I ragazzi sono sempre più ignari del valore della privacy, la loro e quella altrui e l’utilizzo sfrenato dell’app TikTok ne è la nuova conferma (se proprio ce n’era bisogno), con tutto lo strascico di timori per il futuro della loro immagine.
Il “fenomeno” TikTok
Siamo davvero davanti a un fenomeno notevole. TikTok è l’app cinese più scaricata da iOS e Android nel 2018 con oltre 1 miliardo di download/utenti: è il social ad aver raggiunto con più velocità questo traguardo.
Dietro c’è Beijing ByteDance Technology Co Ltd, anche conosciuta come Bytedance. Un big cinese che solo nei primi sei mesi del 2019 avrebbe registrato un giro d’affari di oltre sette miliardi di dollari. Secondo alcune voci sarebbe imminente una sua quotazione in borsa. Un vero boom soprattutto fra i giovanissimi per un App che, nata da musical.ly, serviva inizialmente per creare video brevi. Con il tempo è a tutti gli effetti diventato un social network che permette di condividere video brevi della durata fra i 15 e i 60 secondi. Fra gli adolescenti spopola ormai la voglia di diventare un “TikToker” e ballare e cantare in lip-sync con lo smartphone in mano.
I risvolti negativi dell’app più amata dai ragazzi
La FTC, Federal Trade Commission, americana nel 2019 ha raggiunto un accordo con la società cinese per il pagamento di una sanzione di 5,7 milioni di dollari. La società è stata accusata di aver di aver violato la privacy dei minori avendo “raccolto illegalmente informazioni personali dei bambini” senza aver ottenuto il permesso dei genitori prima della loro firma. La legge prevede infatti che sia richiesto il consenso dei genitori per gli utenti che hanno meno di 13 anni.
Dopo l’America è stata la volta del Regno unito. Elizabeth Denham, commissario per l’informazione Uk, dopo la sanzione americana ha voluto cominciare a vederci chiaro su come TikTok gestisce i dati e la privacy dei minori. La motivazione dell’apertura dell’indagine risiede nei sospetti di una violazione del Regolamento UE 2016/679 (GDPR).
Ai sensi dell’art. 8, paragrafo 1, del GDPR, il consenso dell’interessato, è valido se prestato da un minore a condizione che abbia almeno 16 anni. Per età inferiori il consenso deve essere prestato o almeno autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Vi è la possibilità degli Stati membri di derogare a tale limite. E’ il caso dell’Italia che ha stabilito (l’art. 2 – quinquies del D. Lgs. 196/2003) che “il minore che ha compiuto i quattordici anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali”.
Non vi è pero solo una semplice violazione di una norma. A quanto pare i rischi sono concreti. Negli Stati Uniti per esempio, sono in forte aumento i casi di estorsioni ai danni di minori che vengono convinti a condividere immagini e video compromettenti e poi sono ricattati con la minaccia di renderli pubblici.
Per questo l’FBI, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione nelle scuole contro la “sextortion”.
In Italia è recentemente salito alle cronache l’avviso diffuso in una scuola di Modena dalla preside che ha scritto alle famiglie per informarli di un episodio di pedofilia mediante l’app cinese: “Si informano le famiglie degli alunni che su segnalazione di un genitore di una classe quarta siamo venuti a conoscenza che la app TikTok è stata utilizzata per contattare il figlio da un pedofilo. Invitiamo tutti i genitori a prestare massima attenzione sull’utilizzo che i propri figli fanno dei giochi e delle app visti i pericoli che questi comportano”.
L’app è vietata in Indonesia e in India proprio perché non garantisce la sicurezza dei minori.
Del resto i rischi della piattaforma sono di varia natura. Ci sono state segnalazioni secondo le quali lo stato islamico diffonderebbe la propria propaganda sull’app. Un’indagine del Guardian ha segnalato che TikTok censurerebbe i video non graditi alla Cina, compresi quelli sull’indipendenza tibetana. Alcuni esperti invece temono che TikTok condivida i dati degli adolescenti americani con il Partito Comunista Cinese.
Tik Tok intanto, sempre più preoccupata della tutela della sua immagine, ha lanciato una serie di aggiornamenti per proteggere i minori fra i quali la modifica delle configurazioni di messaggistica privata, impostazioni avanzate sulla privacy e altre funzionalità che permetteranno di garantire un maggior controllo da parte dei genitori.
Ragazzi del tutto inconsapevoli del valore della privacy (propria e altrui)
Il problema è ancora una volta nella responsabilizzazione dei genitori che devono essere consapevoli dei rischi che i minori corrono quando vivono troppo a contatto con lo smartphone e con i social. Il rischio non è solo la “pedopornografia”. Crescere immersi nel web sin da piccoli significa rischiare di non essere in grado di distinguere il reale dal virtuale, ciò che è giusto da ciò che non lo è. L’immagine ed il sensazionale prende il posto dei valori lasciando al genitore un compito troppo residuale: da educatore il genitore diventa “correttore”.
TikTok ti prende, video troppo brevi per essere tutti controllati; il pollice scorre troppo velocemente per dare il tempo ai genitori di capire quale messaggio resti al minore. Il problema quindi non è tanto lo strumento, l’app, quanto il rischio che i valori e i contenuti educativi vadano alla deriva. I minori rischiano di crescere privati della cosa più importante: la percezione dell’importanza della tutela della vita, la loro privacy, il diritto ad avere un segreto e decidere in tutta libertà cosa raccontare e cosa nascondere, poter scegliere in tutta libertà quale parte di mostrare e a chi.
Sull’app cinese spopolano video di ignari genitori o anziani ripresi nella più disparate performance; alcuni consapevoli altri ignari, diventano zimbelli del web ed anche celebrità per un pugno di likes. Il nonnino in mutande viene invitato a cantare una canzoncina ed il nipote lo pubblica senza porsi il minimo problema di privacy. Con l’ambizione di diventare influencer si svende la vita privata sul web.
Si passa da Facebook, ad Instagram, Twitter, Ask, WhatsApp, Telegram, TikTok e via dicendo, cliccando ed accettando informative e condizioni d’uso, cedendo anche il diritto all’utilizzo dell’immagine. I giovani provano le nuove app, caricando video, foto e dati personali. Che ne sarà di loro quando fra venti, trent’anni decideranno di investire di più sul personal branding? O peggio, cosa potranno fare quando, ignari, scopriranno che il web è pieno di loro video e immagini nelle più disparate situazioni?