Product Liability

Responsabilità per danni da IA: ecco il nuovo percorso normativo Ue



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La regolamentazione europea dell’IA affronta una fase critica: la Product Liability Directive amplia il concetto di prodotto ai software, mentre il ritiro della proposta di direttiva sulla responsabilità dell’IA riflette le pressioni internazionali per un approccio meno restrittivo

Pubblicato il 5 mar 2025

Marco Martorana

avvocato, studio legale Martorana, Presidente Assodata, DPO Certificato UNI 11697:2017

Gaja Nutini

Coordinatrice Generale presso ISDIFOG



algoritmi (1)

L’Unione Europea si trova in un momento di profonda trasformazione dove la distinzione tra prodotti fisici e digitali diventa sempre più sfumata e dove i sistemi di intelligenza artificiale assumono un ruolo centrale nella catena del mercato.

Il contesto evolutivo della regolamentazione europea

La recente decisione della Commissione europea di ritirare la proposta di direttiva sulla responsabilità dell’IA (AILD) rappresenta un punto di svolta significativo nel percorso regolatorio, evidenziando le complesse sfide nel bilanciare innovazione tecnologica e tutela dei diritti dei cittadini.

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Come riportato nel programma di lavoro 2025 della Commissione, adottato l’11 febbraio e presentato al Parlamento europeo il 12 febbraio, la Commissione ha giustificato il ritiro sostenendo che “non essendovi un accordo prevedibile, la Commissione valuterà se presentare un’altra proposta o se scegliere un altro tipo di approccio“. Questa decisione si inserisce in un più ampio contesto di semplificazione normativa, con il ritiro di ben 37 proposte legislative, rispondendo alle crescenti pressioni per una deregolamentazione di alcuni segmenti dell’economia.

La Product Liability Directive: un framework in evoluzione

La rapida evoluzione tecnologica e l’integrazione sempre più pervasiva dei sistemi di intelligenza artificiale nella vita quotidiana hanno reso necessario un aggiornamento sostanziale del quadro normativo europeo sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi. In questo quadro si è inserita la Direttiva PLD (Product Liability Directive) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 ottobre 2024. Il percorso che ha portato a questa direttiva è particolarmente significativo. La precedente normativa, la Direttiva 85/375/CEE risalente al 1985, lasciava spazi di incertezza riguardo l’applicabilità ai prodotti intangibili, inclusi i software. Nonostante la dottrina si fosse orientata verso un’interpretazione estensiva, la giurisprudenza non aveva mai preso una posizione definitiva, creando un vuoto normativo sempre più problematico nell’era digitale.

Il ministro della Giustizia ungherese, Bence Tuzson, ha sottolineato l’importanza di questo aggiornamento affermando che “le norme in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi adottate oggi dal Consiglio rappresentano una buona notizia per consumatori e produttori. Sarà più facile per le persone danneggiate rivolgersi a un tribunale per chiedere il risarcimento dei danni.”

Evoluzione del concetto di “prodotto” nel contesto digitale

In prima analisi, la nuova normativa ridefinisce il regime della responsabilità per danno da prodotti difettosi operando una profonda revisione del concetto stesso di “prodotto“, e lo fa all’Articolo 4. L’obiettivo principale è quello di adattare le regole esistenti alle nuove realtà tecnologiche e di mercato, garantendo una maggiore tutela per i consumatori e promuovendo al contempo l’innovazione responsabile. Nel nuovo framework, per la prima volta viene espressamente inclusa nel perimetro normativo una vasta gamma di beni intangibili: l’elettricità, i file per la fabbricazione digitale, le materie prime e, significativamente, il software, sia esso incorporato in un dispositivo fisico o distribuito indipendentemente. Questa inclusione risulta particolarmente significativa per rispondere alla crescente digitalizzazione del mercato e all’emergere di nuove tecnologie, compresa l’IA.

Il legislatore europeo ha inoltre esteso la definizione per includere i servizi digitali integrati che sono essenziali per il funzionamento del prodotto. Gli aggiornamenti e gli upgrade vengono anch’essi inclusi nel perimetro normativo, quando questi modificano sostanzialmente la funzionalità del prodotto o ne introducono di nuove. È interessante notare come il legislatore abbia previsto un’unica, significativa esclusione: i software liberi e open source non commerciali, una decisione che mira a proteggere e incentivare l’innovazione nel settore non profit.

Un aspetto particolarmente innovativo della PLD riguarda la responsabilità delle piattaforme online. Nel caso in cui un prodotto difettoso sia venduto su una piattaforma online, quest’ultima può essere ritenuta responsabile al pari di qualsiasi altro operatore economico se si comporta come tale. Questa disposizione riflette la crescente importanza dei marketplace digitali e la necessità di garantire una tutela efficace dei consumatori anche nell’ambito del commercio elettronico.

La valutazione della difettosità e le innovazioni nell’onere della prova

L’aggiornamento introduce importanti innovazioni nell’ambito della prova della difettosità del prodotto, riconoscendo le sfide che i consumatori affrontano, specialmente con prodotti tecnologicamente complessi come i sistemi di IA. Possiamo analizzare queste novità seguendo una struttura logica.

Partiamo dal concetto base di prodotto difettoso, definito nell’Articolo 7 secondo il criterio della legittima aspettativa di sicurezza del consumatore. Questa definizione diventa particolarmente rilevante per i sistemi di IA, dove il “problema del black box” (l’opacità del processo decisionale dell’intelligenza artificiale) rende più complessa la valutazione della difettosità. Per affrontare queste difficoltà, l’Articolo 10 introduce due fondamentali presunzioni di difettosità. La prima scatta quando il prodotto non rispetta i requisiti obbligatori di sicurezza previsti dal diritto dell’Unione o nazionale. La seconda opera quando il danno deriva da un malfunzionamento evidente del prodotto. Queste presunzioni alleggeriscono significativamente l’onere probatorio per il consumatore.

L’Articolo 9 mantiene la natura oggettiva della responsabilità ma introduce un importante meccanismo di divulgazione delle prove. Quando il danneggiato presenta elementi sufficienti a dimostrare la plausibilità della sua pretesa, il produttore deve fornire le prove pertinenti in suo possesso. In caso contrario, scatta una presunzione di difettosità. Questo sistema facilita l’accesso alle informazioni tecniche necessarie per provare la responsabilità, pur tutelando i legittimi segreti commerciali.

La responsabilità si estende anche ai produttori di componenti difettosi quando questi sono integrati sotto il controllo del fabbricante principale. Questa previsione è particolarmente significativa per i sistemi di IA, dove il software può causare danni attraverso il prodotto fisico che lo incorpora. L’Articolo 11 preserva alcune cause di esenzione dalla responsabilità, ma con modifiche importanti per i sistemi di IA. In particolare, per i software embedded (o “incorporato” in italiano, un programma informatico che viene integrato direttamente in un dispositivo fisico o in un apparecchio hardware, diventandone parte integrante e essenziale per il suo funzionamento) sotto il controllo del fabbricante. Ci riferiamo a situazioni in cui il produttore mantiene la capacità di aggiornare, modificare o monitorare il software anche dopo la vendita del prodotto. Questo è sempre più comune nell’era dell’Internet delle Cose (IoT), dove molti dispositivi rimangono costantemente connessi e possono ricevere aggiornamenti regolari.

La Direttiva stabilisce che per questi software, non è possibile invocare l’inesistenza del difetto al momento dell’immissione sul mercato. Questo perché, mantenendo il controllo sul software attraverso aggiornamenti e modifiche, il produttore ha una responsabilità continuativa sulla sicurezza e il corretto funzionamento del prodotto. Questa previsione rappresenta un cambiamento significativo rispetto al passato, quando i produttori potevano più facilmente sostenere che un prodotto era sicuro al momento della vendita e che eventuali problemi fossero emersi successivamente.

Rimane invece applicabile l’esenzione basata sullo stato delle conoscenze scientifiche, specialmente rilevante per gli output imprevedibili dei sistemi di IA non riconducibili a errori di sviluppo.

Un aspetto innovativo riguarda anche l’ampliamento delle tipologie di danni risarcibili, che riflette la natura peculiare dei sistemi digitali e di IA. Oltre ai tradizionali danni materiali, la normativa riconosce esplicitamente i danni immateriali, includendo sia quelli psicologici che reputazionali. Questo riconoscimento è particolarmente significativo nell’era digitale, dove un algoritmo che prende decisioni errate può avere impatti profondi sulla vita personale e professionale di un individuo. Viene introdotta anche una categoria innovativa riguardante la perdita di dati, ora riconosciuta come una forma autonoma di danno. Questa previsione riflette il valore crescente delle informazioni digitali nella nostra società, equiparando la perdita di dati a una forma di danno patrimoniale. Tale ampliamento del concetto di danno risarcibile si allinea perfettamente con il sistema di presunzioni e l’alleggerimento dell’onere probatorio, creando un framework di tutela completo e moderno per i consumatori.

I termini temporali della responsabilità

La questione della durata della responsabilità nella nuova Direttiva rappresenta un’innovazione significativa nel panorama normativo europeo, introducendo un sistema sofisticato che opera su due livelli temporali distinti.

Il primo livello stabilisce un periodo standard di dieci anni dall’immissione del prodotto sul mercato. Durante questo periodo, il fabbricante mantiene la piena responsabilità per qualsiasi difetto del prodotto. Questa durata decennale rappresenta un attento bilanciamento tra due esigenze contrapposte: da un lato, la necessità di garantire una tutela adeguata ai consumatori, offrendo loro un periodo ragionevole per scoprire eventuali difetti e agire di conseguenza; dall’altro, l’importanza di non gravare eccessivamente sui produttori con una responsabilità che si protragga indefinitamente nel tempo. Il secondo livello, che rappresenta l’aspetto più innovativo della normativa, estende il periodo di responsabilità fino a venticinque anni in specifiche circostanze.

L’introduzione di questo doppio regime temporale riflette una comprensione approfondita delle peculiarità dei prodotti tecnologici moderni. A differenza dei prodotti tradizionali, dove i difetti tendono a manifestarsi in tempi relativamente brevi, i sistemi di intelligenza artificiale e le tecnologie avanzate potrebbero produrre effetti dannosi che richiedono anni per diventare evidenti. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda gli impatti sulla salute mentale o fisica degli utenti, che potrebbero emergere solo dopo un uso prolungato o come risultato di un’esposizione cumulativa nel tempo.

Il sistema così strutturato offre quindi una protezione più completa e sofisticata ai consumatori, riconoscendo la natura particolare dei danni tecnologici e la loro potenziale manifestazione tardiva. Allo stesso tempo, mantiene un equilibrio ragionevole con gli interessi dei produttori, che possono contare su un termine definito per la loro responsabilità, pur dovendo considerare un orizzonte temporale più esteso per i casi più gravi di danni alla salute.

L’AILD: le ragioni del ritiro e le reazioni istituzionali

La proposta di AI Liability Directive, presentata nel settembre 2022, rappresentava un tentativo ambizioso di modernizzare il quadro giuridico europeo in materia di responsabilità civile. Come evidenziato dall’europarlamentare Axel Voss, “la direttiva era un meccanismo di responsabilità ex post che entrava in vigore solo quando si verificavano i danni, mentre la legge sull’AI ha lo scopo di prevenirli.”

La Direttiva mirava alla garanzia di un identico livello di protezione delle persone danneggiate da AI rispetto a quelle che hanno subito danni da altre tecnologie, facilitando l’onere della prova per i richiedenti attraverso meccanismi come la divulgazione delle prove per i sistemi di AI ad alto rischio e presunzioni confutabili. Il testo originale prevedeva l’introduzione di meccanismi innovativi per facilitare le richieste di risarcimento da parte delle vittime di danni causati da sistemi di IA, tra cui l’inversione dell’onere della prova e requisiti specifici di alfabetizzazione digitale per le imprese che utilizzano tecnologie di IA.

In questo contesto, la scelta della Commissione è da considerarsi un trionfo per il progresso tecnologico o un arretramento nella gestione responsabile delle nuove tecnologie?

Il ritiro dell’AILD ha suscitato, infatti, reazioni anche molto contrastanti all’interno delle istituzioni europee. Brando Benifei, relatore dell’AI Act del Parlamento europeo, ha definito la decisione “una scelta deludente“, sottolineando che “un quadro di responsabilità specifico per l’IA era essenziale per garantire che le vittime di danni legati all’IA potessero chiedere un risarcimento e per allineare la responsabilità civile con gli attuali sviluppi tecnologici.

Le pressioni che hanno portato al ritiro della direttiva sono emerse con particolare evidenza durante l’AI Action Summit di Parigi. L’intervento del vicepresidente americano J.D. Vance ha rappresentato un momento chiave, con la sua critica diretta all’approccio regolatorio europeo, definito come un potenziale “killer” dell’innovazione nel settore dell’IA. Le sue parole hanno dato voce a preoccupazioni già presenti nel settore tecnologico, particolarmente tra le grandi aziende americane, che vedevano nella direttiva un ostacolo significativo alla loro operatività nel mercato europeo.

La decisione della Commissione riflette anche tensioni interne all’Unione Europea. La Francia, ad esempio, si è mostrata particolarmente sensibile alle potenziali ricadute della direttiva sul proprio ecosistema tecnologico, con particolare riferimento a Mistral, la promettente startup di IA sostenuta dallo stato francese. Questa resistenza interna, combinata con le pressioni internazionali, ha creato un clima politico sfavorevole all’approvazione della direttiva.

Conclusioni e implicazioni pratiche

Le conseguenze di questo ritiro sono molteplici e complesse. In assenza di una normativa uniforme, la gestione della responsabilità per danni causati dall’IA ricadrà sui sistemi giuridici nazionali dei 27 Stati membri. Questa frammentazione potrebbe creare significative disparità nella tutela dei cittadini europei e complicare ulteriormente il quadro operativo per le imprese che operano in più paesi dell’Unione. Resta comunque in vigore la PLD, che mantiene un certo livello di tutela, come descritto. Tuttavia, la sua applicazione ai sistemi di IA più complessi potrebbe risultare problematica, data la natura specifica di queste tecnologie.

È un cambiamento di rotta che solleva interrogativi fondamentali sul futuro approccio dell’Unione Europea alla regolamentazione tecnologica: infatti, da un lato, potrebbe segnalare una maggiore apertura alle esigenze del mercato e dell’innovazione, cercando di evitare un quadro normativo eccessivamente rigido che potrebbe scoraggiare gli investimenti nel settore dell’IA. Dall’altro, rischia di indebolire la posizione dell’Europa come pioniera nella definizione di standard globali per un’IA responsabile e centrata sull’essere umano.

Anche se a prima vista la deregolamentazione può sembrare un vantaggio per stimolare l’innovazione, spesso finisce per generare maggiore incertezza e ambiguità, specialmente per quanto riguarda la sua applicazione pratica.

La sfida per l’Unione Europea sarà ora quella di trovare un nuovo equilibrio tra la necessità di promuovere l’innovazione tecnologica e l’esigenza di garantire adeguate tutele per i cittadini. Questo bilanciamento dovrà essere perseguito in un contesto globale sempre più competitivo, dove la leadership tecnologica si intreccia strettamente con questioni di sovranità e sicurezza nazionale.

Nonostante il ritiro dell’AILD, il dibattito sulla responsabilità dei sistemi di IA rimane centrale nell’agenda europea. Come ha sottolineato la presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen, l’obiettivo rimane quello di “rendere più facile” la crescita del mercato dell’AI, garantendo al contempo adeguati standard di sicurezza.

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