privacy dei minori

Troppo sharenting in tempo di Covid: perché sono i genitori che vanno educati

La voglia di condividere ogni istante della giornata dei propri figli durante i lockdown ha portato molti genitori e adulti a tenere dei comportamenti potenzialmente rischiosi. I genitori che esagerano con la condivisione non vanno colpevolizzati ma educati e sensibilizzati. Ecco i rischi

Pubblicato il 10 Dic 2021

Gianluigi Bonanomi

Formatore sulla comunicazione digitale

Lo sharenting prolifica anche a scuola: cattiva abitudine che può penalizzare i nativi digitali

Durante i diversi periodi di isolamento che sono stati affrontati finora un po’ in tutto il mondo a causa del covid, non tutti gli adulti si sono distinti per comportamenti esemplari.

Alcuni genitori, per esempio, hanno approfittato dei vari lockdown per condividere senza alcun limite ogni dettaglio della propria quotidianità in ambito famigliare.

Comportamenti spesso incoraggiati dagli stessi media che successivamente si sono schierati in modo compatto per condannarli, mentre scuole, aziende, comunità locali hanno cercato di coinvolgere in modo attivo la popolazione con una serie di iniziative ad hoc.

Privacy, i rischi dello “sharenting”: perché non devi postare foto dei figli sui social

È stato chiesto alle famiglie, in diverse situazioni, di condividere foto e video dei propri figli mentre erano impegnati a svolgere attività particolari. Molti genitori non si sono fatti pregare e hanno iniziato a taggare sé stessi e i propri figli in foto e video senza alcun limite e, soprattutto, senza preoccuparsi della privacy.

L’impatto dello sharenting sulla privacy

Sharenting: perché le foto delle mie due figlie non sono online | Gianluigi Bonanomi | TEDxLegnano

Sharenting: perché le foto delle mie due figlie non sono online | Gianluigi Bonanomi | TEDxLegnano

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Prima dell’esplosione della pandemia del covid c’era grande preoccupazione tra sociologi, psicologici ed educatori, tutti impegnati a dare una spiegazione al fenomeno dello sharenting, a quella voglia di protagonismo che sembrava aver colpito una buona parte della popolazione in età adulta dei paesi più civilizzati del pianeta. Il fenomeno dello sharenting continua a destare preoccupazione dal punto di vista clinico, psicologico e sociale, soprattutto nel post pandemia.

Una sovraesposizione mediatica che ha colpito soprattutto adolescenti e bambini (che non conoscono il significato di identità digitale), travolti dalla “genitorialità 2.0” e da un desiderio di condividere senza freni e senza alcun filtro la vita dei propri figli senza rendersi conto delle possibili conseguenze (anche giuridiche) che potrebbero ricadere su di loro. Una voglia di spettacolarizzare ogni aspetto della vita dei propri bambini, un continuo bisogno di “piacere” per ottenere qualche visualizzazione in più, un “mi piace” da collezionare o nuovi follower. Lo sharenting, infatti, viene percepito come un comportamento innocuo: un errore che rischia di mettere a repentaglio la sicurezza della propria famiglia. La voglia di riprendere un bambino in un momento intimo e profondo e di condividerne un’emozione spesso ha portato i genitori durante il lockdown a pubblicare di tutto di più. È importante ricordare che i bambini non sono né consapevoli né consenzienti di essere ripresi e condivisi. Usare senza consapevolezza le piattaforme social è un errore imperdonabile che un genitore non dovrebbe mai fare: in rete cybercriminali e cyberpredatori sono sempre pronti a sfruttare le occasioni propizie fornite da adulti sprovveduti e menefreghisti.

I rischi dello sharenting

I rischi connessi allo sharenting sono numerosi: cyberbullismo, “furto d’identità”, sfruttamento dei minori (genitori che utilizzano i propri pargoli per trasmettere su YouTube e Twitch a scopo di lucro), “rapimenti digitali” (in cui vengono manipolate le foto di bambini per far credere che siano propri), adescamenti online per abusi sessuali tramite chat/siti Internet (conosciuti anche come “grooming”) e l’ormai tristemente famoso “revenge porn”. Pubblicare contenuti a getto continuo è un comportamento assolutamente sbagliato: è importante prestare attenzione anche a quello che si pubblica nelle chat private che non sono così sicure come si potrebbe pensare. Purtroppo, le modalità di adescamento dei minori continuano a evolversi ed è necessario prestare maggiormente attenzione a quei luoghi che vengono considerati sicuri.

In rete non si possono cancellare i danni dello sharenting

Tutto quello che viene pubblicato online è difficile da cancellare: lo sharenting, infatti, crea un vero e proprio archivio digitale a disposizione di tutti. Negli adolescenti sta crescendo la preoccupazione sugli effetti collaterali generati da un comportamento di questo tipo, soprattutto per quanto riguarda la questione della “web reputation”. In molti casi, la pubblicazione di materiale giudicato “innocuo” da parte di genitori o di chi ne fa le veci può dare il via ad altri fenomeni deprecabili come il cyberbullismo. Avere in Rete foto e video di un certo tipo o in determinate situazioni potrebbe rivelarsi controproducente per un adolescente in attesa di un colloquio di lavoro per una posizione lavorativa. Purtroppo, gli head hunter e recruiter guardano anche quello…

L’Unione europea cerca di limitare lo sharenting

In tema di protezione della privacy, l’Unione europea e il Consiglio d’Europa hanno pubblicato recentemente una dichiarazione congiunta in cui veniva evidenziata la necessità di una migliore protezione dei dati personali durante la pandemia. Durante i lockdown, infatti, i genitori hanno avuto più occasioni per taggare foto e video con protagonisti i propri figli: le condivisioni, infatti, sono aumentate in modo esponenziale. Purtroppo, le principali piattaforme social fanno ancora troppo poco per sensibilizzare i genitori sui rischi che una condivisione senza limiti può causare. La pandemia, purtroppo, avrà pesanti ripercussioni anche in questo ambito. Negli ultimi anni i media avevano iniziato a discutere apertamente sui rischi e sulle minacce connesse allo sharenting e sull’utilizzo scorretto delle piattaforme social, nell’ultimo periodo sembrano aver cambiato idea e hanno iniziato a cavalcare il fenomeno, incoraggiando i genitori stessi a condividere le immagini e altro materiale. Anche un medium tradizionalista come la TV ha cominciato a sfruttare la voglia di condivisione dei genitori affetti da sharenting, senza dimenticare le scuole, associazioni sportive e altre aziende che hanno incoraggiato tutti a pubblicare video per sfide e altro, infischiandosene delle privacy e dei diritti dei più piccoli.

La “generazione tag”, quella dei ragazzi e ragazze che usano smartphone e computer come parte della loro identità e le piattaforme social come un’estensione della propria personalità, è quella che rischia di pagare il prezzo più alto della pandemia. Con una società sempre più dipendente dalla comunicazione digitale è necessario porre una attenzione sulle responsabilità che hanno le piattaforme online e social: servono linee guida precise per evitare che i giovani possano diventare vittime di un’informazione strumentalizzata o di messaggi mediatici devianti. Genitori, scuole, aziende e media devono conoscere perfettamente quello che è possibile condividere o non.

Sharenting: è necessaria una maggiore educazione (per i genitori)

Per molti psicologici e psicoterapeuti l’emergenza sanitaria si sta trasformando in un’emergenza psicologica. Non c’è dubbio che le piattaforme social abbiamo aiutato non poco adulti, adolescenti e bambini a superare i momenti difficili causati dalla pandemia. I vari Facebook, TikTok, Instagram, WhatsApp, Twitter e compagnia bella sono un’aggiunta meravigliosa alla quotidianità e durante i lockdown si è potuto apprezzarne più gli aspetti positivi rispetto a quelli negativi. La voglia di condividere ogni istante della giornata dei propri figli durante i lockdown ha portato molti genitori e adulti a esagerare e a tenere dei comportamenti potenzialmente rischiosi. Questa pericolosa forma di narcisismo genitoriale (esiste anche la variante “grand-sharenting” che colpisce i nonni) va assolutamente tenuta sotto controllo, anche perché non sono ancora chiari quali saranno i risvolti sociali e psicologici causati da una condivisione eccessiva.

Nel frattempo, sensazioni come disagio, ansia e imbarazzo sono sempre più diffuse nei figli in età preadolescenziale. I genitori che soffrono di sharenting non vanno colpevolizzati ma educati e sensibilizzati sulle possibili conseguenze che un comportamento del genere può creare. Tralasciando la spinosa questione della privacy, i genitori devono tutelare l’identità dei propri figli che hanno bisogno di autenticità e di meno filtri. Quando si decide di pubblicare qualcosa che riguarda la propria famiglia, è buona regola pensarci bene, perché basta davvero poco per far diventare i propri figli delle vittime inconsapevoli dello sharenting.

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