Nazioni unite

Twitter, se Musk viola i diritti umani ci riguarda tutti: ecco perché

La lettera del Commissario Onu su Twitter/Musk è emblematica. Bisogna aprire una discussione su quali sono obiettivi, i vincoli e i limiti della digital age avendo di mira non solo la regolazione della competizione economica e la circolazione dei dati ma anche i rischi che le nuove tecnologie comportano per gli esseri umani

Pubblicato il 07 Nov 2022

Franco Pizzetti

professore emerito diritto costituzionale all'Università di Torino, ex Garante Privacy

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L’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU Volke Turk ha scritto una lettera (pdf) aperta, preoccupata sul piano dei diritti umani, a Elon Musk quale nuovo CEO e principale azionista di Twitter.

Il caso Twitter/Musk

Il caso Twitter/Elon Musk è certamente noto: dopo mesi di trattative in parte pubbliche e in parte, certamente più ampia, riservate, Musk ha rilevato un quantitativo molto elevato di azioni di Twitter, diventando in Aprile il largest stakeholder di Twitter col possesso del 9,1% di azioni. In seguito a una offerta dello stesso Musk del 14 Aprile di comprare l’azienda per 43 bilioni di dollari Twitter rispose dichiarando che intendeva resistere all’assalto ostile ma il 25 aprile il board dei direttori di Twitter accettò all’unanimità l’offerta di acquisto di Musk pari a 44 bilioni di dollari che in sostanza ha fatto della compagnia una proprietà privata dello stesso Musk.

Twitter a rischio flop, ora serve un colpo di genio di Musk

L’accordo fu concluso il 27 ottobre e Musk divenne il nuovo “proprietario” di Twitter e il suo CEO. Subito dopo Musk licenziò alcuni top manager, compreso il precedente CEO Parag Agrawal. Contestualmente Musk annunciò che intendeva operare alcune rilevanti riforme, compresa la creazione di un “content moderation council” che verificasse la libertà di parola. Contemporaneamente licenziò circa la metà dei dipendenti di Twitter.

Le decisioni di Musk hanno sollevato reazioni diverse ma con diffuse preoccupazioni e critiche per il rischio che esse facilitassero l’aumento di “misinformation”, “disinformation”, “harassment” e “hate speech” sulla piattaforma.

Licenziamenti di massa

Le vicende finanziarie di Musk rispetto a Twitter sono comunque continuate e si sono inasprite con l’annuncio da parte di Musk di un rilevante piano di licenziamento di dipendenti che ha coinvolto il 50% del personale, compresi top manager di alto livello e lunga esperienza nella azienda.

Musk ha motivato le sue decisioni con la necessità di ristabilire un accettabile equilibrio finanziario di Twitter e non a caso ha collegato di fatto il progetto dei licenziamenti anche a un piano di modifica dei servizi di Twitter, introducendo la possibilità di ottenere account verificati dalla società previso pagamento di una fiche di pochi dollari: la c.d. spunta blu dell’account

Perché l’Alto commissario Onu si interessa a Musk/Twitter

Queste iniziative di Musk, qui sinteticamente richiamate, e altre ad esse contestuali hanno provocato anche l’intervento dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Truck, che con una lettera aperta pubblicata in rete ha chiesto a Musk di garantire che il rispetto dei diritti umani sia e resti centrale sul social. Di fatto Turk mostra di temere che una così massiccia riduzione di personale possa mettere in pericolo il controllo dell’hate speach e delle fake news sul social.

Resta fermo però che l’interesse maggiore della lettera di Turk riguarda l’affermazione che i social devono, nel quadro della normativa ONU, garantire il rispetto dei diritti umani. Una dichiarazione, questa, che va oltre il Digital package sul quale è tuttora impegnata la UE e assume certamente un respiro assai più ampio, collegando i vincoli dei social al rispetto dei “diritti umani” e non solo del diritto alla privacy e delle regole che disciplinano la concorrenza.

La posizione di Turk è stata inoltre ampliata, sempre rispetto a Twitter e alle iniziative assunte da Musk, dalla Casa Bianca che, attraverso la portavoce Karine Jean_Pierre, ha ribadito la preoccupazione che i social media, a partire da Twitter per arrivare a Facebook, siano attivi nel bandire l’istigazione all’odio, al razzismo e all’antisemitismo e contrastino adeguatamente la disinformazione e le fake news.

Merita citare qualche passo della lettera di Turk il quale scrive a Musk: “la esorto a garantire che i diritti umani siano al centro della gestione di Twitter sotto la sua guida”.

Di fatto Turk pare abbandonare la visione del Washingont Consensus che finora negli USA ha dominato il mondo di Internet facendo prevalere le visioni aziendalistiche ed economiciste sulla tutela dello stesso diritto alla privacy, per recuperare una visione che mette al centro i diritti fondamentali, avvicinandosi così alla visione europea della regolazione della rete.

Musk, ma quale visionario: a Twitter ha mostrato il peggio del capitalismo

Il tema è molto rilevante, anche perché, secondo la agenzia Bloomberg lo stesso Musk, richiamandosi-sembrerebbe-più a una visione aziendalistica che al rispetto della lettera di Turk, ha recentemente fatto sapere che intende riassumere un numero elevato di dipendenti appena licenziati per far fronte alle esigenze di funzionamento del social sotto il profilo dei servii offerti più che non otto il profilo dei diritti da tutelare. Sembra, sempre secondo Bloomberg, che Musk avrebbe dichiarato che alcuni sono stati licenziati per errore e molti prima che la direzione si rendesse conto che l’esperienza dei licenziati potrebbe essere necessaria per realizzare gli stessi piani di sviluppo aziendale che Musk starebbe mettendo a punto.

Il caso Meta

La questione connessa alle politiche aziendali dei social anche rispetto al numero dei dipendenti utilizzati sembra si stia riproponendo in questi giorni anche nel mondo Meta.

Il Wall Street Journal del 6 novembre ha infatti reso noto che Meta starebbe pianificano licenziamenti su larga scala, che sarebbero annunciati mercoledì 9 novembre.

Tali licenziamenti sarebbero da collegare ai rilevanti cali di borsa dei titoli Facebook e alle previsioni di resa degli investimenti necessari per il mondo Meta: previsioni che sarebbero ora assai inferiori a quelle di poco tempo fa, quando Zuckerberg decise di cambiare in Meta il marchio di Facebook.

Un segnale chiaro che le prospettive di Meta si fanno deludenti, anche a seguito del rallentamento della crescita economica globale e delle modifiche apportate da TikTok e Apple alle loro policies in materia di privacy. Incidono negativamente anche le previsioni di Zuckerberg relativamente al fatto che gli investimenti nel Metaverso richiederebbero circa dieci anni per essere remunerativi.

In sostanza, anche Meta, come Twitter, Microsoft e Snap, sta operando tagli al personale, indipendentemente -sembra- dall’effetto che questo possa avere rispetto alla tutela dei diritti umani su Meta.

L’aziendalismo nel digitale ha le ore contate: il tema dell’impatto sull’umano

I casi di Twitter, molto più ampio e strutturato tanto da aver richiamato l’intervento di Turk, e quello, che si sta ora profilando, di Meta ci stanno dicendo con chiarezza che la logica puramente aziendalistica (per non dire capitalista), che ha guidato negli ultimi anni lo sviluppo della società digitale, sta esaurendo la sua spinta. Per contro la lettera di Turk e la evidente tensione con gli USA legata alle politiche UE in atto di regolazione della rete ci dicono anche che la visione aziendalistica resiste nei fatti, tanto appunto da aver provocato persino l’intervento ONU, almeno nel caso di Twitter.

E’ difficile dire ora che effetto tutto questo potrà aver sulla digital age, così come è difficile prevedere l’effetto che nel tempo potranno avere i provvedimenti in corso di approvazione o che stanno per entrare in vigore nel mondo UE. Né va dimenticato, a questo proposito, che in risposta a Musk che, acquisito il controllo di Titter, ha dichiarato “ora l’uccellino potrà tornare a volare libero” il Commissario UE Breton ha subito dichiarato “in UE l’uccellino continuerà a volare secondo le regole UE”.

Quello che certamente il caso Twitter e il caso Meta ci stanno insegnando è che nel mondo digitale profondi cambiamenti sono in atto e ancora più lo saranno nel prossimo futuro.

Emerge con sempre maggiore chiarezza, infatti, che l’età digitale non può più svilupparsi solo secondo una ottica meramente aziendalistico-capitalista né solo seguendo una prospettiva puramente regolatoria.

E’ tempo ormai che le società più avanzate aprano una seria discussione su quali sono gli obiettivi, i vincoli e i limiti della digital age avendo di mira non solo la regolazione della competizione economica e la circolazione dei dati ma anche i rischi che le nuove tecnologie comportano per gli esseri umani.

Questo è quanto si sta facendo, anche se in modo ancora inadeguato, per la Intelligenza Artificiale ma è ora di accelerare questa prospettiva anche con riguardo ai rischi che le nuove tecnologie possono comportare per i diritti e l’incolumità mentale e professionale degli esseri umani.

Non basta evocare, come fa la UE, la tutela dei dati personali e il rispetto del GDPR: occorre un ragionamento ampio e politicamente orientato su opportunità e rischi del digitale, evitando sia l’esasperazione delle visioni economicistiche che le visioni eccessivamente (e inutilmente) regolatorie.

Il caso Musk-Twitter e l’intervento ONU possono costituire una ottima occasione per svegliare le nostre società dal sonno in cui sembrano essere piombate circa l’evoluzione della società digitale e i diritti della “politica” sull’ ”economia”, soprattutto laddove siano in gioco interessi vitali per gli esseri umani.

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