L’amministrazione americana ha messo in guardia le grandi aziende attive nel settore dei cavi sottomarini, in particolare Google e Meta, sul rischio che società cinesi possano minacciare la sicurezza delle infrastrutture sottomarine in fibra ottica nel Pacifico.
S.B. Submarine Systems: chi è e cosa fa
Lo ha rivelato un articolo del Wall Street Journal, secondo il quale i funzionari di Washington avrebbero messo nel mirino in particolare la S.B. Submarine Systems, società cinese a controllo statale con sede a Shangai, che solo nel 2023 ha installato circa 8mila km di cavi. Le sue navi avrebbero in alcuni casi navigato nei pressi di cavi sottomarini senza attivare i sistemi di rilevamento satellitare che permettono di tracciare costantemente la posizione delle imbarcazioni. Sollevando così il sospetto che abbia effettuato operazioni poco trasparenti sui cavi.
La società conta su tre navi: la Fu Tai, la CS Fu Hai e la Bold Maverick. Una flotta che all’apparenza sembra limitata, ma in realtà non lo è.
L’età delle navi posa-cavi: un problema crescente
Oggi al mondo esistono solo una settantina di navi specializzate in posa dei cavi, che cominciano tra l’altro ad accusare gli anni che passano. Solo otto hanno meno di venti anni, mentre la maggior parte ha tra i venti e i trenta anni. Venti imbarcazioni superano i trenta anni e una addirittura ha già spento le cinquanta candeline.
Tra il 2004 e il 2010 non è stata costruita nessuna nuova nave e solamente cinque tra il 2011 e il 2022. Il 2023 ha visto un ritorno di interesse verso questa tipologia di investimenti, a fronte di un’età media delle navi che attualmente sfiora i 28 anni. Non tutte queste imbarcazioni sono attrezzate per riparare i cavi e anche quelle che lo sono, spesso vengono utilizzate per la più lucrosa attività di posa delle arterie in fibra ottica. L’attività di riparazione è infatti molto complessa e prevede varie fasi che possono far allungare di molto i tempi. La prima è quella dell’individuazione esatta delle lesioni. In alcuni casi, questa attività può richiedere addirittura mesi.
Eclatante il caso del guasto al cavo sottomarino Basslink alla fine del 2015. La rilevazione del guasto è risultata molto complessa e l’intero processo di riparazione è andato avanti per quasi due anni. Dopo l’individuazione del guasto, la sezione del cavo interessata viene tagliata e rimossa. Le estremità dei cavi vengono quindi sigillate per impedire l’ingresso di acqua e agganciate alle boe. Dai magazzini degli operatori vengono inviati i giunti di ricambio per procedere con la riparazione e la posa finale del cavo sul fondo del mare.
La complessità delle riparazioni dei cavi sottomarini
Ad oggi si stima che su una settantina di navi posa cavi, solo una ventina in tutto il mondo sarebbero destinate alla riparazione. Un numero esiguo, a fronte dei circa 1,5 milioni di chilometri di cavi per le telecomunicazioni che passano nelle profondità marine e che sono sempre più spesso soggetti a lesioni, circa una ogni due giorni. L’anno scorso, quando quattro dei cinque cavi sottomarini che collegano il Vietnam alla Rete si sono interrotti a causa di attività di pesca, dragaggio di ancore o guasti, tutte le navi specializzate erano già impegnate e i cavi sono stati riparati solo dopo sei mesi.
Le limitazioni nella flotta statunitense di navi ripara-cavi
Le preoccupazioni americane rivelate dal Wall Street Journal si basano su un punto debole di cui a Washington sono ben consapevoli. Gli Stati Uniti possono contare sulla più potente flotta militare al mondo, con circa 300 navi, delle quali 11 portaerei. Eppure, per il monitoraggio e la riparazione dei cavi sottomarini hanno a disposizione solo la USNS Zeus, un’imbarcazione di oltre 40 anni che ha già subito vari interventi di ammodernamento e a breve sarà sospesa dalle operazioni. Il documento di budget del 2018 del Dipartimento della Difesa aveva autorizzato la costruzione di una seconda nave della quale però si attende ancora l’entrata in servizio.
Iniziativa britannica: costruzione di navi MROS
L’attenzione verso queste nuove imbarcazioni è ormai ben diffusa. Nel 2021 la marina militare britannica ha annunciato la costruzione di una nave per la sorveglianza e la manutenzione dei cavi. Una tipologia che in gergo viene definita MROS (Multi-Role Ocean Surveillance). A fine 2022, in concomitanza con l’incidente al gasdotto North Stream al largo del Mar Baltico e con i sospetti su un possibile attacco russo alle infrastrutture sottomarine, il Ministero della Difesa britannico ha comunicato l’avvio della realizzazione di un’altra nave con caratteristiche simili. La prima delle due imbarcazioni è operativa da gennaio 2023, molti mesi prima rispetto a quanto stimato. Un’accelerazione che dà il senso dell’urgenza con la quale Londra sta affrontando la questione.
Riparazioni dei cavi e problemi di sicurezza
Al di là di poche navi controllate dalle marine militari, la riparazione delle infrastrutture globali della Rete sono completamente in mano ai privati, ponendo delicati problemi di sicurezza. Lungo le varie fasi del processo che porta un cavo a diventare operativo, la realizzazione, la posa e la riparazione sono quelle più delicate. È il motivo per il quale le aziende che si occupano di queste operazioni sono altrettanto importanti rispetto a quelle che finanziano e controllano i cavi.
Durante la riparazione sarebbe possibile inserire all’interno di un cavo potenziali elementi di vulnerabilità, quali ad esempio delle backdoor per monitorare i dati. Ecco perché una società cinese sconosciuta come la S.B. Submarine Systems è finita nel mirino di Washington. E non è l’unica.
Altro operatore del settore che viene tenuto d’occhio è la HMN Technologies (spesso abbreviata in HMN Tech), nata come divisione cavi di Huawei e passata poi sotto il controllo del gruppo Hengtong, un gigante nella costruzione di cavi e già inserito in passato nella “China’s Next 100 Global Giants”, una speciale classifica delle aziende cinesi con il maggior potenziale di crescita a livello globale. Sulla carta HMN Tech non controlla direttamente nessun cavo nel mondo, ma secondo un rapporto della Federal Communication Commission americana ha costruito o riparato un quarto dei cavi funzionanti a livello globale. Fino a qualche tempo fa le navi erano limitate nei loro spostamenti e tendevano a operare relativamente vicino ai porti nei quali stanziavano. La maggior parte delle nuove imbarcazioni non presenta più questi limiti e si muove liberamente nei mari del mondo in base ai progetti di posa o esigenze di riparazione dei cavi. Un allargamento del perimetro di attività che aumenta le preoccupazioni americane su potenziali rischi di spionaggio.
La delicata questione della riparazione dei cavi alla luce degli ultimi guasti
Il delicato tema della riparazione dei cavi era già emerso recentemente. A fine febbraio, con le lesioni a tre cavi sottomarini nel Mar Rosso, che secondo alcune stime hanno bloccato o rallentato il 25% del traffico di Internet. E a metà marzo, dopo i danni a quattro cavi lungo la costa occidentale dell’Africa che hanno tolto Internet a circa 400 milioni di persone. Due episodi ravvicinati che hanno acceso i riflettori sull’importanza strategica di queste infrastrutture e sulla loro fragilità. Per il Mar Rosso erano stati stimati almeno due mesi di tempo e in Africa molto di più per tornare alla normalità. Lunghe tempistiche dovute proprio alla scarsità di società specializzate nella riparazione e alla delicatezza di una scelta che deve ricadere necessariamente su operatori fidati in un contesto geopolitico di crescente tensione.