editoriale

TikTok & C, in ballo c’è la nostra libertà: in quanto Europa, in quanto persone

Gli Stati Uniti scoprono nuove evidenze che TikTok condivide dati con Pechino. Stesso timore ha l’Europa verso i social americani. Ma questa non è una storia di sorveglianza di massa. Quanto di sovranità come euro-sfera e come individui, nei confronti delle pressioni esterne

Pubblicato il 13 Lug 2022

Alessandro Longo
Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu

ue-usa

Gli Stati Uniti scoprono nuove evidenze che TikTok – nonostante le smentite – condivide dati con Pechino. Come richiesto dalle norme di quel Paese.

Google Analytics, Facebook, Instagram finiscono nel mirino di diverse authority privacy europee per il rischio che debbano condividere dati con l’intelligence americana. Come richiesto dalle norme di quel Paese.

TikTok prova a fare pubblicità personalizzata in barba alle più elementari norme di privacy e il Garante italiano lo blocca.

Non è una storia di sorveglianza

TikTok, grave minaccia sulla nostra privacy: bene lo stop del Garante

Tre storie che ci insegnano probabilmente qualcosa sul momento. Per prima cosa, è vero che TikTok e altre aziende cinesi sono nel mirino da anni, degli Usa, con timori che ora si riaccendono a causa della guerra. Evento che rende tutti più sospettosi nei confronti dei nemici, veri o presunti, interni o esterni ai propri confini.

Ma non credo che il punto qui sia quello della sorveglianza di massa; almeno, non per i cittadini di un Paese democratico.

No: la sorveglianza sui nostri dati da parte di Pechino tramite TikTok – o degli Usa tramite le varie big tech – non è probabilmente il principale problema di cui conviene ora preoccuparsi.

Sono tanti i modi che il potere (aziende, Stati) ha per sorvegliarci. Anche con un’analisi esterna dei dati che diamo ai social. Non c’è forse poi così bisogno di avere una talpa interna alle società che comunichi con le intelligence. Questo accesso diretto essere utile piuttosto per finalità di anti-terrorismo e anti-sovversiva; finalità che, all’interno di una cornice normativa democratica, dovrebbe essere proporzionata.

Il problema economico e sociale

Ciò che dovrebbe preoccuparci, piuttosto, è un altro elemento, che può essere illuminato a cominciare da un dato: il 50% degli americani considera TikTok una fonte di news. E l’algoritmo di TikTok è fatto in Cina. Basterebbe davvero poco per ritoccarlo in modo da favorire disinformazione o seminare discordia, secondo i valori e i dettami del sempre più nazionalista presidente cinese Xi Jinping.

L’influenza politico-mediatica di TikTok

E dato che TikTok mostra un feed personalizzato per ciascuno di noi, sarebbe anche difficile verificare che sia in atto una manipolazione di questo tipo.

Nei confronti dei media, molti Stati hanno regole che impongono l’adeguatezza alla verità e parano il rischio di controllo straniero. Questo non si applica, ancora, ai social.

Come fare a rendere TikTok un medium più affidabile, politicamente? Maggiore trasparenza e controllo sono necessari. Trasparenza su come funziona l’algoritmo. Presenza, nel board, di soggetti non cinesi. Più indipendenza fattuale – non bastano le rassicurazioni – dalla casa madre cinese.

La Cina è pur sempre uno stato autoritario, sempre più in rotta con l’Occidente. Se TikTok vuole operare come un quasi-media globale dovrà dimostrarne realmente l’indipendenza. Altrimenti, dato l’andazzo – geopolitico da una parte e di sospetto verso i social dall’altra – sembra inevitabile che TikTok finirà bloccato in Occidente. Come già è successo ai media russi.

L’influenza degli altri social

Per i social occidentali il problema è un po’ diverso, anche se analogo. Non si teme che il Governo Usa direttamente possa manipolare e orientare le nostre opinioni tramite i social, resi vivi strumenti di propaganda.

Più vivo un altro timore: che si stia imponendo una cultura “americana” attraverso i social, nei suoi aspetti deteriori, quelli che gli stessi americani progressisti aborrono. Fatta di spettacolarizzazione, ricerca della popolarità immediata; ma anche fatta di contrasti e faziosità. L’esempio di TikTok che si fa beffe della privacy rivela in pieno il volto di una cultura dove la ricerca del profitto, dell’engagement, viene sopra di tutto, anche dei diritti fondamentali e della volontà intima degli utenti a conservare intatto qualcosa di proprio, al riparo dal giudizio e delle pressioni sociali. Che è in effetti la traduzione del concetto di privacy.

Grazie TikTok, quindi, per aver rivelato in modo esplicito qualcosa che nel caso dei social americani è più velato. Un difetto culturale; almeno tale è visto dagli occhi europei e progressisti.

L’influenza economica basata sui dati

E poi c’è il corretto altro timore, di sudditanza economica dell’Europa nei confronti di chi, Usa e Cina, controllando i nostri dati può avere un vantaggio economico su di noi. Il tema della sovranità digitale che l’UE sta perseguendo, non a caso, soprattutto con pacchetti normativi centrati sui dati e la privacy (prima il GDPR, poi il Data services act e il Data Governance Act).

Ma su questo molto è stato detto.

Solo una nota finale.

Il vantaggio economico e quello culturale, nella storia, sono sempre andati di pari passo; si è tendenzialmente sudditi, geo-politicamente e personalmente, in entrambe le sfere in contemporanea. 

In ballo c’è la nostra autonomia; la nostra libertà.

Anche a questo guardiamo quando qui parliamo di privacy, social network e motori di ricerca.

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