cooperazione tra autorità

Sportello unico Gdpr, ritardi e incoerenze: ecco come migliorare



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Il GDPR ha introdotto un sistema di cooperazione tra autorità che soffre di problemi operativi: tempistiche irrealistiche, distribuzione sbilanciata delle competenze, meccanismi di risoluzione controversie complessi e incertezza sui trattamenti transfrontalieri

Pubblicato il 20 mar 2025

Angela Lo Giudice

Avvocato, Polimeni.Legal



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Il meccanismo di cooperazione tra le autorità di controllo previsto dal GDPR, pur essendo pensato per garantire un’applicazione armonizzata della normativa in tutta l’Unione Europea, presenta numerose problematiche che ne mettono in discussione l’efficacia pratica.

L’idea alla base del sistema dello sportello unico, regolato dall’articolo 60, è quella di centralizzare la gestione dei reclami transfrontalieri attraverso un’Autorità di controllo capofila (LSA), incaricata di coordinare il procedimento e consultare le altre autorità interessate. Tuttavia, la realtà operativa mostra come questo modello presenti diversi ostacoli, sia in termini di tempi di risposta, sia nella capacità delle autorità di controllo di adottare decisioni realmente efficaci e coerenti.

Tempistiche irrealistiche e ritardi procedurali nel sistema Gdpr

Uno dei problemi più rilevanti riguarda la tempistica della procedura. Sebbene il GDPR stabilisca termini precisi per la gestione dei reclami transfrontalieri, nella pratica questi risultano spesso irrealistici. La consultazione tra le autorità, la valutazione delle obiezioni e la successiva eventuale escalation al Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) si traducono in iter che possono protrarsi per anni. Un caso esemplare è quello dell’Irish Data Protection Commission contro Meta, in cui la decisione sul trasferimento internazionale dei dati ha richiesto oltre due anni, con conseguenti ritardi nell’applicazione effettiva delle misure correttive. Questa lentezza è particolarmente problematica nei contesti in cui il trattamento dei dati pone rischi immediati per i diritti degli interessati, vanificando l’intento di protezione efficace voluto dal legislatore europeo.

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Distribuzione delle competenze e disparità di tutela tra stati membri

Un altro deficit importante del meccanismo delineato è la distribuzione delle competenze tra le autorità di controllo. Il GDPR attribuisce all’Autorità capofila un ruolo primario nella decisione finale, limitando il margine di azione delle altre autorità interessate. Questo aspetto diventa problematico quando l’Autorità capofila appartiene a uno Stato con un approccio meno severo alla protezione dei dati, generando una disparità di tutela tra gli Stati membri. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affrontato il problema nella sentenza Facebook Ireland Ltd v. Gegevensbeschermingsautoriteit (C-645/19), stabilendo che, in casi eccezionali, un’autorità nazionale diversa dalla LSA può intervenire autonomamente se ritiene che vi sia un’urgenza nel tutelare i diritti degli interessati. Questa pronuncia ha confermato l’esistenza del rischio di una protezione inefficace nel caso in cui le autorità nazionali abbiano standard diversi nell’interpretazione e applicazione del GDPR.

Obiezioni e risoluzione delle controversie: complessità del processo decisionale

Il sistema delle obiezioni e della risoluzione delle controversie presenta ulteriori complessità. Se un’Autorità interessata solleva obiezioni al progetto di decisione della LSA, questa deve rivedere la propria posizione e sottoporre una nuova proposta. Tuttavia, nel caso in cui il disaccordo persista, la questione viene deferita all’EDPB, che deve adottare una decisione vincolante. Questo meccanismo, se da un lato garantisce una certa uniformità, dall’altro rischia di compromettere la rapidità ed efficacia dell’azione. Inoltre, il processo decisionale dell’EDPB avviene per maggioranza qualificata, e se questa non viene raggiunta, si procede con una maggioranza semplice, il che può portare a decisioni non pienamente condivise dalle autorità nazionali.

Discrezionalità e incertezza nella valutazione dei trattamenti transfrontalieri

Un’ulteriore questione problematica è la discrezionalità nell’individuazione dei trattamenti transfrontalieri e nella qualificazione della loro “rilevanza sostanziale”. Il GDPR non fornisce una definizione chiara di cosa significhi un impatto “sostanziale” sugli interessati in più Stati membri, lasciando spazio a interpretazioni divergenti tra le autorità di controllo. Questo porta a situazioni in cui trattamenti simili vengono valutati in modo differente nei vari Stati membri, minando la coerenza del sistema e creando incertezza per titolari e responsabili del trattamento.

Sfide tecnologiche e limiti della cooperazione nel contesto digitale attuale

Infine, la frammentazione delle competenze e la mancanza di un efficace coordinamento tra le autorità nazionali sollevano dubbi sulla capacità del sistema di rispondere in modo efficace alle nuove esigenze della protezione dei dati. La crescente complessità dei trattamenti, l’utilizzo di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e la proliferazione di trasferimenti internazionali di dati richiederebbero un sistema di cooperazione più agile e reattivo. Tuttavia, le rigidità procedurali attuali sembrano ostacolare un intervento tempestivo ed efficace.

Prospettive di miglioramento e soluzioni per un’applicazione efficace del Gdpr

Il meccanismo di cooperazione tra le autorità di controllo delineato dal GDPR rappresenta un passo avanti nella tutela armonizzata dei dati personali in Europa, ma le sue difficoltà ne limitano l’efficacia. I ritardi procedurali, la disparità di interpretazione tra le autorità nazionali, la difficoltà nel coordinare decisioni coerenti e l’incertezza sui criteri di applicazione rappresentano ostacoli che dovrebbero essere affrontati e superati per rendere il sistema più efficiente. In prospettiva, un rafforzamento del ruolo dell’EDPB, una maggiore standardizzazione dei criteri di valutazione e una semplificazione delle procedure potrebbero contribuire a superare le attuali inefficienze, garantendo un’applicazione più uniforme e tempestiva delle norme sulla protezione dei dati personali.

Un’opzione potrebbe essere la creazione di protocolli operativi più stringenti tra le autorità di controllo per evitare che le divergenze interpretative sfocino in lunghi contenziosi. Inoltre, una maggiore digitalizzazione dei procedimenti e l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale per l’analisi preliminare dei reclami potrebbero ottimizzare i tempi di risposta, permettendo alle autorità di concentrarsi sui casi più complessi.

Infine, un rafforzamento delle risorse a disposizione delle autorità di controllo consentirebbe di affrontare in modo più efficace il crescente numero di reclami, assicurando un’applicazione del GDPR che sia realmente a misura di cittadino e di impresa.

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