È di notizia di qualche giorno fa la decisione da parte di Commissione e Consiglio dell’Unione Europa di vietare ai propri dipendenti l’utilizzo della piattaforma social TikTok, di proprietà dell’azienda cinese ByteDance, per ragioni di cybersicurezza.
Il ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo ha avanzato l’ipotesi di divieto anche per i dipendenti statali italiani su ogni tipo di dispositivo. A detta di Zangrillo, sono 3,2 milioni di dipendenti ad essere a rischio, per cui c’è bisogno di collaborazione tra istituzioni per trovare la strada migliore per tutelarli.
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Perché proprio TikTok fa paura
Ma perché TikTok è nel mirino dei Governi occidentali? Non certo solo per via della proprietà cinese.
I sospetti sono è che sia cavallo di troia per una influenza e un possibile spionaggio ai danni dell’Occidente, dalla Cina a quanto si legge in diverse relazioni di politici e autorità americane.
- Spionaggio: TikTok ha ammesso che alcuni dipendenti cinesi hanno spiato gli spostamenti gps di giornalisti occidentali critici verso la stessa TikTok. Ma ha preso le distanze da queste possibili talpe del Governo di Pechino e li ha licenziati. Si noti che vicende simili hanno riguardato Facebook e Uber.
- Intelligence: Tiktok ha in mano dati con cui può tracciare mappe di interessi di utenti occidentali. Si noti che TikTok per alcuni analisti è la piattaforma social che più richiede e si impossessa dei nostri dati. È bene chiarire che la maggior parte di questi è caricata online volontariamente dagli utenti. Infatti, nel caso specifico di TikTok, già al momento dell’iscrizione viene chiesto di inserire il proprio indirizzo mail, il numero di telefono, i gusti personali in termini di orientamento sessuale, di concedere l’accesso alla localizzazione, alla galleria e ai contatti, portando a una vera e propria estrazione di dati personali, soprattutto da parte degli utilizzatori più ingenui.
- Influenza geopolitica: c’è il sospetto di alcuni politici americani che TikTok calibri l’algoritmo per favorire post favorevoli all’agenda cinese e sfavorevoli alla democrazia occidentale, ad esempio per scoraggiare la partecipazione alle elezioni.
Un documento interno di ByteDance, “TikTok Algo 101”, rivela il funzionamento dell’algoritmo di TikTok, affermando che gli obiettivi principali che lo governano sono quattro: “user value“, “long-term user value“, “creator value” e “platform value”. Grazie a questi principi, il modo di utilizzare l’app fornisce dati importanti all’algoritmo: in base ai video con cui interagiamo (mi piace e commenti), al tempo trascorso a guardare ogni video, a quante volte guardiamo un contenuto, la pagina di video consigliati, chiamata “per te”, proporrà contenuti che possono piacere agli utenti con l’obiettivo di renderli dipendenti dal social media.
Per ogni video guardato, quindi, TikTok ottiene un’informazione grazie a un’equazione che si basa sul machine learning applicato al comportamento reale dei suoi utenti unito al comportamento sull’app. Sempre secondo il dossier sopracitato, i moderatori di contenuti hanno accesso anche ai contenuti inviati fuori dalla piattaforma o a quelli caricati, ma non condivisi. Essendo una app cinese i moderatori non sempre intervengono secondo regole ortodosse, ma rispondono a precise indicazioni del governo stesso.
Considerando il numero di user attivi (1.23 miliardi) e la loro giovane età (18-24 anni), la vera paura è la sua evoluzione in un vero e proprio motore di ricerca e l’influenza che sta avendo sulla nuova classe votante.
La risposta di TikTok
La risposta da parte del social non ha tardato ad arrivare tramite Giacomo Lev Mannheimer, responsabile relazioni istituzionali Sud Europa per TikTok: “I dati degli utenti italiani, così come quelli europei, non sono conservati in Cina ma negli Stati Uniti e Singapore e presto all’interno dell’Unione europea nel data center irlandese. Così come dichiarato pubblicamente più volte, il governo cinese non ha mai chiesto l’accesso ai dati dei nostri utenti e laddove dovesse non li condivideremmo. La nostra strategia di data governance – in conformità al Gdpr – si basa su un approccio volto a limitare il più possibile l’accesso ai dati, riducendone al minimo il flusso al di fuori dell’Europa, nel rispetto di rigidi protocolli di sicurezza. Così come per la decisione della Commissione europea, vorremmo rimarcare la nostra piena disponibilità a chiarire i dubbi del governo italiano, auspicando in un confronto dettato da regole e processi certi e trasparenti”.
Effettivamente, un grande passo avanti per una maggiore tutela dei nostri dati potrebbe essere il trasferimento di quelli di Regno Unito e Paesi nello spazio economico europeo dai server in USA e Singapore al data center di Dublino di prossima apertura.
I precedenti italiani
In Italia ci si stava già muovendo verso un blocco, con un’indagine conoscitiva avviata dal Copasir, Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, nei confronti di TikTok partendo dalla perplessità espressa dall’FBI in merito ai presunti legami tra TikTok e il Partito comunista cinese, propaganda compresa, e alla gestione dei dati. Ricordiamo che già lo scorso anno il presidente americano Joe Biden aveva firmato il divieto di utilizzare l’app sui dispositivi dei dipendenti governativi per tentare di portare la piattaforma a potenziare i controlli oppure a vendere la società, per non rischiarne il blocco completo. Secondo Biden, il governo cinese potrebbe costruire dossier di informazioni personali americane per ricatti e per spionaggio aziendale o addirittura comprensione delle armi nucleari in possesso degli USA.
Non è la prima volta che nel nostro Paese viene puntato il dito contro TikTok. Già durante il governo Conte II, infatti, il Partito democratico aveva aperto un procedimento di verifica della gestione dei dati sensibili degli utenti italiani della piattaforma social cinese. La stessa Autorità garante per la Privacy, dopo aver chiesto al Comitato europeo per la protezione dei dati personali di indagare sui pericoli di TikTok, ne ha imposto il blocco dopo la morte di una bambina di 10 anni a Palermo, con risposta del social di attuare nuove misure di sicurezza.
Chi ha già vietato TikTok
In alcuni paesi del mondo l’app cinese è già stata bannata per i dipendenti pubblici. In Europa, il primo paese che ha agito in maniera decisa a seguito del divieto da parte della Commissione Europea è stato la Danimarca. La richiesta di disinstallazione dell’app per ragioni di cybersicurezza è arrivata ai membri del parlamento e a tutti i dipendenti tramite raccomandata. In Olanda, invece, non c’è stato ancora un divieto formale, ma l’app è stata sconsigliata al personale governativo.
Spostandoci oltreoceano, se negli USA il divieto è quasi completo, essendo già attivo in 32 governi su 50, con estensione da parte della Casa Bianca anche a tutte le agenzie da fine marzo, in Canada il divieto è stato appena ufficializzato.
Sul continente asiatico, passiamo da Taiwan che ha imposto il divieto sul personale governativo, a India, Iran e Afghanistan che hanno diffuso il divieto a tutta la popolazione indistintamente, mentre Pakistan, Bangladesh, Indonesia, Armenia e Azerbaijan hanno sospeso temporaneamente l’app per controlli su contenuti non graditi ai governi.