Dopo tre lunghi anni di attesa, il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di Decreto in materia di whistleblowing, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento e del Consiglio europeo del 23 ottobre 2019 avente ad oggetto la protezione delle persone che segnalano attività illecite o fraudolente in violazione del diritto dell’Unione poste in essere all’interno di un’organizzazione pubblica o privata (i cd. “whistleblower”). Se nel settore pubblico la normativa italiana è già in linea con la nuova disciplina europea, lo stesso non può dirsi per il settore privato. Ecco un utile vademecum per capire come essere compliant.
Whistleblowing, cosa dice la nuova normativa
Come ormai noto, obiettivo primario della Direttiva, entrata in vigore il 16 dicembre 2019, è l’armonizzazione tra tutti gli Stati membri dell’Unione Europea delle norme minime poste a garanzia dei cd. “segnalanti” tra cui rientrano l’obbligo di adozione, per i soggetti interessati dalla normativa, di canali di segnalazione sicuri che consentano di effettuare le segnalazioni mantenendo la massima riservatezza circa l’identità del Whistleblower. Dopo aver subìto la procedura di infrazione, l’Italia ha emanato la “Legge di delegazione europea 4 agosto n. 127 del 2022” in attuazione della quale, lo scorso 9 dicembre 2022, il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e delle disposizioni normative nazionali.
La disciplina in materia di whistleblowing è già prevista nel nostro ordinamento dalla Legge n. 179/2017 che ha apportato rilevanti modifiche sia al D. Lgs. n. 165/2001 (recante la disciplina in materia di protezione del segnalante nel settore pubblico), con la riscrittura integrale dell’art. 54-bis, che al D. Lgs. n. 231/2001 attraverso l’introduzione del comma 2 dell’art. 6 del succitato decreto, il quale regola, per la prima volta nel contesto giuridico italiano, una forma di tutela, seppur limitata, anche per il segnalante del settore privato.
Quali sono le novità introdotte dal nuovo decreto
L’ambito applicativo delle forme di garanzia previste per il whistleblower privato è, invero, fortemente limitato, sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo: sono tutelati, ad oggi, esclusivamente i dipendenti e collaboratori degli enti privati (con più di 50 dipendenti) che abbiano adottato il modello organizzativo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 e solamente in relazione agli illeciti rilevanti ai sensi di tale normativa. Per questi motivi si può affermare che i soggetti privati saranno quelli che più subiranno l’impatto dell’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di Whistleblowing. Il decreto infatti:
- amplia il raggio di applicazione delle forme di tutela coinvolgendo sia tutti gli enti privati che, nell’ultimo anno, abbiano impiegato la media di 50 lavoratori subordinati – con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato – sia quelli che, pur non avendo impiegato la media di 50 lavoratori, rientrano nell’ambito di applicazione degli atti del diritto dell’Unione (in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, tutela dell’ambiente e sicurezza dei trasporti). Sono infine soggetti alla nuova disciplina anche quegli operatori che, a prescindere dal numero di dipendenti impiegati, abbiano adottato i modelli di organizzazione e gestione previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
- estende l’ambito oggettivo delle segnalazioni a tutte le condotte illecite, previste sia dalla normativa nazionale che da quella dell’Unione europea, aventi natura amministrativa, contabile, civile o penale lesive dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato;
- offre forme di tutela, ove opportuno, anche ai c.d. facilitatori vale a dire coloro i quali prestano assistenza al segnalante durante il processo di segnalazione e la cui attività deve rimanere riservata, ai soggetti terzi e connessi con il segnalante quali ad esempio colleghi e/o familiari, ed infine ai soggetti giuridici connessi al segnalante.
Normativa whistleblowing, cosa fare per adeguarsi
Innanzitutto, i soggetti privati devono predisporre appositi canali di segnalazione interni – che, a norma dell’art. 4 dello schema di decreto siano in grado di garantire, “anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione” – la cui gestione può alternativamente essere affidata ad una persona o ad un ufficio aziendale interno, autonomo e costituito da personale specificamente formato, ovvero affidata ad un soggetto esterno, dotato anch’esso di personale adeguatamente istruito per la corretta gestione dei canali di segnalazione.
Come presentare le segnalazioni
Le segnalazioni possono essere rese in forma scritta (anche attraverso l’utilizzo di appositi strumenti informatici), in forma orale (attraverso linee telefoniche preposte o sistemi di messaggistica ad hoc) ovvero, su richiesta specifica del segnalante, attraverso incontri diretti e posti in essere entro un termine ragionevole – che non è oltremodo specificato nella normativa. Le segnalazioni possono pervenire, oltre che da tutti i soggetti che abbiano un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, anche da soggetti per i quali il rapporto di lavoro non sia ancora iniziato, siano in un periodo di prova o per i quali il rapporto di lavoro sia cessato.
La gestione dei canali interni, quindi delle segnalazioni, deve avvenire secondo tempi e modi definiti. Invero, in ottemperanza a quanto statuito dall’art. 5 dello schema di decreto, i soggetti interessati dalla disciplina dovranno: pubblicare un’informativa chiara ed esplicativa circa le procedure e i presupposti per effettuare le segnalazioni, sia interne che esterne, che sia facilmente accessibili sul luogo di lavoro e sul proprio sito internet, qualora ne siano dotati; rilasciare ai cd. Whistleblower, entro 7 giorni dalla ricezione della segnalazione, un avviso di ricevimento della segnalazione e, entro tre mesi, un primo riscontro in merito allo stato di avanzamento della procedura.
Lo schema di decreto si pone quale precipuo obiettivo, la tutela del segnalante e di tutti gli altri soggetti eventualmente coinvolti. Per il raggiungimento delle succitate finalità di tutela è necessario che tutte le attività di adeguamento poste in essere dai soggetti interessati dalla disciplina – che impone, tra gli altri, severi obblighi di riservatezza, con contestuale divieto di porre in essere attività ritorsive nei confronti dei segnalanti – nonché le attività di trattamento dei dati personali e di conservazione delle segnalazioni e della relativa documentazione avvengano sempre nel pieno rispetto della disciplina vigente in materia di protezione dei dati personali.
Quando rivolgersi ad Anac
La disciplina prevede che, al ricorrere di una delle condizioni di cui all’art. 6, le segnalazioni possano essere inviate, in via subordinata e/o successiva rispetto a quelle interne, all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) -individuata quale unica autorità competente a ricevere e gestire segnalazioni in materia di Whistleblowing– attraverso appositi canali di segnalazione esterni. In particolare, i whistleblower possono fare ricorso all’Autorità:
- nel caso in cui non sia previsto, nel contesto lavorativo nel quale opera il segnalante, l’obbligo di attivazione del canale di segnalazione interno, ovvero se, qualora obbligatorio, non sia stato attivato o, se presente, non sia conforme;
- qualora sia già stata presentata una segnalazione interna non processata o con provvedimento finale negativo;
- se il segnalante ha fondati motivi di ritenere che se effettuasse la segnalazione correrebbe il rischio di possibili ritorsioni;
- il segnalante ha fondati motivi di ritenere che la violazione possa costituire pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.
Whistleblowing, quali sanzioni rischia chi non si adegua alle regole
In caso di mancato adeguamento o violazione della disciplina, l’art. 21 dello schema di decreto prevede la possibilità, da parte dell’ANAC, di irrogare le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
- da 5.000 a 30.000 euro nel caso in cui siano accertate attività ritorsive a danno del segnalante ovvero quando sia dimostrato che il soggetto segnalato abbia ostacolato, o tentato di ostacolare, l’espletamento della procedura di segnalazione, o in caso di violazione dell’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
- da 10.000 a 50.000 euro qualora l’Autorità accerti la mancata implementazione dei canali di segnalazione, la mancata adozione di procedure adeguate all’effettuazione e la gestione delle segnalazioni, ovvero l’adozione procedure non conformi a quelle di cui agli articoli 4 e 5 dello schema di decreto. Stesso rischio sanzionatorio incombe su quei soggetti che non abbiano effettuato le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
I soggetti del settore privato che abbiano adottato i modelli di organizzazione e gestione previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 attuano già misure disciplinari/sanzionatorie – ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera e) del suddetto decreto – nei confronti di coloro che accertano esser responsabili di illeciti; le stesse si intendono additive e cumulabili con quelle amministrative pecuniarie previste dal nuovo schema di decreto.
Le rinunce e le transazioni, integrali o parziali, che hanno per oggetto i diritti e le tutele previsti dal presente decreto non sono valide, salvo che siano effettuate nelle forme e nei modi di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.
I termini di efficacia della nuova normativa
Lo scorso 14 febbraio, lo schema di decreto ha ottenuto parere favorevole delle commissioni competenti nel merito di camera e senato, sarà quindi pienamente applicabile entro 4 mesi fatta eccezione per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato) tra i 50 e i 249, per i quali le disposizioni del decreto avranno effetto invece a partire dal 17 dicembre 2023. Fino a tale data rimarrà pienamente operativa la normativa attualmente vigente.