenso.
In questo senso la privacy è intesa come un insieme di norme, comportamenti e abitudini che tutelano il singolo individuo dall’utilizzo indiscriminato delle sue informazioni personali da parte di altri soggetti, pubblici o privati.
Ossia: per gli adulti la privacy è che cosa gli altri non devono conoscere di me.
Privacy come acquisizione di diritti e vantaggi
Nel caso delle nuove generazioni invece siamo su un altro livello, come già emerso.
Nel nostro mondo sempre più connesso, i giovani stanno crescendo con una comprensione molto diversa della privacy rispetto alle generazioni precedenti.
Per loro condividere informazioni personali è una parte normale della vita quotidiana.
Mentre sono certamente consapevoli dell’importanza della privacy, sono anche disposti a scambiare una certa misura di privacy per i benefici che ne derivano. Ciò include l’accesso a servizi migliori, contenuti personalizzati ed esperienze più convenienti.
Paradossalmente è proprio questo elemento che sta portando ad una maggiore attenzione e sensibilizzazione della privacy online, è un po’ come se le nuove generazioni dicessero: “Ok, io ti cedo un po’ della mia vita, ma tu che cosa mi dai in cambio?”.
Ossia: per i giovani la privacy è che cosa io decido di condividere di me al fine di ottenerne un beneficio.
Se a questo aggiungiamo quanto già detto in precedenza, ossia che per i giovani mostrare un pezzo della loro Vita ha il significato di mostrare che c’è anche una sfera privata a cui non si può accedere, capiamo come il loro concetto di privacy è fortemente collegato al contesto, e non un concetto assoluto.
Il che è in linea con il cambiamento di mentalità apportato dalle ultime generazioni. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, solo che in questo caso lo applichiamo alle questioni del digitale.
Una questione di groupship
In aggiunta a quanto detto fino ad ora, consideriamo anche che i nostri figli stanno vivendo quella particolare età in cui il gruppo assume un’importanza vitale.
Ciò significa che gli adolescenti devono rimanere in contatto per mantenere le loro relazioni. Devono avere contatti regolari con i loro amici, sia attraverso il testo, i social media o di persona. E se non hanno quel contatto regolare le loro relazioni ne soffriranno.
Di conseguenza i nostri ragazzi fanno sempre più riferimento alle chat e agli altri strumenti digitali per il Sociale, perché sono dei mezzi che permettono loro di rimanere in contatto con gli amici. I nostri figli sono ipersociali. Dobbiamo farcene una ragione.
Il timore di non appartenere
Non è raro che gli adolescenti si sentano come se non appartenessero. Con la pressione di adattarsi a scuola e il panorama in continua evoluzione della nostra società, non c’è da meravigliarsi che i nostri figli si sentano più isolati che mai.
Ma cosa succede se la ragione per cui hanno paura di rivelare il loro vero sé è perché hanno paura di perdere il rispetto dei loro coetanei?
Aprendo le loro paure, i nostri figli mirano a creare una connessione più forte con i loro amici e a costruirsi la loro fiducia.
A sua volta, questo può portare a un livello più profondo di comprensione e accettazione di se stessi e degli altri, anche se spesso a scapito della loro Privacy.
Non sapere a chi chiedere aiuto
Può essere difficile sapere a chi rivolgersi per chiedere aiuto quando ti senti perso o solo. A volte sembra che non ci sia nessuno che capisca cosa stai provando dentro di te. Tuttavia, cercare sostegno sociale è un passo importante per guarire e andare avanti.
Questo vale anche per i nostri ragazzi. Quando rivelano le nostre esperienze agli altri, essi aprono la possibilità di connessione e supporto in un ambiente che loro percepiscono non solo come minaccioso, ma anche come non supportivo.
Questo li aiuta a sentirsi meno soli e più supportati mentre affrontano le nostre sfide quotidiane. Anche per loro è importante cercare sostegno sociale da persone sicure e affidabili, e queste possono includere anche persone incontrare sul Web.
Perché spiare le chat dei nostri figli può essere diseducativo e controproducente
Chattare è un’attività privata tra due o più persone, e spiando queste conversazioni i genitori stanno violando la privacy dei loro figli (i quali, come abbiamo già abbondantemente ripetuto, hanno ben presente questo concetto).
Oltre a violare la fiducia dei loro figli, questo può anche portare a sentimenti di risentimento e rabbia.
In alcuni casi, può persino danneggiare il rapporto genitore-figlio irreparabilmente.
Che cosa fare invece
È importantissimo curare prima di tutto la relazione.
Questa è la base di tutto, perché sarà proprio per mezzo di questa che saranno i nostri figli a rivolgersi a noi in caso di problemi.
Un modo per mantenere un buon rapporto con i tuoi figli è avere una comunicazione aperta e onesta con loro.
Ciò significa essere a loro disposizione quando hanno bisogno di parlare e ascoltare ciò che hanno da dire.
Significa anche essere onesto con loro sui tuoi pensieri e sentimenti.
Un altro modo per costruire un forte rapporto con i tuoi figli è trascorrere del tempo di qualità con loro. Questo può essere fatto attraverso attività come leggere insieme, giocare o fare gite.
È anche fondamentale, man mano che nostro figlio cresce, passare da un controllo diretto a un controllo indiretto, il quale assume più il senso di un monitoraggio.
Anche parlare loro apertamente delle nostre preoccupazioni a riguardo può aiutare, perché ciò li renderà più consapevoli del pericolo di certi comportamenti online e li aiuterà anche a sentirsi più aperti verso di noi.
Lasciamo ai ragazzi i loro piccoli screzi quotidiani
Soprattutto cerchiamo di resistere alla tentazione di allarmarci, e quindi di intervenire personalmente, per i loro piccoli screzi quotidiani.
Sappiamo tutti cosa vuol dire essere adolescenti e avere piccoli litigi con i nostri amici.
Questi sono piccoli disaccordi quotidiani che sono perfettamente normali tra i ragazzi.
E mentre si è tentati di intervenire e cercare di risolverli, è importante invece resistere all’impulso.
Perché? Perché questi piccoli conflitti offrono ai ragazzi l’opportunità di imparare a risolvere i disaccordi da soli.
Lavorando sulle loro differenze apprendono abilità importanti come la comunicazione, l’empatia e la risoluzione dei conflitti.
Quindi la prossima volta che tuo figlio viene da te con una piccola lamentela, fai un respiro profondo e lascia che lo gestisca da solo: farai loro un grande favore a lungo termine.
Su cosa lavorare
Raccogliendo quanto detto fino ad ora possiamo stilare un elenco di domande sulle quali lavorare per aiutare i nostri ragazzi a gestire la loro privacy:
- facciamo comprendere loro la gravità percepita delle conseguenze di una minaccia
- aiutiamogli a valutare le probabilità di esposizione a una minaccia
- puntare sull’autoefficacia, che si riferisce alla misura in cui gli individui sentono di essere in grado di eseguire il comportamento raccomandato
- efficacia della risposta, ossia la percezione che il comportamento suggerito sarà efficace nel ridurre o eliminare le conseguenze negative di una violazione della loro Privacy
Di conseguenza, per gli addetti ai lavori:
- informare e sensibilizzare i ragazzi riguardo ai rischi
- dare ai ragazzi strumenti che loro possano utilizzare per difendersi
- creare un ambiente in cui gli effetti positivi di un determinato comportamento illuminato da parte del ragazzo siano certi, sicuri e prevedibili
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